
Evangelici americani alla conquista dell’Arabia Saudita: dal 2019, riferisce il Post, il governo di Riad ha aperto le frontiere ai turisti, e frotte di credenti si sono affrettati a chiedere un visto per visitare il territorio. In realtà il governo aveva in mente un tipo di turismo diverso, di alto livello, persone che si adagiano nei resort nuovi di zecca sorseggiando un drink (analcolico, si suppone) mentre si godono il tramonto sul Mar Rosso, e invece la nuova opportunità ha intercettato soprattutto l’interesse di credenti evangelici americani di una certa età, che al seguito di agenzie specializzate o di pastori visionari (nel senso etimologico del termine, beninteso) sognano di improvvisarsi Indiana Jones e di esplorare il deserto per mettersi sulle tracce delle peregrinazioni israelite.
Oltre a immaginarsi le aree che hanno ospitato gli ebrei nei quarant’anni trascorsi nel deserto prima di entrare in Canaan, in cuor loro i nuovi Lawrence d’Arabia sperano di riuscire a individuare per primi il Monte Sinai: i gruppi di turisti in questione, rileva il Post, «sono tutti accomunati dalla convinzione che sia l’Arabia Saudita, e non l’Egitto, il luogo in cui si trova il Monte Sinai, dove secondo le Scritture ebraiche e cristiane Dio avrebbe rivelato i Dieci Comandamenti a Mosè. Questa credenza, smentita dalla maggioranza degli archeologi e teologi, è stata teorizzata dall’anestesista Ron Wyatt, che negli anni Ottanta entrò illegalmente in Arabia Saudita per condurre le sue ricerche e fu arrestato ed espulso».
Negli ultimi anni la teoria si è diffusa in maniera sempre più ampia e qualcuno – figurarsi se poteva mancare – sostiene che i sauditi «starebbero nascondendo volontariamente le prove che l’Esodo sia avvenuto nel loro paese per evitare che l’area diventi un luogo di culto per una religione diversa da quella islamica». Nella realtà, invece, pare che le autorità saudite si propongano di sfruttare questo imprevisto afflusso di turisti occidentali per migliorare la propria reputazione all’estero.
foto: ilpost.it