Tremonti e le piaghe moderne

Giulio Tremonti è noto principalmente per aver ricoperto la carica di ministro delle finanze e dell’economia nei governi Berlusconi, rivestendo il ruolo di inflessibile tutore dei conti pubblici con un approccio pragmatico al limite del cinismo (celebre la sua massima “con la cultura non si mangia”). Pochi si sarebbero aspettati, un giorno, di vederlo maneggiare la Bibbia e trarne spunto per una serie di previsioni – potremmo dire, visto il contesto, profezie – sul quadro economico globale.

Tremonti, nel suo intervento pubblicato dal Corriere, prende le mosse dalle celebri piaghe d’Egitto, che definisce senza mezzi termini “un mito che oggi vediamo attualizzato nella globalizzazione”; nella versione attuale del racconto biblico individua sette disgrazie già andate a segno, aggiungendo che, «per evitare che il numero abbia a crescere, è forse utile capire cosa è successo, cosa succede, cosa può succedere».

Il primo punto ad attirare l’attenzione dell’ex ministro è la caduta dei confini e il web, con «il mondo che pareva farsi paradiso terrestre, l’habitat di una nuova specie di uomo. L’idea che il nuovo uomo globale non avesse un passato, ma solo un futuro». La cosiddetta cancel culture – avverte Tremonti – ne è «solo la versione più radicale». L’elenco prosegue con l’Asia, divenuta “fabbrica del mondo” e fonte di inquinamento, cui sono seguite le attuali alterazioni climatiche, “habitat ideale per nuovi virus“.

Ma Tremonti non trascura nemmeno un cambio di passo nei costumi, con «la sistematica conversione del sesso umano, dalla responsabilità al piacere. Di riflesso, la mutazione della famiglia tradizionale in una “horizontal family”» con un’impennata di individualismo e una parallela crisi demografica.

A preoccupare Tremonti è anche “lo svuotamento della democrazia”, divenuta una “repubblica internazionale del denaro” – con una frecciata nemmeno troppo velata a Mario Draghi – dove la finanza è un sistema sempre più precario e «il denaro che diviene esso stesso causa dei problemi economici e sociali che invece dovevano essere risolti».

Tremonti ce l’ha pure con i “governanti dell’Occidente”, miopi nella loro limitata prospettiva storica e inerti «a fronte delle demoniache od enigmatiche figure dei governanti dell’Oriente».

Ancora, la pandemia: «C’è nella Bibbia un mito – prosegue Tremonti – che ci aiuta a capire la crisi del tempo presente, il mito della “Torre di Babele“. Un mito [Tremonti – non sappiamo con quanta convinzione – insiste a definirlo così, ndr] in cui l’umanità sfida la divinità, erigendo verso il cielo una torre sempre più alta. La divinità reagisce alla sfida, privando l’umanità della lingua unica. È stato lo stesso con la pandemia. La diffusione globale del virus ha infatti hackerato il software della globalizzazione, ne ha spezzato la dominante ideologica costituita dal pensiero unico». Il risultato è stato «incertezza, paura e straniamento che ora stiamo vedendo nel disordine del mondo».

Infine, il tema più recente: la guerra. «Quando la storia compie una delle sue grandi svolte – riflette Tremonti -, quasi sempre ci troviamo davanti l’imprevedibile, l’irrazionale, l’oscuro, il violento e non sempre il bene. Già altre volte il mondo è stato governato anche dai demoni».

Dopo aver prospettato un quadro pressoché disperato, Tremonti conclude con un messaggio che tradisce ottimismo: «certo non tutto è perduto. Anzi, come nella Bibbia, è dal male che può venire il bene!», spiega. «L’occidente deve, può capire che la vita non può essere più marcata dal piacere senza doveri, dominata dal mercato e qui compressa nel tasso di interesse, limitata nella dimensione del tempo istantaneo, ma piuttosto nuovamente estesa al mondo dei valori. E questi non solo valori politici e civili, ma valori eterni e futuri».

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