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   Algeria: com'è pericoloso essere cristiani
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   Autore  Topic: Algeria: com'è pericoloso essere cristiani  (letto 1060 volte)
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Algeria: com'è pericoloso essere cristiani
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ALGERI (Algeria) - Quando hanno suonato alla porta, Mourad ha aperto credendo che fosse un fratello. Quel giorno pioveva. Cosa non rara a dicembre a Oran, la città algerina sul Mediterraneo a due passi dalla Spagna.
II tempo di aprire e almeno sei-sette persone lo hanno scaraventato a terra e massacrato di botte. Mourad mostra i segni delle percosse: ha un labbro sfasciato, l'occhio gonfio, escoriazioni sul corpo e la gamba destra che gli fa molto ma­le. Come rassegnato dice «è la terza volta che mi picchiano». Questa volta è andato alla polizia, a denunciare. Tanto, aggiunge, non succederà niente. «I colpevoli non saranno identificati né arrestati». Perché Mourad ha il torto di essere un algerino cristiano-evangelico (protestante, insomma) che vive, e vorrebbe pregare liberamente, in un Paese islamico.
Poco più di un anno fa, ad Annaba, città a est di Algeri, è stato ucciso un cristiano, un ex musulmano, ex combattente in Afghanistan, poi convertito. Gli hanno tagliato la lingua e cavato gli occhi. «Noi sappiamo che sono i fondamentalisti a fare queste cose», racconta Hamid, responsabile della chiesa evangelica di Ain El Turck, un paese-quartiere vicino Oran. «L'assassino non è stato trovato. La morte di un cristiano non è grave per la religione e per le autorità». L'Algeria è un Paese laico, ha una costituzione che prevede la libertà di culto, ma la polizia è pur sempre islamica, dice con un sorriso Hamid, «e nel Corano c'è scritto che chi si converte a un'altra religione merita d'esser punito. Anche con la morte».

In Algeria soffiano di nuovo venti di radicalismo islamico. In molte zone, i terroristi (che negli anni '90 sono stati macabri protagonisti di una guerra civile che ha fatto almeno 200 mila morti) sono tornati a farsi vivi dichiarando oggi l'affiliazione a Bin Laden. Proprio a Oran, tra il '97 e il '98, sono avvenuti molti sgozzamenti di massa (di civili islamici).

Nel quartiere di Ain El Turck, la presenza dei salafiti nelle strade e palpabile. Si riconoscono dalle folte barbe nere e dagli abiti bianchi. La lotta per il controllo del territorio con gli islamici che si convertono assume forme diverse. L'intransigenza degli imam che lanciano strali al venerdi nelle moschee aumenta di pari passo al numero dei convertiti. È comunque difficile stabilire quanti siano i cristiani evangelici in Algeria. Dai primi anni '80, da quando è cominciato il risveglio (cosi come lo chiamano gli evangelici) le conversioni so­no aumentate vertiginosamente: oggi si parla di un numero compreso tra 15 e 60 mila. La difficoltà della statistica sta appunto nelle persecuzioni: non tutte le chiese sono riconosciute, molti cristiani hanno paura e allora si prega nelle case o all'aperto, come in alcuni villaggi della Kabilia. Non che i cattolici se la passino meglio. Ma a differenza degli evangeli­ci crescono di meno e non fanno proselitismo.

Quello che Jusef, un musulmano convertito, che adesso di­vide la sua vita tra Oran e la Spagna, proprio non riesce a capire è perchè in Italia lo Stato sovvenzioni addirittura la costruzione di moschee, mentre molti suoi fratelli algerini sono costretti all'anonimato, vengono picchiati, minacciati o (è il caso di Annaba) uccisi.  Jusef dice di avere un amico in Italia, Francesco Maggio, un mediatore interculturale evangelico, che converte gli islamici. «Lui non deve nascondersi». Il colpo di grazia è venuto (o potrebbe arrivare, perché ancora non è stato ratificato dal Parlamento) da un decreto (febbraio 2006) del presidente della Repubblica, Abdelaziz Bouteflika, che mira a render più dura la vita ai musulmani che si convertono a Cristo. La legge prevede la prigione fino a 5 anni e multe di 5 mila euro per chi cerchi di convertire un musulmano.

Solo che per avere le autorizzazioni, le autorità oppongono mille difficoltà. Anche per piccole riparazioni si può aspettare anni. II ministero degli Affari Religiosi, che dovrebbe rilasciare le autorizzazioni, spesso attacca le radio e le tv satellitari cristiane. Da quando c'è la chiesa a Oran, i fondamentalisti hanno costruito una seconda moschea nelle vicinanze. Se vedono qualcuno uscire dal luogo di culto gli dicono di fare attenzione, «potresti aver problemi».

Le finestre della casa-chiesa (dove si prega, c'è un negozio, la scuola biblica e le stanze della famiglia di Hamid) sono spesso rotte: i bambini scagliano pietre contro i vetri e le au­to. Gli adulti e gli imam dicono che sono cose da ragazzi. Ha­midèé nato musulmano, i suoi andavano in moschea e pregavano cinque volte al giorno. S'è convertito dopo aver visto in montagna i cristiani pregare all'aria aperta. «I nostri telefoni sono controllati», dice, «la polizia sa chi siamo e cosa facciamo». Almeno una volta alla settimana gli fa visita un ispettore. Fa sempre le stesse domande: «Ci sono stranieri? Ci sono persone nuove?». Poi redige il rapporto e se ne va. La comunità gestisce un negozio. «Quando i grossisti sanno che sia­mo cristiani non ci vendono piu nulla. L'immondizia non passano a ritirarla. Se mi rivolgo all'ispettore? Non denunciamo niente, sennò aumentano le grane. Dal loro punto di vista siamo noi il problema: se invece di convertirci...»

IL SOGNO DI SGOZZARE GLI EBREI
Nel negozio di generi alimentari lavora Brahim, un uomo abbastanza robusto che prima di convertirsi faceva l'imam, figlio di genitori marabutisti. «Odiavo i cristiani». Poi, dopo aver conosciuto una donna cristiana, che avrebbe sposato, s'è convertito. Abita a Oran ma è originario di Boghni, un villaggio della Kabilia. Quando vi fa ritorno non dorme in casa dei parenti. «I fratelli di mia moglie, vicini alle posizioni radicali, potrebbero uccidermi». Brahun nel 1981 era entrato nel Fis (Fronte Islamico di Salvezza, l’organizzazione radicale protagonista di numerose stragi) e un giorno s'era violentemente scagliato con il suo datore di lavoro perché aveva ingaggiato operai cristiani. «Come, li fai lavorare?». Quando s'è convertito e l'ha comunicato alla famiglia, suo padre gli ha ordinato di lasciare la casa. «In questi casi tutto il villag­gio si riunisce per discutere e prendere una decisione. I fondamentalisti avevano votato la mia morte. Per fortuna hanno prevalso posizioni più tolleranti».

Anche Mustafà, cristiano, un tempo musulmano, era stato vicino alle posizioni dei terroristi. «Mi ero arruolato in un  campo dove insegnavano a sgozzare gli ebrei». Oggi è il responsabile della chiesa cristiana di Tizi Ouzou. In un certo senso giustifica l'intolleranza dei familiari di chi si converte. «Per loro cristianesimo significa Europa, dove c'è il male. E non hanno tutti i torti: la televisione, i nudi...». Minimizza le persecuzioni, salvo poi ammettere che anche per lui s'è riunito il villaggio, che suo padre l'ha rinnegato, e al venerdì giorno di culto islamico, tre poliziotti controllano e «ci fanno mille domande».

A Tiaret non c'erano cristiani. Da quando è arrivato Mu­stafà da Oran, un anno e mezzo fa (il suo vero nome è un altro), sono adesso piu di 50. Fa l'informatico, vive in una casa con la moglie, i due figli e altre tre coppie. Tutti cristiani clandestini. Pregano in una stanza, la stessa dove studiano la Bibbia e sono ammassate le centinaia di lettere e opuscoli vari che invia a chi ne fa richiesta. Tutto è illegale, perché la sua chiesa non è riconosciuta: rischia la prigione. Mustafa è il coraggioso uomo che sta dietro al numero che compare sul video di alcuni canali cristiani. «Al telefono riceve di tutto: richieste di aiuto e molte minacce». Mentre camminiamo per le strade di Tiaret, tra il silenzio di casermoni popolari pieni di parabole tv, squilla il suo telefono. «Se non la smetti», dice una voce, «ti faremo fuori. Sappiamo chi sei». Mostra un giornale, El Kardhaouj, su posizioni fondamentaliste. I giornalisti attaccano i cristiani, dicono che ogni giorno si convertono sei persone e che bisogna fare attenzione, soprattutto ai bimbi. Mustafa ha cambiato religione quando un suo amico imam è entrato nel Fis. «Ha cominciato a dire cose spaventose contro il potere». Negli ultimi tempi riceve periodicamente chiamate da un'associazione islamica di Al­geri, Amro Khaled. Cosa vogliono? «Che ritorni a essere musulmano. E se non lo faccio, minacciano, potrebbe farlo il piombo».

di: Agostino Gramigna
da; Corriere Magazine
data: 18/1/2007

Articoli correlati:
- video dell'intervista
- articolo di Stefano Magni su "L'Opinione"
 
[Modified 05/30/07  21:29:14 by Server_Notizie]
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Re: Algeria: com'è pericoloso essere cristiani
« Rispondi #1 Data del Post: 23.01.2007 alle ore 13:46:15 »
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Mammamia che tristezza!  Piange Francesco Maggio lo conosco, mi sa che è uno dei pochi, qui in Italia a lavorare attivamente tra i musulmani. Preghiamo per i fratelli perseguitati!
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Re: Algeria: com'è pericoloso essere cristiani
« Rispondi #2 Data del Post: 23.01.2007 alle ore 19:07:25 »
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Il dramma dell' Algeria è che da anni è in corso una pulizia etnica dell' infedele, con totale disinteresse della comunità internazionale, dell' ONU e dell' inesistente europa.
Le stragi del sahara non interessano a nessuno. Non ci sono mica stelle a striscie laggiù.
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Re: Algeria: com'è pericoloso essere cristiani
« Rispondi #3 Data del Post: 23.01.2007 alle ore 20:13:26 »
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on 23.01.2007 alle ore 19:07:25, yatirisgreen wrote:
Le stragi del sahara non interessano a nessuno. Non ci sono mica stelle a striscie laggiù.

 
Commento interessante, ma anche molto triste...! Triste  Buono!
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Re: Algeria: com'è pericoloso essere cristiani
« Rispondi #4 Data del Post: 24.01.2007 alle ore 01:21:14 »
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on 23.01.2007 alle ore 19:07:25, yatirisgreen wrote:
Le stragi del sahara non interessano a nessuno. Non ci sono mica stelle a striscie laggiù.

Già. Però se gli Americani intervengono, sono imperialisti e pensano solo al petrolio. Se invece non intervengono, sono senza cuore e vuol dire che se ne fregano.
Allora. Che cosa devono fare gli Americani?
 
Shalom
 
PS: scusate, ma ultimamente non ho più molto tempo.
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Re: Algeria: com'è pericoloso essere cristiani
« Rispondi #5 Data del Post: 24.01.2007 alle ore 07:24:12 »
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E' una grande vergogna che la Comunità Internazionale ed altre organizzazioni non intervengano per porre fine a questo scempio. Piange
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Re: Algeria: com'è pericoloso essere cristiani
« Rispondi #6 Data del Post: 24.01.2007 alle ore 09:27:12 »
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Infatti, non è certo competenza (solo) degli americani di intervenire, ma dell'Onu e dell'Europa, che è più vicina. E ci vogliono negoziati, non guerre!
 

Quote:
Già. Però se gli Americani intervengono, sono imperialisti e pensano solo al petrolio. Se invece non intervengono, sono senza cuore e vuol dire che se ne fregano.
 
 
Dimostra solo, che il sospetto si mostra fondato: gli americani intervengono solo quando hanno grossi interessi economici.  
 
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yatirisgreen
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Re: Algeria: com'è pericoloso essere cristiani
« Rispondi #7 Data del Post: 24.01.2007 alle ore 10:18:58 »
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Vogliamo ricordare che il sottosuolo dell' Algeria è ricchissimo di idrocarburi (gas, tanto per capirci) che fanno gola a tanti, Italia in testa. E quando ci sono di mezzo ricchissime commesse (Agip, Eni ...) le stragi degli infedeli passano in secondo piano.
(off-T, non richiesto)
Il dramma algerino comincia sul finire degli anni cinquanta, la cosiddetta guerra algerina condotta non dalle stelle a striscie, ma dalla V° Rèpublique di De Gaulle.
Ci fu anche un odioso episodio che ci colpì direttamente, ossia (il fallito) attentato a Roma organizzato dai servizi segreti (e dalla diplomazia segreta) francese ai danni di Taieb Boularouf, rappresentante accreditato in Italia per il Fronte di Liberazione Nazionale Algerino. Lui la scampò, sul terreno rimase un povero bambino che per caso era lì a giocare.
Vi giuro che l' episodio fu archiviato in fretta per non dare troppo fastidio alla diplomazia francese.
Ben altro esito avrebbe avuto l' accaduto se di mezzo ci fossero stati gli odiatissimi yenkee (vedi caso Abu Omar; di rilevanza assai minore).
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Re: Algeria: com'è pericoloso essere cristiani
« Rispondi #8 Data del Post: 24.01.2007 alle ore 10:27:42 »
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Certo, le persecuzioni e le difficoltà dei cristiani in Algeria sono tristi, ma guardiamo al lato positivo: "Sorridenteai primi anni '80, da quando è cominciato il risveglio (cosi come lo chiamano gli evangelici) le conversioni so­no aumentate vertiginosamente: oggi si parla di un numero compreso tra 15 e 60 mila.", "dicono che ogni giorno si convertono sei persone"
 
A me sembra un fatto molto positivo! Non avrei mai immaginato che in Algeria, dove i fondamentalisti hanno avuto piena libertà d'azione, ci potesse essere un fenomeno di conversioni al Cristianesimo. Ringraziamo il Signore e preghiamo che li protegga e li fortifichi.
"Always look on the bright side of life", cantava qualcuno.
 
Quanto all'ONU buona e agli Amerikani kattivi, mi viene da sorridere a leggere queste michaelmoorate. L'ONU di Kofi Annan ha espresso il peggior terzomondismo antiamericano e antiisraeliano di sempre, pronta però ad estrarre dal cilindro risoluzioni ad hoc per difendere gli interessi di pochi e i soldi di pochissimi (Oil For Food non vi dice niente?)
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Re: Algeria: com'è pericoloso essere cristiani
« Rispondi #9 Data del Post: 24.01.2007 alle ore 10:46:26 »
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Leggendo queste notizie nel mio cuore provo due tipi di sentimento.
 
Uno, quello di ringraziare fortemente il Signore per come oggi siamo messi sulla libertà di religione, e per come sta operando anche in Algeria.
 
Ma d'altra parte non posso rammaricarmi nel sentire quanti di questi nostri fratelli subiscono e soffrono sino alla morte.
 
Nel mio piccolo posso pregare, pregare e ancora pregare.
« Ultima modifica: 24.01.2007 alle ore 10:48:16 by Asaf » Loggato

Per una corretta esegesi biblica più che questione di testi e contesti è questione di testi e ...teste!
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