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   "L'evangelico"
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   Autore  Topic: "L'evangelico"  (letto 3482 volte)
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"L'evangelico"
« Data del Post: 13.09.2007 alle ore 12:33:45 »

La definizione di “evangelico”

di Joseph P. Braswell

 
Da una prospettiva strettamente etimologica, “evangelico” denota qualcuno o qualcosa per cui l’evangelo serve in qualche modo come caratteristica significante e distintiva alla quale possa riferirsi come segno identificatore, rendendo “evangelico” un’etichetta adeguatamente descrittiva per propositi di identificazione. Qualcosa o qualcuno può essere etichettato come “evangelico” in quanto l’Evangelo è la caratteristica prominente e notabile dell’identità di una persona o cosa (incluse le idee) tanto da porsi come mezzo sufficiente di caratterizzazione che ci permetta di classificarlo e di differenziarlo per confronto e contrasto rispetto ad altri od altro. Di conseguenza, essere evangelico significa identificarsi con l’Evangelo, o vangelo, tanto che questa identificazione sia per noi il contrassegno d’onore più ambito e valutato: gloriarsi nella Croce e portare la testimonianza del nostro Signore Gesù Cristo. Io sarei estremamente fiero di essere considerato un evangelico in questo senso, perché questo indicherebbe che io ho lasciato che la mia luce risplendesse davanti agli uomini.
 
Se continuiamo a limitarci all’etimologia, al fine che una persona, un gruppo, un movimento o una teologia possa qualificarsi come “evangelico”, in qualche modo l’Evangelo di Gesù Cristo deve essere basilare, centrale e costitutivo della sua identità, particolarmente caratteristico dell’enfasi che pone in ogni cosa. L’Evangelo deve essere per esso di importanza primaria, di interesse principale, e quest’enfasi deve essere espressa in modo chiaro e indubitabile. Essere veramente “evangelici” significa definire la propria identità in funzione dell’Evangelo, identificarsi nell’Evangelo, orientarsi all’Evangelo, essere guidati dall’Evangelo. Certamente quest’enfasi sull’Evangelo potrebbe probabilmente cadere in una forma di riduzionismo (“nient’altro che l’Evangelo”), oppure questo Evangelo potrebbe essere definito in maniera troppo stretta, ma una tale identificazione dell’evangelicalismo non è né implicita né necessaria nella sua derivazione etimologica. Quest’enfasi sull’Evangelo deve essere solo l’accento rispetto alla sua necessità (il sine qua non del cristianesimo autentico), non la sua presunta sufficienza (come se fosse tutto ciò che davvero importi). Un evangelico deve solo asserire che l’Evangelo stia nel cuore e nell’anima stessa del cristianesimo autentico, e tutto il resto, in qualche modo ne fluirà, deve essere compreso nei suoi termini, od esserne collegato in modo vitale. Dovrà solo sostenere che l’Evangelo illumina l’intero “pacchetto” della fede e della vita cristiana; è il nostro punto di partenza esistenziale, perché è costitutivo per la comprensione che il cristianesimo ha di sé stesso, qualcosa di genuino per l’identità stessa del cristiano. Egli, quindi, insisterebbe che ogni altra dottrina debba essere portata in rapporto all’Evangelo in quanto implicitamente ivi contenuta, che ogni altra affermazione de la Fede semplicemente esplichi la fede dell’Evangelo nella sua confessione, spiegazione, espressione ed applicazione.

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Re: "L'evangelico"
« Rispondi #1 Data del Post: 14.09.2007 alle ore 19:48:24 »

Aggiungo questo ulteriore spunto...
 
Che intendiamo per “evangelico”

 
Definizione del dizionario: “qualcuno che crede nell’autorità della Bibbia e nella salvezza attraverso l’accoglimento personale di Gesù Cristo”.
Un evangelico è “un uomo o una donna del vangelo”. “Evangelico” deriva da “evangelo”, o “vangelo”. Per definizione un evangelico è una persona che si interessa dell’Evangelo. Questo, però, vuol dire di più che predicare ogni tanto l’Evangelo. Significa che per essa l’Evangelo è centrale. Certamente esso è il suo messaggio e il contenuto costante della sua predicazione, ma si tratta di più che un argomento della sua predicazione: l’Evangelo sta al centro del suo pensiero e della sua vita.
L’apostolo Paolo rammenta ai Corinti l’Evangelo che aveva portato loro dicendo che è di importanza fondamentale che “Cristo è morto per i nostri peccati secondo le Scritture” (1 Co. 15:3).  Sono dell’avviso che tutto ciò che importi all’evangelico sorga proprio da questa proposizione di base.
“Cristo morì”: la croce è il grande atto di base di Dio. “Per i nostri peccati”: è l’ostinato fatto che rese necessaria la croce. Esso rivolge la nostra attenzione alla verità che in ogni membro della razza umana c’è qualcosa che tende al male piuttosto che al bene. Di questo è stata fatta una caricatura come se gli evangelici credessero che ogni membro della razza umana sia sempre il peggio possibile. Non è vero. Essi dicono che nessuno di noi è perfetto, che nessuno di noi fa ciò che nel profondo del suo cuore sa che dovrebbe fare, che nessuno è all’altezza di ciò che Dio prescrive per l’essere umano.
Questo impedisce all’evangelico di esaltarsi all’idea di una qualsiasi utopia terrena. Certo, egli si unirà a qualunque genuino sforzo si faccia per il miglioramento della condizione umana: questo è riflesso dell’amore che egli vede manifestato sulla croce. Noi oggi ci rendiamo conto più che mai quanto siano importanti i nostri doveri verso il prossimo. Tutto ciò è indiscutibile. L’evangelico, però, non ripone la sua fiducia negli sforzi umani. Egli è un pessimista. Egli vede come tutte le dittature, sia di destra che di sinistra, abbiamo portato all’oppressione. Egli vede come le democrazie troppo spesso cadono nel pantano di burocrazie senz’anime. L’evangelico farà del suo meglio per fare funzionare qualsiasi sistema, ma egli non ripone la sua fiducia in sistemi. Ogni sistema non può altro che operare sul materiale del tutto difettoso di esseri umani peccatori. L’evangelico vede questo chiaramente: che l’uomo sia un peccatore pone dei chiari limiti alla sua capacità di operare il bene, e questo pone fine alla possibilità di raggiungere il bene ultimo. Il fatto che egli sia un peccatore significa che egli non potrà in alcun modo operare per la sua eterna salvezza. Il peccato lascia un segno indelebile sulla vita quaggiù ed ha fatali conseguenze per l’aldilà.
La verità più grande e meravigliosa, però, è che “Cristo è morto per i nostri peccati”, che ciò che è impossibile per le creature umane Dio in Cristo l’ha perfettamente realizzato. Egli ha sconfitto il peccato ora e per l’eternità. L’Evangelo è un messaggio di salvezza dalle conseguenze temporali ed eterne.
Con la Scrittura gli evangelici insistono che la redenzione è sia oggettiva che soggettiva. Essa comporta degli effetti su di noi, ma i suoi effetti non sono limitati alla nostra esperienza soggettiva. Interi libri sono stati scritti sulla redenzione e continueranno ad essere scritti fino al ritorno del Signore. Essi ci aiutano un po’ a comprendere quel grande atto di redenzione, ma nessuno di essi può spiegarlo completamente. Come potrebbero? Sono stati scritti da peccatori, gente immersa nel male di questo mondo a cui di fatto contribuiscono. Non possono porsi al di fuori d’esso e vedere ciò che per esso si può fare. Per l’evangelico, però, la cosa più significativa non è la nostra incapacità a spiegarla. La cosa più significativa è che Cristo è morto per i nostri peccati. Tutto ciò che era necessario fare è stato fatto. Nulla può essere aggiunto a quella perfetta opera divina.
E’ per questa ragione che l’evangelico si troverà di tanto in tanto a protestare contro sistemi che pretendono di essere cristiani e che vorrebbero “supplementare” l’opera di Cristo, sia chiamando gli uomini a realizzare la loro propria salvezza tramite buone opere, attraverso cerimonie liturgiche, o quant’altro. No, è Cristo che è morto per noi ed ha compiuto ogni cosa perfettamente. Le nostre vane pretese scompaiono di fronte al Suo amore sacrificale.
Messo a confronto con la croce io posso risponderle favorevolmente e volgermi a Cristo con fede ed amore, oppure posso indurire il mio cuore. Rispondere favorevolmente all’amore di Cristo significa diventare una persona differente. L’intera struttura della mia vita cambia. Gli evangelici hanno sempre insistito sulla necessità della conversione. Essa può avvenire sia improvvisamente, come l’esperienza accecante di Saulo di Tarso, oppure gradualmente (come con Timoteo). Il tempo non è rilevante. Il fatto di volgersi di fatto a Lui è tutto. Questo accade a tutti coloro che vengono a Cristo con fede. L’evangelico non dispera di nessuno. L’evangelico è un ottimista.
E’ facile vedere la croce come un magnifico incentivo alla pigrizia. Cristo ha fatto tutto. Io non posso fare nulla. Quindi non farò nulla. Questo però non è il modo in cui il Nuovo Testamento vede la questione. Giovanni può scrivere: “In questo è l'amore: non che noi abbiamo amato Dio (noi non comprenderemo mai l’amore se partiamo dalla parte dell’uomo), ma che lui ha amato noi e ha mandato il suo Figlio per essere l'espiazione per i nostri peccati. Carissimi, se Dio ci ha amato in questo modo, anche noi ci dobbiamo amare gli uni gli altri” (1 Gv. 4:10,11). Notate i verbi che usa Giovanni. Noi “ci dobbiamo” amare l’un l’altro. L’amore non è un’occupazione per cittadini pigri e sentimentali poco inclini all’azione. E’ un imperativo posto da Dio a tutto il popolo di Dio come la risposta più appropriata al Suo grande amore ed è un amore che trabocca in attività per gli altri come afferma una volta per sempre 1 Corinzi 13. L’amore è esigente. Cristo non è morto per una cristianità “rispettabile e borghese”. Basta con queste stupidaggini! Cristo è morto per i nostri peccati, morto per eliminare il peccato e per renderci gente che ama in modo autentico.
 
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Re: "L'evangelico"
« Rispondi #2 Data del Post: 14.09.2007 alle ore 19:50:02 »

Noi della razza umana conosciamo l’amore per gente attraente, per gente bella, per gente che ci ama. L’amore di Cristo è per i peccatori [Ro. 5:8], un amore che sradica il peccato e estirpa il nostro egocentrismo, affinché l’amore diventi la nostra unica sorgente. Questo significa, in primo luogo che noi amiamo altri credenti. L’evangelico vede la chiesa, l’amata comunità cristiana, come parte integrale dei propositi di Dio. In secondo luogo, significa amare coloro che ne stanno fuori. Significa essere gente amorevole, perché noi siamo seguaci di Colui che è morto per i peccatori. Significa evangelizzazione, azione per portare ai peccatori il più grande dono che possediamo.
 
Gli evangelici sono stati talvolta considerati gente dura e pura, gente che non ha alcuna simpatia per coloro che deviano, anche solo di un capello, dalla nostra rispettabile ortodossia. Chi può dire che di questo non si abbia colpa? “Invidia, dispute e divisioni … litigi, maldicenze, cattivi sospetti” sono fatti endemici nella razza umana e noi abbiamo anche la nostra parte in questo. Componente autentica dell’evangelicalismo, quindi, è il ravvedimento per i nostri peccati del passato e la scoperta di nuove vie per le quali possiamo manifestare quell’amore che il Nuovo Testamento vede sgorgare dalla croce.
La croce, però, non parla solo d’amore, ma anche di umiltà. Oggi ci vien detto che “piccolo è bello”. Messo in questi termini il pensiero non è nuovo. La sua essenza, però, è sempre stata una componente della religione evangelica. La croce condanna ogni tentativo proditorio di asserire sé stessi. Come potrebbe una persona che avesse capito il significato della croce cercare grandi cose per sé stesso? L’evangelico è servitore del popolo di Dio, servitore della chiesa, servitore della comunità di cui è parte. Egli è uno che ha udito l’appello a portare la sua croce (Lu. 9:23). Il suo stile di vita è diverso proprio per quello che la croce significa per lui.
Vi è poi un’ulteriore implicazione. Il modello posto di fronte a lui è uno che non potrà raggiungere, ma egli sa pure che nel giorno della Pentecoste lo Spirito Santo scese sulla chiesa bambina simile a fuoco purificatore ed a vento potente. Gesù disse: “Or egli disse questo dello Spirito, che avrebbero ricevuto coloro che avrebbero creduto in lui; lo Spirito Santo infatti non era ancora stato dato, perché Gesù non era stato ancora glorificato” (Gv. 7:39). Una volta però realizzata la Sua grande opera, lo Spirito Santo venne. Quello Spirito che dimora nel credente e lo rafforza è una componente necessaria della vita cristiana – così credono gli evangelici. Essi usano parole come “santificazione” e “santità”, parole che indicano la necessità di un modello che essi non potranno mai raggiungere da soli, ma che parla pure di ciò che lo Spirito fa nel credente.
“Cristo è morto per i nostri peccati secondo le Scritture”. Il riferimento che qui si fa alle Scritture significa che la morte di Cristo era in linea perfetta con la volontà del Padre. Nella redenzione si manifesta un grande proposito divino, rivelato e sviluppato attraverso la Bibbia.
Gli evangelici hanno sempre posto un grande accento sul ruolo centrale della Bibbia. Questo non ha a che fare con un dogmatismo perverso, ma con la profonda convinzione che è essa è importante per la fede cristiana. Molte religioni del mondo sono religioni di idee. Si potrebbe dire che in quei casi sono le idee e non la gente che conta. Si potrebbe dire che non importa per loro più di quel tanto che sia veramente vissuto uno che si chiamava Gautama Buddha o Maometto. Ciò che per loro importa è che vi siano grandi idee associate ai loro nomi e che per quelle idee vivano milioni di nostri simili.
Questo tipo di ragionamento, però, non si applica al cristianesimo. E’ vero che il cristianesimo ha grandi idee e che non importi molto chi abbia dato loro origine, ma ciò che Paolo vuole qui dire è diverso. Si tratta di fatti storici. Il messaggio evangelico è che un tempo Dio venne nella storia nella persona di Gesù Cristo. Venne per vivere una vita di umile servizio e per morire, sul Calvario, “per i nostri peccati”.
Il cristianesimo è una religione storica nel modo che nessun’altra lo è. Se non avessimo accesso ai fatti, saremmo tagliati fuori dalle nostre radici. Il nostro accesso ad essi è attraverso “le Scritture”. Esse sono lo strumento che Dio ha scelto per portarci l’Evangelo. Per questo gli evangelici hanno sempre ricevuto questo buon dono e hanno considerato della massima importanza avere una Bibbia su cui si possa contare. Le Scritture riportano l’insegnamento specifico del Signore stesso e quello degli Apostoli, e ci indicano la necessità che i fatti dell’Evangelo siano accuratamente documentati.
Vi sono ancora alter cose che gli evangelici affermano. Non voglio qui fornirne una lista completa. Dico solo che esse sorgono dall’Evangelo. L’intero sistema dell’evangelico è espressione e derivazione dell’Evangelo. Qualunque siano gli errori che gli evangelici hanno fatto, essi cercano di esplicitare le implicazioni della salvezza mediante la croce di Cristo e di vivere secondo esse. L’uomo o la donna che si dichiari evangelico è soprattutto un prodotto ed un portatore dell’Evangelo.
 
Leon Morris, tradotto da: “Working Together”, the magazine of the Australian Evangelical Alliance, 1998 Issue 4.  Il Rev. Dr. Leon Morris è stato il fondatore dell’Alleanza Evangelica di Victoria, e ex preside del Ridley College, Melbourne, Australia. Egli è uno studioso riconosciuto a livello internazionale del Nuovo Testamento, ed autore di 51 libri, di cui sono in circolazione due milioni di copie.
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