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Calvino: il "Piccolo trattato sulla S.Cena" (letto 1725 volte) |
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fratello Sandro
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Calvino : il "Piccolo trattato sulla S.Cena" (il minimo che un buon valdese, che è calvinista, è chiamato a sapere). Gesù Cristo è il nostro unico nutrimento spirituale. invano cercheremo qualche utilità nella Cena, prescindendo da Gesù Cristo, che ne è sostanza e fondamento. Chi nega alla Cena il significato di un'autentica comunicazione con Gesù Cristo, rende questo sacramento inutile e vuoto, pronunciando una bestemmia. Se il significato fondamentale della comunione con Gesù Cristo è l'aver parte alla grazia che la sua morte ci ha procurato, questa partecipazione non ha come oggetto unicamente il suo Spirito, ma concerne anche la sua concezione umana, nella quale, ha manifestato una totale obbedienza a Dio suo Padre, per saldare i nostri debiti. Noi dobbiamo diventare partecipi di questa umanità di Gesù Cristo. Nella Cena si fa menzione di corpo e sangue, per indurci a ricercare la sostanza della nostra vita spirituale. Il pane e il vino sono i segni visibili che rappresentano il corpo e il sangue. Esprimendo sinteticamente in cosa consista l'utilità della Cena, diremo: in essa ci viene offerto Gesù Cristo affinchè diventi nostro e con lui tutta la pienezza della grazia che possiamo desiderare, e questi per noi è un valido aiuto per confermare le nostre coscienze nella fede in Lui. Esortazione alla riconoscenza a Gesù Cristo: incitarci a riconoscere sempre più o benefici che abbiamo ricevuti e che ogni giorno riceviamo dal Signore , in modo da rendergli la lode che gli è dovuta. Un richiamo a vivere santamente: La Cena è utile secondo un terzo aspetto: è un richiamo a vivere santamente e soprattutto a realizzare fra noi rapporti di carità e di solidarietà fraterna. Nostro Signore non si limita ad usare il segno esteriore per ammonire, incitare, infiammare i nostri cuori; l'elemento essenziale sta nel fatto che Egli opera interiormente in noi mediante il suo Spirito Santo per dare efficacia a questa istituzione. USO LEGITTIMO DELLA CENA : Chiunque si avvicina a questo santo sacramento con spirito distratto e sprezzante, senza preoccuparsi che così facendo risponde a una chiamata del Signore, ne fa un uso errato e, così facendo, lo profana. Ora profanare e contaminare ciò che Dio ha santificato in modo così evidente , significa compiere un sacrilegio intollerabile. Nulla infatti ha valore e dignità superiori al corpo e al sangue del Signore: prenderli alla leggera, e senza dovuta preparazione, non può essere considerato colpa di poco conto: giustamente egli ci esorta dunque a fare un attento esame di noi stessi. Comprendere la necessità e il contenuto di questo esame, significa aver compreso quale debba essere l'uso adeguato della Cena del Signore. Coscienza di peccato Dobbiamo anzitutto verificare l'autenticità del nostro pentimento + della nostra fede nel Signore Gesù Cristo; si tratta di due realtà così strettamente connesse che l'una non può esistere senza l'altra. Riconoscere che la nostra vita è in Cristo implica riconoscere che siamo morti a (o in ) noi stessi. Cercare in Lui la nostra forza implica il riconoscimento della nostra intrinseca debolezza. Trovare in Lui soltanto la nostra pace implica che sperimentiamo in noi stessi tormento e inquietudine. Ma c'è di più: chi, avendo piena coscienza della propria miseria, sa però di poter gustare la bontà di Dio e non desidera altro che impostare la propria vita secondo la sua volontà, rinunciando all'esistenza passata, per esser fatto una nuova creatura in Lui. Vogliamo dunque partecipare in modo adeguato alla Santa Cena del Signore? Occorre essere certi che solo il Signore Gesù è nostra giustizia, vita e salvezza; così facendo diffideremo di noi stessi, riponendo in Gesù Cristo soltanto la nostra fiducia ed affidandoci alla sua sola grazia. Questo non può però accadere qualora non vi sia da parte nostra la coscienza che abbiamo bisogno di questo aiuto: dobbiamo quindi prendere intimamente coscienza della nostra miseria spirituale in modo tale che nasca in noi questa fame e sete di Lui. Non si può ricercare Gesù Cristo senza desiderare la giustizia di Dio, che consiste nel rinunziare a se stessi e nell'obbedire a Lui. In Cristo vi è solo castità, sobrietà, umiltà; volendo essere membra di Lui dobbiamo tenere lontano da noi immoralità, superbia, menzogna, orgoglio. Non potremmo infatti associarlo a cose siffatte , senza recargli grande offesa, e , disonorarlo. Carità e unione Occorre dunque, per avvicinarci alla Cena con autentico pentimento, desiderare che la propria vita sia resa conforme all'esempio di Gesù Cristo. Questo è particolarmente vero riguardo alla carità. Come il pane infatti, che qui viene santificato per l'uso di tutti, è costituito da molti chicchi così ben mescolati, da non potersi più distinguere, nello stesso modo dobbiamo essere uniti fra noi, da un vincolo di solidarietà indissolubile. C'è di più: riceviamo nella Santa Cena il corpo di Cristo che è uno, al fine di esserne resi membra; l'aver tra di noi discordia significa, sotto un certo aspetto, dilacerare Gesù Cristo, e rendersi colpevoli di un tale sacrilegio come se fosse realmente avvenuto. NON deve dunque accostarsi al sacramento chiunque nutra sentimenti di odio o di rancore verso qualcuno, ed in particolar modo verso un cristiano che viva nell'unità della chiesa. La nostra imperfezione non deve tenerci lontano dalla Cena Con queste considerazioni si rischia però di creare grave turbamento nell'animo di molti buoni credenti. Chi può infatti pretendere, riguardo alla propria vita di fede e santità, di essere esente da gravi imperfezioni ? Chi infatti può affermare di non essere mai stato colto dalla sfiducia o di non essere vittima di qualche vizio o di qualche debolezza? I credenti camminano in purezza di vita, ma debbono pregare quotidianamente per la remissione dei loro peccati, ed anche per ottenere la grazia di progredire. Stando così le cose, se occorresse presentare un'assoluta integrità di fede, e di vita, per partecipare alla Cena, essa risulterebbe essere inutile per tutti. Questo però è contrario all'intenzione di nostro Signore, che ci dà invece con essa quanto di più salutare ci sia per la sua chiesa. Quando perciò sentiamo tutta l'imperfezione della nostra fede e ci rendiamo ben conto che la nostra esistenza non è limpida, ma piena di molti vizi riguardi ai quali la coscienza ci rimprovera, questo non ci impedisce di accostarci alla santa mensa del Signore, purchè sentiamo in cuor nostro, che, malgrado tutte queste infermità, Gesù Cristo è la nostra speranza e desideriamo vivere secindi la norma dell'Evangelo, senza ipocrisia o finzione. Non sono pochi infatti coloro che ingannano se stessi con atteggiamenti di sufficienza, ritenendo che basti condannare formalmente i propri vizi senza rinunciarvi. Un pentimento autentico si estrinseca in un combattimento diuturno contro il male che abita in noi, che dura non solo un giorno o una settimana ma è senza tregua. Quando dunque avvertiamo, riguardo a tutti i vizi, un profondo disagio, anzi un'intima avversione, motivata dal Timore di Dio ed unita a un desiderio di vivere rettamente per piacere a nostro Signore, siamo nelle condizioni di partecipare alla Cena. Chi infatti si astiene dalla Cena, a motivo della sua imperfezione nella fede e nella santità di vita, è come uno che rifiuti di prendere medicine perchè malato. Mentre la fede è nascosta nel cuore, il pentimento è manifestato dalle opere e deve perciò essere evidenziato in qualche modo nella nostra vita. SIntesi: Gesù Cristo è il nostro unico nutrimento spirituale Benefici e risultati: Annuncio di grazia. Esortazione alla riconoscenza Un richiamo a vivere santamente Uso legittimo della Cena Coscienza di peccato Carità e unione La nostra imperfezione non deve tenerci lontani dalla Cena-
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« Ultima modifica: 11.05.2010 alle ore 19:40:02 by Michele_48 » |
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