
ROMA – I più lo conoscono solo per la presenza dei celebri monumenti ai poeti Percy Shelley e John Keats, ma il piccolo Cimitero acattolico di Roma, noto anche come Cimitero protestante, nasconde tra le sue mura quasi trecento anni di storia: storia che viene ora raccontata in un libro.
Curato da Nicholas Stanley-Price, storico e consulente per la gestione del patrimonio culturale, il volume nasce a quasi sessant’anni dalla precedente guida realizzata nel 1956 da Johan Beck-Friis; frutto di un attento lavoro di documentazione arricchito dalla disponibilità di nuove fonti e da una meticolosa verifica sul campo, in poco più di 150 pagine il volume di Stanley-Price raccoglie una notevole mole di informazioni, dati, immagini e curiosità con il duplice obiettivo di fungere da testimonianza storica e guida turistica per una realtà monumentale defilata ma visitata ogni anno da turisti italiani e stranieri attirati da quello che Shelley definì «Il cimitero più bello e solenne che abbia mai visto».
La prima testimonianza documentata di utilizzo dell’area risale al 1716, anno in cui si ha notizia della prima sepoltura autorizzata da papa Clemente XI a beneficio della corte degli Stuart in esilio; stretto nel fazzoletto di terra tra via Caio Cestio e la Piramide, a due passi da Porta San Paolo, il cimitero venne allargato un secolo dopo, nel 1822, per accogliere adeguatamente – come scrisse in quegli anni il pastore protestante newyorkese William Berrian – «quei viaggiatori che avevano terminato qui il loro pellegrinaggio»; l’ulteriore estensione, sviluppatasi in due fasi distinte (nel 1856 e nel 1894), seguì il tracciato delle Mura Aureliane fino a lambire il Testaccio, raggiungendo le dimensioni attuali e mantenendo la sua posizione nonostante le ostilità e le resistenze riscontrate nel corso dei secoli.
Grazie a una ricognizione sistematica effettuata a metà degli anni Ottanta e durata due anni, oggi è possibile avere un elenco completo e una mappatura precisa dell’area, che – si scopre dal volume – accoglie defunti di cinquanta nazionalità e diverse confessioni e professioni: si contano cappellani, pastori e missionari, ma anche (e soprattutto) artisti, diplomatici, ufficiali, nobili, benefattori, archeologi, politici, tra cui – con una rara eccezione alla regola – Antonio Gramsci.
Nel volume di Stanley-Price la storia del luogo, ricostruita con precisione e raccontata con ritmo, si combina con la pubblicazione di numerosi omaggi figurativi – dalle incisioni agli schizzi, dai disegni ai quadri, alcuni inediti – realizzati nel tempo dagli artisti in visita e con le testimonianze, raccolte in apposite schede, di scrittori e poeti, da Gabriele D’Annunzio a Oscar Wilde. Sarebbe tuttavia parziale descrivere il Cimitero acattolico di Roma concentrandosi solo sulla sua storia e sul suo respiro internazionale senza accennare al presente, cui l’autore dedica gli ultimi capitoli del libro: l’istituzione, diretta dal 2008 da Amanda Thursfield e con quattordici ambasciate coinvolte a vario titolo nella sua gestione, oltre che per i turisti sta diventando oggi un singolare punto di riferimento anche per i residenti della zona, attirati dal verde e dalla tranquillità della Parte antica, ma anche location per riprese cinematografiche e documentari, e – grazie a collaborazioni con istituzioni internazionali come il Getty Conservation Institute – palestra di formazione avanzata per gli specializzandi in conservazione dei beni artistici.
A corredo del volume l’indice delle mappe e delle immagini pubblicate – tra cui i monumenti presenti nell’area – e, in chiusura, una cronologia essenziale, un’ampia bibliografia e l’indice delle tombe.
Il libro:
Nicholas Stanley-Price
Il Cimitero Acattolico di Roma
Roma, 2014
156 pp – 18
nella foto, tratta dalla copertina del volume, un suggestivo scorcio del cimitero