Due saggi, due studiosi, un tema centrale: l’apostolo Paolo. Si articola così “Paolo e l’Europa”, lavoro a due voci di Gérard Rossé, teologo, e Vincenzo Vitiello, filosofo. Il titolo del libro, in realtà, risulta fuorviante: Rossé accenna alla commistione nel pensiero di Paolo tra matrice ellenistica e giudaica, Vitiello sceglie di introdurre il suo studio con la accorata domanda formulata da Maria Zambrano (la possibilità di “un’altra versione del cristianesimo” in chiave europea), e a margine di una rilettura filosofica di Paolo [al termine di un’ampia riflessione che tocca Bibbia, filosofi classici e pensatori moderni] prova a dare una risposta. Per il resto, però, di Europa e di spirito europeo nel libro c’è onestamente poco o, quantomeno, non abbastanza da giustificare il titolo.
Sul lavoro di Vitiello («Paolo e l’Europa: incontro tra messaggio evangelico e filosofia») non ci permettiamo valutazioni o commenti, trattandosi di un lavoro tecnico che il lettore comune – per quanto non digiuno di evangelo e filosofia – rischierebbe di trovare involuto e a tratti perfino arduo.
In compenso, per quella situazione che gli inglesi chiamerebbero serendipity – la sorpresa di chi trova una cosa non cercata mentre ne stava cercando un’altra – il lavoro di Rossé («Paolo e l’universalismo del messaggio cristiano») è una scoperta. Il saggio, infatti, con una prosa accademica ma scorrevole offre una disamina accurata del pensiero di Paolo e scandaglia la posizione dell’apostolo sulle principali questioni del cristianesimo. Non si tratta di un testo agiografico: Rossé non fa sconti all’apostolo delle genti, mettendone in luce l’evoluzione del suo pensiero, le contraddizioni vere o apparenti, le influenze filosofiche, i limiti, mantenendo tuttavia sempre una linea di rispetto e la consapevolezza che i testi in nostro possesso non consentono la definizione di uno studio organico sul tema, e offrono solo indizi – utili, ma non sempre risolutivi – su questioni e prospettive.
Paolo, da un lato, è figlio del suo tempo, della sua formazione da fariseo zelante, delle influenze ellenistiche mediate dagli schemi mentali giudaici; dall’altro si manifesta come un unicum irripetibile, protagonista di un incontro clamoroso che stravolgerà in un momento la sua esistenza trasformandolo da oppositore a strenuo sostenitore della causa cristiana e di una dottrina che poco prima considerava eretica.
Sarà proprio questa miscela tra retroterra giudaico, venature ellenistiche (queste sì, molto europee), riflessione e rivelazione che gli permetterà di distillare il messaggio cristiano, calandolo nel contesto delle esigenze specifiche e difendendolo con passione, anche a costo di fraintendimenti sulle sue conclusioni (e non solo da parte dei suoi detrattori).
Dalla “scoperta di un fallimento”, qual è stata l’improvvisa rivelazione sulla via di Damasco, nasce così un pensiero destinato a divenire una pietra miliare per i pensatori e, soprattutto, per i cristiani di ogni epoca; un pensiero che, in ogni epoca, è stato profondamente amato, cordialmente detestato, malamente frainteso. E, qualche volta, sinceramente compreso e applicato.
Paolo e l’Europa
Autore: Gérard Rossé, Vincenzo Vitiello
Anno: –
Pagine: 271
Prezzo: € 22