Qualche anno fa, poche ore dopo il terremoto, ero ad Amatrice in mezzo a un formicolare di sopravvissuti e soccorritori, ambulanze e barelle, rovine e polvere, morti e morti, e davanti a me era una ragazza in lacrime che mi descriveva i nipotini, casomai li avessi visti (pochi giorni più avanti la stessa ragazza fra le stesse lacrime mi avrebbe comunicato che i bambini non ce l’avevano fatta, ma la madre li aveva voluti accanto a sé mentre la portavano in ospedale).In quel frangente mi chiamarono da una trasmissione radiofonica e uno che la sapeva lunga mi domandò delle responsabilità dell’amministrazione comunale, in fatto di edilizia antisismica, e io persi la testa, non so che urlai dentro il telefono perché la casa del vicesindaco era a pochi passi da me, collassata, se ne vedeva solo il tetto, e lì sotto potete immaginare.Mi è tornato alla memoria ieri, leggendo una riflessione di Jacques Julliard sul Foglio, a proposito dei francesi che non chiedono di essere guidati da Macron, ma protetti. E in caso contrario pretendono in tribunale il risarcimento dei danni. Si consolerà Julliard: vale in Francia e pure in Italia e ormai, temo, in tutta Europa.Il rifiuto psicotico e a ogni livello del rischio minimo comportato dai vaccini di AstraZeneca e Johnson & Johnson stabilisce il punto d’arrivo di un’umanità che non ha cancellato, come si è soliti dire, l’idea della morte, ha direttamente cancellato l’idea della vita, con la modernità algoritmica l’ha trasformata nella pretesa di una crociera soddisfatti o rimborsati, e invece è sempre la solita cosa: un pezzo di legno fra le onde in mezzo al mare.