Il Natale è una festa particolare, capace di trasfigurarsi – di volta in volta – in ricorrenza laica, in appuntamento stagionale, in stato mentale. Coinvolge i credenti (almeno quelli che si lasciano coinvolgere) e anche chi, con il cristianesimo, non ha particolari frequentazioni ma subisce il fascino di un’occasione speciale. Sarà per le luci che illuminano il momento più buio dell’anno, sarà per l’euforia che suscitano i tuffi tra la folla festante, sarà per il senso di speranza che, in qualche misura, trasmette a credenti e non: il Natale, ormai da tempo, è più di una festa.
A contribuire all’atmosfera è anche, in buona parte, la colonna sonora, i brani che per un mese ci accompagnano ovunque. Inni dal sapore evangelico, mirati a festeggiare la ricorrenza, ma anche una cascata di brani secolari, che non celebrano la vicenda biblica in sé ma – paradossalmente – solo la festa che le è stata cucita addosso.
Questo patrimonio musicale ha spesso una storia interessante in cui si è inoltrato il musicologo Maurizio Blatto con un libro a tema, Canzoni di Natale (Add editore), dove racconta i brani e la cornice in cui sono nati, a partire dai grandi classici, accostando aneddoti personali e divagazioni (sì, talvolta dissacranti) che restituiscono i sapori del momento storico di riferimento.
Blatto è capace di offrire curiosità poco note anche sui brani più conosciuti: scopriamo così che Jingle Bells, scritto nel 1857 e diventato il primo successo di Natale in assoluto, era stato pensato come canto per la Festa del Ringraziamento, oppure che White Christmas venne composto nel 1941 da Berlin per “raggiungere il cuore dell’americano medio” senza immaginare che sarebbe presto diventato la malinconica colonna sonora del primo Natale di guerra.
Nella ventina di capitoli di Canzoni di Natale troviamo brani moderni e l’antica tradizione vittoriana dei Christmas Carolers – che ancora oggi, nei Paesi anglosassoni, allietano le strade e le case con le loro melodie d’antan -, in un’alternanza che oscilla tra canzoni solidali (“Do they know it’s Christmas”, con il curioso scivolone della Thatcher sulla tassazione delle donazioni benefiche) e brani da psichiatria infantile (pochi ci avranno fatto caso, ma “Santa Claus is coming to town” parla di un Babbo Natale occhiuto, inquietante, che “ti vede quando dormi” e segna su un libretto i cattivi).
Nel repertorio natalizio, rileva l’autore, trovano spazio tutti i generi – il capolavoro jazz del dream team di Phil Spector, le sonorità vagamente ossimoriche dei Beach Boys e la suadente malinconia di Blue Christmas – ma è ampia anche la gamma dei messaggi proposti, dalle istanze pacifiste di John Lennon (la fin troppo attuale War is over) all’immancabile panorama degli spot pubblicitari. Cui, in Italia, pare siamo particolarmente affezionati, se è vero – osserva Blatto – che ci manca una solida tradizione musicale natalizia, tanto da affidare il presidio dello spartito ai jingle di bibite e panettoni.
Insomma, danzando tra sacro e profano Blatto racconta storie e rievoca atmosfere e, brano dopo brano, mette insieme un repertorio ragguardevole che, per i più curiosi, può diventare una guida musicale ad ampio raggio per le lunghe serate dicembrine.
Maurizio Blatto
Canzoni di Natale
Add editore, 2022
185 pp, 18 euro