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   1 TIMOTEO 2:11 > Pastorato Femminile?
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   Autore  Topic: 1 TIMOTEO 2:11 > Pastorato Femminile?  (letto 5797 volte)
kosher
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Re: 1 TIMOTEO 2,11
« Rispondi #45 Data del Post: 02.12.2011 alle ore 12:56:22 »


Il verbo greco in questione è "paristemi" che indica l'atto di collocare, di disporre, procurare, causare, provvedere, fornire, costringere, forzare, assoggettare con violenza, sottomettere ed altre accezioni ancora. Il verbo per presiedere è "proistemi", verbo simile ma con significati diversi. Chi conosce il greco sa che anche il cambio di un suffisso o di un prefisso cambia completamente il senso della parola. Pertanto se "proistemi" significa letteralmente "stare davanti" implicitamente per un compito di guida, "paristemi" indica tutt'altro, il cui significato deve essere deciso sulla base del contesto. Pertanto quella pastora ha fatto un grosso sbaglio: evidentemente ha letto "paristemi" per "proistemi", ma sono due verbi diversi.
 
Non lascio mai le questioni in sospeso e ti riassumo il pensiero della pastora del gesuita e di un teologo grecista che non vuole pero' che si faccia il suo nome
 
NUOVA RIVEDUTA:"Romani 16,2
 
perché la riceviate nel Signore, in modo degno dei santi, e le prestiate assistenza in qualunque cosa ella possa aver bisogno di voi; poiché ella pure ha prestato assistenza a molti e anche a me."
 
CEI:"ricevetela nel Signore, come si conviene ai credenti, e assistetela in qualunque cosa abbia bisogno; anch'essa infatti ha protetto molti, e anche me stesso".
 
Ciao,...... La tua mail mi è giunta alquanto illeggibile, ma credo di aver capito il
punto. Intanto vediamo il passo di Rm 16:2 nell’originale greco:
 
ìna prosdècsesthe autèn en kyrìo acsìos tòn aghìon,
affinché essa accogliate in Signore degnamente dei santi,
 
kài parastète autè en ò an ymòn chrèze pràgmati,
e provvediate a lei in qualsiasi di voi abbisogni cosa,
 
kài gàr autè prostàtis pollòn eghenèsthe kài emù autù.
E infatti ella protettrice di molti è stata anche di me stesso.
La forma (parastète) è quella cui tu fai riferimento come parìstemi
(παρίστημιOcchiolino, che è la voce con cui si trova il verbo nei vocabolari di greco.
La CEI traduce: “Ricevetela nel Signore, come si conviene ai credenti, e assistetela in
qualunque cosa abbia bisogno; anch'essa infatti ha protetto molti, e anche me stesso”.
Il verbo parìstemi significa letteralmente “stare accanto” nel senso di proteggere e provvedere, quindi la traduzione di CEI “assistetela” è corretta. Quanto alla parola  (prostàtis), si tratta di un sostantivo femminile che indica “un guardiano femminile, protettrice, patronessa, che si cura delle cose altrui e aiuta con le sue
risorse”. In questo caso la CEI  non  e' stata letterale,
rendendo l’originale “protettrice” con la forma verbale “ha protetto”, tuttavia il senso
non è tradito e il senso del testo è rispettato e la traduzione cattolica risulta la migliore
 
‘prostatis pollôn egenêthê’
 
Capisci che dire una donna mi ha prestato assistenza e una donna mi ha protetto, ha una notevole differenza in un discorso ministeriale.
 Sorriso
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Re: 1 TIMOTEO 2,11
« Rispondi #46 Data del Post: 02.12.2011 alle ore 13:02:07 »


on 01.12.2011 alle ore 20:30:00, kosher wrote:

 
Dovresti prestare maggiore attenzione ai post degli altri, il gesuita ha detto alcuni termini non tutti!

 
Io ho prestato attenzione a quello che hai scritto e precisamente hai scritto quanto segue: "Va comunque detto che quando in una categoria sono compresi sia uomini sia donne, il greco utilizza il maschile per tutti. Ciò avviene anche in italiano. Ipotizza, infatti, che tu abbia in mente sia uomini che donne: come diresti per riferiti anche alle evangelizzatrici e alle profetesse? In italiano si direbbe proprio come in greco: evangelizzatori e profeti". Io ti ho contestato questa tua affermazione nella quale affermavi chiaramente che in greco evangelisti e profeti è al maschile. Invece ti ho dimostrato che in greco vi è anche il termine "profetessa", che benissimo Paolo poteva utilizzare.
      
 

Quote:
   come puoi rileggere lei in questo caso usa la traduzione cei che e' l'unica a usare "protetto" il perche' nel senso tecnico non lo so al momento ma ti faro' sapere
.
 
Anche in questo caso riporto quello che hai scritto: "Il termine, però, indica qualcuno che presiede (è quello che si usa per parlare della necessità che anziani ecc., sappiano ben presiedere alle loro famiglie)... Quello di Febe (femminuccia) sarebbe l'UNICO caso nel Nuovo Testamento in cui questo termine anziché 'presiedere' significherebbe 'assistere'... ", ed io ti ho detto che in 1 Ti 3:5 si usa il verbo "proistemi", cioè un altro verbo non quello indicato in Romani. Paristemi significa "stare con, o stare presso", "proistemi" significa "stare davanti" o "stare prima", in senso lato "presiedere", è più chiaro così?
 

Quote:
ora ti spiego perche' mi aspettavo di piu' da te, nel nuovo testamento l'unico chiamato con questo appellativo e' Filippo  Paolo dove lo incontra? nella sua casa(atti 21,otto), come tu ben sai era ancora il periodo in cui i cristiani per non essere ammazzati si riunivano nelle case, quindi non mi meraviglierei se Filippo  EVANGELIZZASSE nella propria casa(dove si riuniva la chiesa),  poi se per te la chiesa e' l'edificio allora abbiamo una visione diversa, io la intendo cosi' εκκλησια, assemblea o convocazione, quindi quel tuo evangelizzare al di fuori della chiesa cosa significa? mah non lo capisco, un evangelista non puo' evangelizzare nella "chiesa"(nella comunita')?
.
 
Ma è proprio per il fatto che nella Bibbia la Chiesa è il Corpo di Cristo e l'insieme di tutti i credenti e non l'edificio (non capisco come hai potuto solo pensare che io pensassi all'edificio!!) che allora il compito di evangelista non ha motivo di essere manifestato. Evangelizzo a dei credenti? Predico la buona notizia di accettare Cristo e di credere in Lui, a persone che hanno già fatto questo passo? Lo predicherò a chi ancora non ha fatto questo passo e perciò a chi non fa parte della Chiesa.
 

Quote:
Poi questa doppia valenza che tu sostieni riguardo alla parola apostolo nel nuovo testamento cosa significa? l'apostolo Paolo ha avuto  una valenza inferiore agli apostoli designati da Gesu'? e' la prima volta che  sento una cosa del genere
.
 
Ma quando mai avrei detto che Paolo è meno degli altri apostoli? Io ho solo detto che questo termine ha una valenza generica ed è il CONTESTO a decidere in quale modo devo comprendere un termine. Se un missionario o missionaria viene inviato da una chiesa locale in un territorio è "apostolo", ma con un ministero ovviamente non uguale agli apostoli che erano con Gesù o Paolo. Mi pare evidente.
 
 Sorriso
« Ultima modifica: 02.12.2011 alle ore 13:09:30 by andreiu » Loggato

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Re: 1 TIMOTEO 2,11
« Rispondi #47 Data del Post: 02.12.2011 alle ore 13:15:10 »


on 02.12.2011 alle ore 12:56:22, kosher wrote:

 
Capisci che dire una donna mi ha prestato assistenza e una donna mi ha protetto, ha una notevole differenza in un discorso ministeriale.
 Sorriso

 
Capisci bene che prendere un passo dove non si parla da nessuna parte di conduzione o guida di una chiesa locale, ma dell'esperienza personale di Paolo, il quale sicuramente avrà beneficiato dell'intervento di questa figliuola (posso pensare che Febe l'abbia protetto in un momento di pericolo o difficoltà), mi pare alquanto rischioso.
 
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Re: 1 TIMOTEO 2,11
« Rispondi #48 Data del Post: 02.12.2011 alle ore 13:20:42 »

[quote author=andreiu link=board=Dottrina;num=1318326271;start=45#46 date=12/02/11 alle ore 13:02:07]
 
Io ho prestato attenzione a quello che hai scritto e precisamente hai scritto quanto segue: "Va comunque detto che quando in una categoria sono compresi sia uomini sia donne, il greco utilizza il maschile per tutti. Ciò avviene anche in italiano. Ipotizza, infatti, che tu abbia in mente sia uomini che donne: come diresti per riferiti anche alle evangelizzatrici e alle profetesse? In italiano si direbbe proprio come in greco: evangelizzatori e profeti". Io ti ho contestato questa tua affermazione nella quale affermavi chiaramente che in greco evangelisti e profeti è al maschile. Invece ti ho dimostrato che in greco vi è anche il termine "profetessa", che benissimo Paolo poteva utilizzare.
      
 
E purtroppo per te anche questo tuo ragionamento non regge, e' vero cio' che dici che esiste il termine profetessa.
Pero' sei tu stesso(in un tuo post) che  hai affermato, non contraddidicendo la SCRITTURA, che  esistono le profetesse.
In risposta a virus  pero' che cosa fai?? dici che qui Paolo pensava solo agli uomini?
Non ti pare che tu ti stia contraddicendo?
A conferma di cio' poi qui che cosa fai?? sostieni che Paolo avrebbe potuto usare profetessa,
 e perche'?? per quale motivo?? Se abbiamo visto che la scrittura prevede profetessa e Paolo vuole usare profeta non esclude, come fai tu, la donna come profeta.
Infatti visto che tu usi profeta e profetessa sai bensissimo che esiste Santo e Santa, gli efesini che Paolo saluta come santi senza specificare Santi e Sante, in base al tuo ragionamento per profetessa, erano tutti uomini?? A efeso non c'erano sante?? Dai per favore
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Re: 1 TIMOTEO 2,11
« Rispondi #49 Data del Post: 02.12.2011 alle ore 13:28:40 »

Ma è proprio per il fatto che nella Bibbia la Chiesa è il Corpo di Cristo e l'insieme di tutti i credenti e non l'edificio (non capisco come hai potuto solo pensare che io pensassi all'edificio!!) che allora il compito di evangelista non ha motivo di essere manifestato. Evangelizzo a dei credenti? Predico la buona notizia di accettare Cristo e di credere in Lui, a persone che hanno già fatto questo passo? Lo predicherò a chi ancora non ha fatto questo passo e perciò a chi non fa parte della Chiesa.
 
Sei in grado di dimostrare che nel nuovo testamento cosi' come in questi 2000 anni di Cristianesimo ci siano solo credenti?? Ma pensi davvero una cosa del genere?? E quando vengono dei nuovi membri ad ascoltare una predicazione del pastore quella predicazione non funge anche da evangelizzazione?? E dove avviene?? all'interno della Chiesa cosi' come all'esterno. Quando Paolo e suoi si muovevano per andare a predicare ed evangelizzare non erano una chiesa in movimento??
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Re: 1 TIMOTEO 2,11
« Rispondi #50 Data del Post: 02.12.2011 alle ore 16:04:09 »

Intervento di Sergio68
 
Riguardo al nome ho detto che ci sono delle ambiguità  
 
posso citare anch'io come è stato fatto prendendo qua e la da internet  
 
significato nomi.it: SanGiunia, 13 agosto.  
Dall'antico gentilizio latino Iunius collegato a Iuno Giunone col significato di sacro, dedicato alla dea oppure relazionato al mese della nascita, in questo caso giugno.  
 
Wikipedia precisa che esistono alcuni manoscritti che lo riportano al maschile  
Giunia era un membro insigne della prima comunità cristiana.  
Il nome - femminile, ma in alcuni manoscritti presente al maschile[1]  
 
ecc..ecc....  
 
Quello che io chiedevo, senza ironia e senza mettermi in cattedra era di fornirmi qualche fonte autorevole, dizionari biblici o studiosi bibblici (sempre nell'ambito di credenti sennò non se ne esce più) che riportano giunia al femminile e non esempi di nomi di giunia al maschile.  
 
Il dizionario Biblico di Pache René riporta il nome al maschile.  
 
Siccome io non sono un professore di teologia o di storia del cristianesimo e siccome non ho la fortuna di frequentare chiese che spiegano bene la teologia della prosperità o cose del genere avevo chiesto un aiuto o una spiegazione a riguardo.  
 
Sempre che non mi si dica che quel copia incolla dell'altro 3d sia una spiegazione!  
 
Appena posso andrò a consultare l'altro mio dizionario (GBU) per vedere com'è riportato.  
 
riguardo al discorso che si trattava prima non cambia niente se Giunia sia maschio o femmina  
 
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Re: 1 TIMOTEO 2,11
« Rispondi #51 Data del Post: 02.12.2011 alle ore 16:05:15 »

Prefazione
 
Innanzitutto, venia per il contenuto non adatto ad un format come il forum. Per quanto ho cercato di essere breve, molti sono stati i punti e le questioni affrontate.  
Doverose sono alcune premesse se non altro aiutano a comprendere il distinguo che emerge dalla Scrittura e nello stesso tempo evitano di sminuire il ruolo della donna.
 
Il desiderio e la speranza, è quella che si faccia una lettura che scevra da pregiudizi teologici e idealistici,
altrettanto va detto che non importa ciò noi riteniamo opportuno o meno, o quanto plausibili possono essere i motivi, né quello che può essere o non essere l’aspetto funzionale della donna all’interno dell’assemblea. Ma ciò che l’autore voleva davvero dire, quindi una corretta, onesta e rigorosa esegesi biblica.
 
*L’asterisco su alcuni termini indica una nota a margine.
 
Premessa 1:
 
Si premette subito a scanso di equivoci che la donna può pregare e profetizzare (1Co.11:5; 1Co.14:1-5), può insegnare con il marito in privato anche ad uomini (At.18:26), insegnare ai bambini e alle donne (cfr. 2Ti.1:5; 3:15; Tt.2:3-5), evangelizzare il mondo [Mt.28:19; At.1:8], assistere (Ro.16:2), etc., fare un elenco di tutti i ministeri importanti che può svolgere una donna, sarebbe in quest’occasione superfluo perché non attinente al soggetto. Nella Bibbia il ruolo della donna e il sostegno, nonché il contributo che essa può rendere nelle riunioni pubbliche non è meno importante di quello degli uomini, se non differente per ciò che concerne la conduzione e l’insegnamento nelle pubbliche assemblee.  
 
Premessa 2:
 
Importante è comprendere che la discriminante ingiuntiva alle donne in 1Ti.2:12 e parimenti in 1Co.14:34 è relativamente riferita “nella casa di Dio” (1Ti.3:15), “come si fa in tutte le chiese dei santi” (1Co.14:34), di seguito <<in pubblica assemblea>>.
 
Introduzione:
 
La discussione ha avuto inizio portando in calce un verso 1Ti.2:11-12 “La donna impari in silenzio con ogni sottomissione. Poiché non permetto alla donna d'insegnare, né di usare autorità sul marito, ma stia in silenzio”. Seguita una serie di punti numerati in cui i versi biblici sono estrapolati qua e là senza considerare, né contesto, né concetti biblici alcuni dei quali derivano da una cultura particolare come quella ebraica (es. l’insegnamento), né la consistenza e l’ampiezza di termini dal punto di vista filologico (es. apostolato), il tutto correlato dalla solita versettologia indebita, proiettando nel testo tesi aprioristiche cui scopo è dimostrare che la donna può insegnare e condurre, per intenderci fare la pastora.
 
L’altro testo chiamato in causa è 1Co.14:26, anche questo estrapolato dal contesto, senza un minimo accenno esegetico, e per giustificare l’ingiunzione paolina di qualche verso più avanti si dichiarano cose del tipo:  
 
  • È un dogma che cozza contro l’interpretazione totale della Scritture;
  • 1Corinzi e 1Timoteo sono condizioni transitorie, mentre Galati è una condizione definitiva;
  • Per la 1Corinzi e la 1Timoteo si era in un momento di passaggio dalla Legge alla Grazia, mentre per la lettera ai Galati si raggiunge il Nuovo Patto;
  • Tutto ciò si evince dagli usi e costumi di allora.

 
Ora, se qualche brano della Scrittura cozza con altri brani della Parola di Dio, che ricordiamo è la base della nostra fede e condotta, come e quando Essa può essere credibile?, e quali sono i criteri per conoscere o perlomeno comprendere ciò che cozza e ciò che non cozza con l’interpretazione totale delle Scritture? E ancora, come è possibile sapere ciò che è classificato come transitorio o di passaggio a ciò che invece è definitivo e raggiunto il Nuovo Patto? … ci rimane un mistero!
 
Brevemente rispondiamo qui (per maggiori riflessioni si legga sotto), che le problematiche non risiedono nella Parola di Dio, ma nelle persone che aggirano i chiari comandamenti di Dio, la quale, nel mentre si dice che <<è un dogma che cozza>>, l’apostolo Paolo invece dice “Se qualcuno pensa di essere profeta o spirituale, riconosca che le cose che io vi scrivo SONO COMANDAMENTI DEL SIGNORE” (1Co.14:37).  
 
Riguardo al transitorio e di passaggio (1Corinzi e 1Timoteo), rispetto al definitivo (Galati), si fa presente che la Galati è datata all’incirca nel 50-55, la 1 Corinzi nel 55-57 circa, la 1 Timoteo (ci troviamo nell’ultimo periodo scritturale della vita di Paolo) nel 64-66 circa.
 
Beh, se c’è qualcosa di definitivo che l’apostolo aveva in cuore di sottolineare, secondo l’assunto transitorio-definitivo, andrebbe a questo punto ricercato nell’epistola a Timoteo scritta a più di 10 anni dall’epistola ai Galati.
 
Ma sottolineiamo che è un falso assunto!


Quale ingiunzione:
 
L’ingiunzione è relativamente all’insegnamento (1Ti.2:12; 1Co.14:34) e la conduzione (la conduzione è connessa all’insegnamento 1Ti.3:2; 2:24) in un determinato ambito (pubblica assemblea, vedi sotto).
N.B.: Per chiarezza, l’ingiunzione è valida comunque anche per gli uomini che non rispecchiano i requisiti di 1 Tim.3 e Tt.1.
 
In quale ambito:
 
Ci troviamo davanti a disposizioni in ambito di chiesa (en ekklesia), in relazione all’assemblea dei santi, dirà l’apostolo “Ti scrivo queste cose …, affinché tu sappia, nel caso che dovessi tardare, come bisogna comportarsi nella casa di Dio (1Ti.3:14-15).  
Altrove l’apostolo ribadirà l’ingiunzione Come si fa in tutte le chiese dei santi, le donne tacciano nelle assemblee” (1Co.14:34).  
 
L’ingiunzione quindi, deve essere compresa in questo contesto, dove “nella casa di Dio” non si riferisce ad un edificio, ma esprime il concetto di “famiglia che appartiene a Dio in relazione all’assemblea riunita”.  
 
Tenendo presente quando già esposto, dovrebbe essere chiaro il distinguo che fa la Scrittura.
 
... continua
« Ultima modifica: 02.12.2011 alle ore 16:32:18 by Asaf » Loggato

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Re: 1 TIMOTEO 2,11
« Rispondi #52 Data del Post: 02.12.2011 alle ore 16:08:22 »

Esegesi:
 
Lettura di 1Co.14:26-40  
 
I paragrafi del cap.14 prendono in rassegna:
 
  • vs.1-12 i criteri da seguire nella ricerca dei doni, i principi di edificazione e di intelligibilità;
  • vs. 13-25 i doni in azione avendo come scopo pratico l’utilità;
  • vs. 26-40 la necessità che i doni siano regolamentati, il “si faccia ogni cosa per l'edificazione” (vs.26) ha in vista il decoro e l’ordine della chiusa del paragrafo (vs.40).

Come si può notare dal breve schema dell’intero capitolo 14 di 1Corinzi, il fine dell’apostolo non è quello di identificare i requisiti necessari per esercitare la conduzione nelle pubbliche assemblee (per tali requisiti si leggano le cosiddette epistole “pastorali” Timoteo 3 e Tito 1).
 
Disamina del vs.34
 
Come si fa in tutte le chiese dei santi, le donne tacciano nelle assemblee, perché non è loro permesso di parlare; stiano sottomesse, come dice anche la legge. Se vogliono imparare qualcosa, interroghino i loro mariti a casa; perché è vergognoso per una donna parlare in assemblea.
 
Delineando alcune attività all’interno di un culto (vs.26), l’apostolo nei versi che seguono, ribadirà* ai Corinzi, ciò che va regolato (le lingue, le rivelazioni) e ciò che è precluso alla donna (il parlare contrapposto all’imparare).
 
Come si fa in tutte le chiese dei santi, s’intende di prassi accreditata. Segue il soggetto, le donne.
 
L’imperativo è sigatosan en ekklesiais, restino in silenzio nella chiesa. L’ingiunzione è non è loro permesso,  
 
cosa?  
 
La relazione è tra la lalein (il parlare, il dire) contrapposto al “ei thelousin mathein” (se vogliono imparare), dove il verbo laleo nel suo spettro semantico non rispecchia solo il semplice chiacchierare come alcuni vorrebbero far passare (su 300 attestazioni nel N.T. non mai ha questo senso, 24 volte solo in questo capitolo), ma il vero e proprio prendere la parola cui fine è porre domande sfociando in una sorta di insegnamento (vs.26).  
 
Piuttosto, hypotassesthosan (stiano sottomesse) all’imperativo presente con valore parenetico, è subordinazione in obbedienza a Dio.  
 
Infatti, a motivo aggiunge, come dice anche la legge, riferendosi all’ordine creazionale in connessione al ruolo che Dio ha dato loro (cfr. Ge.1:26; 3:16 con 1Ti.2:13-14; 1Co.11:5-9; Ef.5:22-24).
 
In virtù del quale, visto il comportamento in assemblea dei Corinzi poco convenevole (lingue, rivelazioni, donne che parlano), e a garanzia di ciò che ha detto, l’apostolo afferma: “Se qualcuno pensa di essere profeta o spirituale, riconosca che le cose che io vi scrivo SONO COMANDAMENTI del Signore” (1Co.14:37).  
 
*Si noti come questi comandi (vs.37 “comandamenti del Signore”) sono esposti e conosciuti sistematicamente in tutte le chiese sinora esistenti, dice: “Come si fa IN TUTTE le chiese dei santi…” (vs.34), ergo, la prassi era già conosciuta e praticata.  
 
Riflessioni
 
E’ strano, ma fatemi aggiungere anche patetico, il modo con cui “alcuni espositori” si dilungano con salti mortali per spiegare questo chiaro comandamento del Signore.  
 
Si va, dal mettere i vs.34-35 dopo il vs.40, sino al dichiararli come aggiunte posteriori al testo e/o del tutto estranei all’intero capitolo, nell’intermezzo c’è chi afferma che “il parlare” era un chiacchierare delle donne in assemblea, ma l’uso del verbo in ambito neotestamentario li contraddice, altri ancora suggeriscono che trattasi di riunioni diverse e non ufficiali, ma anche qui non vi è nulla che suggerisce questo tipo di lettura.
 
... continua
« Ultima modifica: 02.12.2011 alle ore 16:40:21 by Asaf » Loggato

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Re: 1 TIMOTEO 2,11
« Rispondi #53 Data del Post: 02.12.2011 alle ore 16:10:12 »

1Ti.2:11-12
 
Se alcuni passaggi in 1Corinzi 14:26-40 potrebbero sembrare oscuri e/o mal compresi, in 1Timoteo 2:11-12, e a distanza più di 10 anni dall’epistola ai Corinzi, le nuvole dovrebbero scomparire per far posto alla luce.
 
La donna impari in silenzio con ogni sottomissione. Poiché non permetto alla donna d'insegnare, né di usare autorità sul marito, ma stia in silenzio
 
Il soggetto della frase è la gyne (donna), al singolare e rappresenta il sesso femminile.
 
La frase "in silenzio", apre e chiude i nostri versi, all’interno del quale vi è un ingiunzione positiva ed una negativa. L'istruzione positiva è “manthaneto* en hesychia” (impari in silenzio), implica l’ascolto e l’osservazione attenta della donna e utile per la sua crescita, dove il tempo del verbo al presente all'imperativo sottolinea il comando e la continuità, cioè "continui ad imparare".  
 
*Si noti che viene usato il medesimo verbo manthano (imparare) usato anche nella 1Co.14, l’uno contrapposto all’hesychia (silenzio) e l’altro al ou laleo (non parlare), cioè “impari in silenzio e impari senza parlare”, il concetto espresso è il medesimo, l’istruzione data è simile, anche se i contesti in cui sono inseriti sono diversi, in entrambi l’ingiunzione è l’insegnamento (1Ti.2:11-12; 1Co.14:26,34-35, - ricordo che gli ambiti sono gli stessi -).
 
L'istruzione negativa, è "ouk epitrepo”  (non permetto o non concedo), il verbo generalmente riflette l'autorità (cfr. Gv.19:38; Gm.4:15), e rimanda ad un ordinamento comunitario, quello della donna in relazione alla didaskein (insegnamento), espresso all’infinito presente del verbo didasko* (insegnare).
 
*Al riguardo nel Dana Mantley (Manual Grammar of the Greek New Testament, p.199), si dimostra che l’infinito presente dovrebbe essere tradotto con “essere un insegnante”. Posizione negata alla donna. Chi mastica greco conoscerà sicuramente il suddetto manuale.
 
Né di usare autorità, oude authentein, l’espressione indica esercitare dominio o autorità da sé (Vine, Expository Dictionary of New Testament).
 
Si noti anche la connessione tra insegnamento e autorità, cfr. Mt.21:23; Mc.1:22,27; Lu.4:32.
 
Da precisare che il silenzio non manifesta né risentimento, ne schiavitù, ma accettazione volenterosa del ruolo che la Scrittura conferisce alla donna in un determinato ambito. Per contro la violazione di questa istruzione, può rappresentare la figura di una donna che non rispetta il posto assegnatole da Dio nelle Scritture. Con ogni sottomissione è in rapporto alla verità delle Scritture.  
 
Il motivo:
 
Il motivo della proibizione trova la sua totale e sufficiente giustificazione nella Scrittura.
 
"Infatti Adamo fu formato per primo, e poi Eva; e Adamo non fu sedotto; ma la donna, essendo stata sedotta, cadde in trasgressione" (vs.13-14).
 
Infatti, spiega la ragione per cui le donne non devono insegnare pubblicamente in assemblea;  
 
fu formato, il verbo plasso è usato anche in Genesi 2:7 "Allora l'Eterno Dio formò l'uomo dalla polvere della terra";
 
per primo, protos, il termine nel N.T. prevalentemente rende l'idea di ordine temporale;
 
cadde in trasgressione, relativo alla violazione del divieto divino.
 
Anche qui, alla base, l’argomentazione si incentra sul fattore creazionale, Adamo quale capostipite della razza umana, e sul fatto che Eva fu sedotta.
 
Conclusioni:
 
Ripeto e ribadisco, l’ingiunzione è da considerarsi in un contesto specifico e dal punto di vista ministeriale (conduzione ed insegnamento, connessi tra di loro), cioè all’interno di una riunione di pubblica assemblea, dove i ruoli restano definiti ad un chiaro motivo creazionale, che non si basa:  
  • né su una situazione locale o temporanea;
  • né sorta dalle condizioni della chiesa di Efeso (1Timoteo), né dalla chiesa di Corinzi (1Corinzi);  
  • né dalle condizioni culturali del popolo.  

Ma, dall’autentica storicità, dall’assoluta affidabilità e dalla completa autorità della Scrittura, chiamati in causa quando Paolo torna alle origini, riferendosi per l’appunto al racconto della creazione quale principio divino di portata universale e permanente.
 
Che dire?
 
Rispondiamo come rispose l’apostolo Paolo sempre ai Corinzi:  
 
“E se qualcuno lo vuole ignorare, lo ignori” o come traduce Diodati “E se alcuno è ignorante, sialo” (1Co.14:38). Cioè se qualcuno vuole continuare a sbagliare, sbagli pure.
 
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« Ultima modifica: 02.12.2011 alle ore 16:45:35 by Asaf » Loggato

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Re: 1 TIMOTEO 2,11
« Rispondi #54 Data del Post: 02.12.2011 alle ore 16:14:43 »

Risposte al teologo cattolico:
 
Apprezzo l’onestà di Kosher circa la non conoscenza delle lingue bibliche, rimettendosi nelle mani di grandi (?) teologi, nonché per l’appunto, i punti che riporta del teologo cattolico, che per quanto apprezzabili sotto il profilo della ricerca, mi si permetta però, che l’esegesi contestuale e rigorosa è altra cosa.
   
Ci sono tante cose buone nei padri riformatori e anche in quelli cosiddetti apostolici (è sempre edificante leggere le lettere d’Ignazio o la testimonianza di Policarpo), ma ci sono anche molte devianze dalla Scrittura in essi. Come si suol dire, non è tutto oro quello che luccica.
 
I punti (domanda e risposta)
 
1) nella lettera ai galati al capitolo 3 vs 27 paolo afferma che in Cristo.........non c'e' ne' uomo ne' donna;
 
1R) Ai galati il soggetto è la legge quale pedagogo in attesa di Cristo, quindi la fede in Gesù Messia porta tutti nel piano salvifico senza eccezioni di nazionalità, razza, sesso, etc., tutti coloro che pongono la loro fede in Cristo hanno tutti il privilegio di accedere alla medesima grazia, e sono tutti partecipi della medesima salvezza, dice un verso prima “siete tutti figli di Dio per la fede in Cristo Gesù” (Ga.3.26).
 
Questo non toglie che Dio ha dato dei ruoli differenti specifici e funzionali all’uomo e alla donna. Dove differenti, non vuol dire inferiore o superiore, ma ognuno, nella sfera di servizio in cui Dio stesso l'ha posto, svolge fedelmente il proprio ruolo nel riconoscimento dell'ordine divino.
 
2) nelle sue lettere paolo si rivolge alle donne come sue "synergoi"(collaboratrici)  
 
2R) Siamo tutti (uomini e donne credenti) a “concorrere o cooperare” (synergeo) per l’avanzamento del regno di Dio (1Co.3:9; Col.4:11). Ciò non è attinente a quando comanda Paolo in 1Ti.2:11-12 e 1Co.14:34.  
 
Una cosa è essere collaboratori al servizio di Dio, altra cosa è l’ingiunzione dell’apostolo ad insegnare in pubblica assemblea (o condurre, --> la conduzione non può essere scissa dal ministero d’insegnamento cfr. 1Ti.3:2; 2:24; 1Ti.3:2-5, riservato all’anziano*).
 
*Già nella chiesa di Gerusalemme i conduttori erano chiamati ufficialmente anziani, gli anziani ricevettero le offerte portate da Barnaba e Saulo (At.11:30) e parteciparono al concilio (At.15:6). Essendo un ministero legato anche alla conduzione di credenti fu rivestito di compiti pastorali (Gc.5:14; 1Pi.5:1-3).
 
3) 10 delle 29 eminenti personalita' salutate alla fine della lettera ai romani sono donne, al primo posto compare febe (definita diakonos) il che fa ritenere che abbia diretto una comunita' domestica.  
 
3R1) Eminenti personalità ? 10 su 29 ? Siamo alle casistiche per avvalorare tesi!
 
Dice: <<al primo posto compare febe il che fa ritenere che abbia diretto una comunita' domestica>>.
 
Questo ritenere è pura supposizione.
 
Non solo, ma con il medesimo assunto possiamo ritenere che siccome in Matteo 10:2 Pietro è nominato per primo (anche in senso letterale, “I nomi dei dodici apostoli sono questi: il primo, Simone detto Pietro…), egli era considerato il CAPO degli apostoli. E a questo punto chi ci vieta di ritenerlo il primo papa?
 
E’ un falso assunto non contemplato nell’esegesi biblica!
 
3R2) Febe diakonos di Cencrea, cioè servente di Cencrea, relativo ad un servizio.  
Il termine non implica una funzione ministeriale come l’insegnamento, seppur vi è connesso l’annuncio dell’Evangelo a chi l’Evangelo non lo conosce, ma quest’ultimo è valido per tutti, senza distinzione, “andate e predicate l’evangelo” disse Gesù.  
 
Il diacono non è il sorvegliante della chiesa, non ha la presidenza (1 Ti.5:17), non necessita di dare insegnamenti, non è scritto che un diacono dovrà essere "capace di insegnare". L'insegnamento è uno dei compiti specifici degli anziani, infatti vi è differenza tra “Presbyteros/Episkopos/Poimen” e “Diakonos”, come si evince dai requisiti richiesti per entrambi in 1Ti.3:1-13.  
 
Piuttosto invece, il termine sottolinea lo stato servile, il diakonos era proprio il servo che assiste, l’assistente, colui che serve, cui senso originariamente è “servire a mensa” (diakonein).
 
Infatti proprio dal significato originario del termine, il diacono era colui che attende a compiti di mensa e poi genericamente al servizio altrui, quindi amministrativi connessi ad attività caritatevoli (cfr.Gv.2:5, 9; Mc.9:35; Mt.22:13; 23:11).
 
In Atti 6:1-3 c’è un chiaro esempio del senso primario di diakonia, l’assistenza quotidiana (diakonia) e il servire alle mense (diakonein).
 
Ora, su quale fosse il “servizio/diaconato” di Febe, il verso successivo (Romani 16:2) insito nel parallelo “le prestiate assistenza” poiché “ella pure ha prestato assistenza a molti e anche a me”, conferma che si trattasse di un servizio di assistenza, incaricata dell’assistenza, quali per esempio poteva essere, opere di carità, cura di malati, sostegno a forestieri e bisognosi, etc.;  
 
Infatti, e qui rispondo anche alla pastora:
 
Il termine prostatis, soccorritrice, protettrice, già in origine designava una donna che esercita la protezione giuridica a favore di forestieri e liberti (KEK, ThWNT VI 703, BHH III 1463, ZNW 65, 250-252).  
 
Letto come giustamente bisogna fare, in connessione (quindi contestualmente al brano stesso) con il verbo paristemi, che tra le varie accezioni prodotte da Andrea ha il significato di assistere, aiutare come in 2 Ti.4:17, sarà più chiaro il parallelo:
 
traduzione: “prestiatele assistenza perché lei anche è stata soccorritrice per molti” (aute paristemi gar aute kai egenethe prostatis pollon).  
 
E in tal senso è caratteristica dei membri dell’intera chiesa. Infatti, come per i “collaboratori”, generalmente, tutti i servi di Cristo possono essere chiamati diaconi/servitori (cfr. Gv.12:26), anche se tecnicamente viene applicato a coloro che svolgono un servizio.
 
Poi, è naturale che una pastora quando si tratta di assecondare la propria volontà, usi per certi brani la CEI, a discapito di altre Bibbie (KJV, NIV, NET, NASB, NLT, MSG, BBE, NKJV, ASV, Darby, Wycliffe, etc.). Anche Lutero in questo brano, dal punto di vista traduttivo, avrebbe dissentito.
 
Affermare pertanto, che Febe era diakonos e per questo abbia diretto una comunità domestica, non è biblico né dal punto di vista contestuale né dal punto di vista filologico.
 
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Re: 1 TIMOTEO 2,11
« Rispondi #55 Data del Post: 02.12.2011 alle ore 16:16:46 »

4) particolarmente importante e' la figura di andronico e giunia( donna che il mondo occidentale latino dei "primi 2 -3 secoli ha trasformato nel maschile giunias) paolo li definisce apostoli come lui!!!! in greco apostolo al femminile non esiste!!!  
 
4R1) Innanzitutto bisogna sottolineare che dalla formulazione, dal contesto, nonché dalla chiusa dell’epistola, non è lecito esegeticamente parlando, trarre argomento per una discussione di fondo sul genere e ampiezza dell’apostolato protocristiano. Il brano non ha un valore autonomo in questo contesto.
 
4R2) Giunia, donna o uomo? Poco importerebbe dal punto di vista esegetico.  
 
Infatti, una buona regola ermeneutica è interpretare un brano oscuro alla luce di quelli chiari!
 
Proseguendo, innanzitutto Giunia è la traslitterazione del greco Iounian, dove l’unica differenza per distinguere il nome femminile da quello maschile, potrebbe (condizionale, vedi sotto), essere la posizione dell’accento. Femminile se reso Iounìan, maschile se reso Iouniàn.
 
Le ipotesi restano, anche perché secondo la grammatica greca il nome può essere reso sia al maschile che al femminile. Gli studiosi si dividono, farne un elenco, è inutile dal punto di vista del nostro soggetto che nulla toglie o aggiunge.
Solo qualche es. in contrapposizione a quelli già fatti, visto che sembra che solo <<Sergio e qualcun altro>> la pensano in altro modo.  
 
I codici maggiori come Vaticano, Alessandrino e Sinaitico (quest’ultimo consultabile anche online), cioè quelli che formano il Nuovo Testamento per la quasi totalità, hanno Iouniàn, cui nota presuppone una contrazione al maschile.
 
Il biblista C. Marucci,  (Influssi latini sul greco del Nuovo Testamento, in Filologia Neotestamentaria 6 (1993), 3-30, alla pag.17 nota 77), ritiene che la forma maschile sia la più probabile.  
 
Per il prof. Rengstorf (in GLNT vol.1, col. 1130-1131) Giunia e Andronico sono i collaboratori e compatrioti di Paolo, ergo saliah maschi.
 
Il lessico di Louw-Nida, e il vocabolario Ulrik Petersen, hanno l’accento circonflesso sull’alfa.
 
Ma è altrettanto vero (benedetta onestà) che ci sono in greco nomi femminili contratti con accento circonflesso sulla “à”. Per cui si ritorna al punto di partenza.  
 
Filologicamente entrambe le letture sono possibili.
 
4R3) Oltretutto, apostolo significa letteralmente uno mandato, inviato, cui compito era insediare nella casa/chiesa uomini il cui fine è la predicazione del Vangelo. Un apostolos, è un missionario fondatore.
 
Ora, una cosa è essere apostolo altra cosa è l’insegnamento connesso al ministero pastorale (perché di questo stiamo parlando).
 
Preso atto delle considerazioni in 4R1 e 4R2.
 
Se proprio si vuole ricercare un’evidenza, quale migliore di quella interna? cioè nella Scrittura stessa?  
 
E’ qui che notiamo che tutti gli apostoli chiamati per nome, menzionati nel Nuovo Testamento sono maschi. L’eccezione per l’appunto, sarebbe (!?) Giunia, se questa viene considerata come nome femminile.  Eccezione ripeto, che non contrasta la discriminante paolina in 1Ti.2:12; 1Co.14:34 che vuole la donna non dedita all’insegnamento in pubblica assemblea.
 
5) in filippesi 4,2 donne come evodia e sintiche sono messe sullo stesso piano di paolo e degli altri collaboratori maschi;  
 
5R) Si, un piano fatto di annuncio della buona notizia a chi l’evangelo non lo conosce, un piano fatto di lotta e fatica per l’avanzamento del regno, un piano fatto di sostegno morale e pratico, … etc. Ma non di conduzione e d’insegnamento all’interno di una pubblica assemblea.
 
6) prisca viene spesso menzionata prima del marito;  
 
6R) Idem, vedi risposta 3R2.
 
Qui poi si potrebbe obiettare che mentre Prisca viene menzionata prima del marito in relazione all’insegnamento che entrambi diedero ad Apollo (non in pubblica assemblea, ma a tu per tu, vedi “premessa 1”), al contrario invece, viene menzionata dopo il marito in relazione alla chiesa che è in casa loro (1Co.16:19).  
 
Sono entrambi falsi assunti.
 
7) tecla di iconio (venerata dalla chiesa ortodossa come isoapostola, quindi al pari degli apostoli) e citata nell'apocrifo (atti di paolo) e' stata causa di discussione tra tertulliano(de bapt. 17) e l'importante comunita' cristiana di alessandria in questi ultimi rivendicavano la possibilita' per le donne di predicare e battezzare.  
 
7R) Per ultimo (la perla!), rasentiamo il fondo della “pseudo-catto-esegesi”.
 
Tecla venerata e citata nell’apocrifo “Atti di Paolo e Tecla” nonché dibattuta da l’eretico (per la CCR) Tertulliano e l’importante(?) comunità cristiana di Alessandria.  
 
Ci tocca fare esegesi sull’apocrifo Atti di Paolo e Tecla (sic!).  
 
Tertulliano nel De Baptismo adversus Quintillam (17,5) riferisce che il testo fu scritto da un anonimo presbitero d'Asia, che, scoperta la sua frode, si giustificò dicendo che fu spinto da devozione nei confronti di Paolo.  
 
Testo che pone molta enfasi sulla castità verginale connessa alla risurrezione. Un breve saggio per chi vuole farsi un’idea:
 
Al cap.1:2ss. vi è detto che un uomo di nome Onesiforo avendo udito che Paolo si avvicinava ad Iconio uscì in strada ad osservare tutti i passanti perché non lo conosceva, dice il testo non lo conosceva <<fisicamente>> ma solo <<spiritualmente>> (?), quindi segue la descrizione di Paolo:  
 
<<era un uomo di bassa statura, la testa calva, le gambe arcuate, il corpo vigoroso, le sopracciglia congiunte, il naso alquanto sporgente, pieno di amabilità; a volte infatti aveva le sembianze di un uomo, a volte l'aspetto di un angelo>>;
 
fa seguito le cosiddette beatitudini nella versione di “Paolo1.0”, in cui si pone enfasi sulla continenza (il testo parla anche della vergine Tecla):
 
Beati quelli che custodiscono casta la carne, poiché essi diverranno tempio di Dio.  
Beati i continenti, perché Dio si intratterrà con essi.
Beati coloro che hanno la moglie come se non l'avessero, poiché essi erediteranno Dio.  
Beati i corpi delle vergini, poiché essi saranno graditi a Dio e non perderanno la ricompensa della loro castità: la parola del Padre sarà infatti per essi opera di salvezza nel giorno del suo Figlio ed avranno riposo nei secoli dei secoli
.  
 
Nel frattempo il promesso sposo di questa Tecla, un tal Tamiri vedendo che la sua futura sposa fu attratta dai discorsi di Paolo sulla continenza, s’informò da certi Demas ed Ermogene che intanto stavano litigando per strada, la quale riferirono su Paolo, che pur non conoscendolo:  
<<allontana i giovani dalle donne e le vergini dagli uomini, dicendo: "Se non vi conserverete puri e lungi dal contaminare la vostra carne, se non la manterrete casta, non vi sarà per voi alcuna risurrezione>>.
 
Paolo portato poi davanti al governatore, da questo Tamiri (futuro sposo di Tecla), disse: <<Poiché oggi debbo rendere ragione di ciò che insegno, ascolta, governatore! Dio [ …] mi ha mandato affinché io li strappi dalla perdizione e dalla contaminazione, dal piacere e dalla morte, affinché più non pecchino>>;
 
quindi segue tutta una serie abbastanza lunga di vicissitudini di questa Tecla, a seguito di Paolo, che varia anche a seconda delle versioni, e che stranamente l’apostolo non cita mai, neanche per i saluti, nelle sue epistole. Eppure ne fa dei nomi!
 
In una delle quali si getta in una vasca di squali gridando: (mi si permetta di aggettivare “ridicolamente”)  <<E’ l’ora di fare il bagno!>>, impartendosi da sola il battesimo, mentre una nube di fuoco l’avvolge e risparmia la sua nudità agli occhi degli astanti e dai denti degli squali.  
 
Lascio a chi legge i commenti!
 
Ma una cosa mi chiedo, cosa c’è di biblico in tutto questo?
 
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Re: 1 TIMOTEO 2,11
« Rispondi #56 Data del Post: 02.12.2011 alle ore 16:20:22 »

Ulteriori classiche riproposizioni
 
a) Questione Miriam, Debora e Hulda. E aggiungiamo la moglie di Isaia (Is.8:3).
 
Bisogna stare attenti quando facciamo riferimento a brani veterotestamentari per non trovarci poi con ministeri collegati al sacerdozio levitico. L’ebraismo non contemplava sacerdotesse nel Tempio, né c’erano rabbine nel giudaismo.
Oltretutto dilaga la confusione, prima si dice che << Le lettere pastorali sono lettere influenzate dal modello di famiglia patriarcale … Governare significava in questo caso riprodurre i rapporti gerarchici che vigevano nella societa’ di allora>> poi si cita Miriam che svolge funzioni di guida. Per la serie me la canto e me la suono da solo.
 
b) Questione Gioele 2:28 ripreso da Pietro 2:17, abbiamo già detto nella “premessa 1” che la donna può pregare e profetizzare (1Co.11:5; 1Co.14:1-5), anche le figlie di Filippo profetizzavano (At.21:9). Insegnare non equivale a pregare e profetizzare, essendo il primo un compito specifico e funzionale con determinate caratteristiche.
 
c) Questione Efesini 4:11
Abbiamo 4 sostantivi maschili con 4 articoli maschili.  
Il soggetto è il fondamento e l’edificazione della Chiesa (Ef.2:20; 3:5; con 4:12). E’ scritto che il Signore Gesù Cristo ha dato “alcuni” (non tutti).
 
Questi sono stati dati alla chiesa per un fine, dice “per il perfezionamento dei santi, in vista dell’opera di servizio e dell’edificazione del corpo di Cristo …”.  
 
Il significato è che grazie a questi doni (i ministeri sostantivati maschili) che il Signore ha dato, tutta la chiesa, per mezzo di uomini di cui Dio chiama al ministero,  
si perfeziona, si edifica, cresce nella fede e nella conoscenza del Figlio di Dio, non più frodata … E alla statura di uomini fatti, cresce in ogni cosa verso Colui che è il capo, Cristo (vs.12-15).
 
E da Lui (vs.16) che,  
  • nella grazia data “a ciascuno di noi” (vs.7)  
  • nel dono dato ad “alcuni” (vs.11), uomini chiamati al ministero

la Chiesa unita mediante l’aiuto di tutte le giunture, trae lo sviluppo nella misura del vigore di ogni singola parte.  
Dove il lavoro che fa ogni singola giuntura non è l’esercizio del dono, che è dato ad “alcuni” dice Paolo, in quanto NON tutti sono chiamati a determinati ministeri,  
 
al riguardo è stato detto: <<può un generale o un colonnello non svolgere il ruolo di un caporale o di un sergente??>>
 
Risponde Paolo:
 
“Sono forse tutti apostoli? Sono forse tutti profeti? Sono forse tutti dottori?” (1Co.12:29).  
 
Tornando al testo, ciò nonostante “ciascuno di noi” (vs.7), “le giunture” (vs.16), ossia ogni credente, ha ricevuto la grazia utile a tenere unito tutto il corpo, che dal Capo trae sviluppo.  
 
d) Questione sacerdozio universale
 
E’ vero, tutti credenti e senza distinzione formano una casa spirituale, un sacerdozio santo e regale, un popolo che Dio si è acquistato (1Pi.2:5-9), è lo stesso discorso che si ripropone ogni volta come il brano di Galati 3 (non c’è qui né Giudeo né Greco …), ma non si riesce o non si vuole comprendere che Dio ha stabilito da sempre, sin da Genesi e così via, dei ruoli, sia nella Chiesa che nel mondo, e non vanno confusi con il fatto che siamo tutti uguali davanti a Dio, riscattati col sangue di Gesù Cristo (gloria a Dio per questo).
 
Per es. una segretaria sarà sempre subordinata alla sua direzione, il che non significa essere inferiori come umani, ma semplicemente avere ruoli differenti nella società.
E ripeto, dove differenti non significa inferiore o superiore. Allo stesso modo anche nella sfera di alcuni ministeri di cui Dio ha stabilito. Come abbiamo visto sopra, l’apostolo Paolo chiama in causa Dio e la Sua Parola.
 
Ritornando al sacerdozio universale e alla continua confusione che si fa con i termini biblici, nonché un altro esempio di come si abusa del testo biblico.
 
Facciamo un esempio, in Esodo 19:5-6 “Dunque, se ubbidite davvero alla mia voce e osservate il mio patto, sarete fra tutti i popoli il mio tesoro particolare; poiché tutta la terra è mia; e mi sarete un regno di sacerdoti, una nazione santa (cfr anche Is.61:6).  
 
Vien detto che tutti gli israeliti che osservano il patto sono una nazione santa, e un regno di sacerdoti. Eppure sappiamo che non tutti che aderivano al patto erano sacerdoti nella sua funzione, come non tutti erano adibiti al servizio dei leviti, etc.  
In realtà bisogna comprendere che Dio chiamava Israele ad aderire ai Suoi comandamenti (il patto), per essere una nazione appartata per Lui.
 
Così nel nuovo patto, i credenti attraverso Gesù il Sommo Sacerdote, che li ha riscattati e appartati, possono accostarsi a Dio ed offrire come sacerdozio santo e regale, sacrifici spirituali (non più rituali). Il che non significa che le donne sono adibite ad un ruolo sacerdotale/pastorale, così come non lo era nell’Antico Testamento.
 
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Re: 1 TIMOTEO 2,11
« Rispondi #57 Data del Post: 02.12.2011 alle ore 16:22:21 »

e) Insegnare non è evangelizzare, né profetizzare (breve excursus in Paolo).
 
Innanzitutto, se Paolo avrebbe inteso che insegnare significa profetizzare, o evangelizzare, si avrebbe sicuramente contraddetto aggravando così la Parola di Dio.
 
e1) Euangelizo significa annunciare, euangelistes è l’annunciatore, ebr. mebasser, l’araldo della buona notizia (cfr. Is.40:9; 52:7).
 
Si riferisce all’attività di predicazione come annuncio della Buona notizia, a chi la Buona notizia non la conosce. Sebbene questo non preclude inizialmente il suo annuncio in ekklesia, fatto naturale e logico in ambienti dove le neo-conversioni erano all’ordine del giorno, e dove le chiese erano per lo più in casa, esso però, indica particolarmente un annuncio a chi l’Evangelo non lo conosce, cui attività per questo li portava da un luogo ad un altro (At.14:7: 15:21 qui in parallelo con l’A.T.; 16:10; 1Co.15:1-2; 2Co.2:12; 8:18; Fil.4:15Occhiolino.
Il fatto stesso che inizialmente la divulgazione kerygmatica avveniva per i motivi di sopra anche nelle case/chiese, non preclude poi che dopo l’annuncio c’era chi preposto all’insegnamento esponeva la dottrina in maniera più approfondita e soprattutto sistematicamente, mentre il compito dell’evangelista mirava altri luoghi.
 
Interessante al riguardo è la nota storica di Eusebio riguardo gli evangelisti della prima successione degli apostoli dice: <<inviati lontano dalla patria, adempirono alla loro missione di evangelisti, bramando di annunciare la parola della fede a coloro che non l’avevano ancora ascoltata e di consegnare loro lo scritto dei divini Vangeli. Essi, dopo aver posto le basi della fede in alcuni territori stranieri e designato altri pastori, sotto cui la cura mettevano quanti si erano da poco convertiti a Cristo, partivano poi di nuovo per altre terre e altri popoli>> (Eus. Hist. Ecc. III, 37).
 
Sotto quest’aspetto, come da termine, tutti i credenti devono annunciare la buona notizia dell’Evangelo, alcuni però sono chiamati e dotati ad insegnare in maniera approfondita ciò che è stato annunciato, come dimostrano i già citati ministeri di Ef.4:11.  
 
e2) La profeteuo in Paolo designa il carisma di profezia (Ro.12:6; 1Co.13:2,8,9), cioè l’attività del profetes (profeta/proclamatore), cui scopo è l’edificazione, l’esortazione, l’incoraggiamento, la consolazione (1Co.14:3,31), “Chi profetizza, invece, parla agli uomini un linguaggio di edificazione, di esortazione e di consolazione”. Esso è impersonale (a differenza dei ministeri che sono personali, cioè chiamati ad esercitare una funzione), relativo all’esercizio di un parlare estemporaneo sotto l’impulso dello Spirito, dove i contenuti non sono assoluti, né normativi, né da aggiungere alle Scritture, “Anche i profeti parlino in due o tre e gli altri giudichino” (1Co.14:29).
 
e3) L’insegnamento intorno alla Parola di Dio non è un’attività che nasce di punto in bianco o che trova origine dal N.T., ma è una prassi che le prime comunità cristiane si portano dall’ebraismo (fatto naturale in comunità inizialmente formate per lo più da ebrei), anche se nel tempo, per vari ed ovvi motivi, la forma va a cambiare.
Inizialmente se ne occuparono i sacerdoti, poi divenne una funzione sempre più specialistica che premetteva competenza, autorità e riconoscimento, quindi passò come attività degli scribi e dottori della legge. Alle donne non era permesso di leggere e d’insegnare le Scritture pubblicamente come dimostrano anche le decisioni rabbiniche nel Talmud (Meg.23a; Tos.Meg. 3:11).  
Nel N.T. il termine didasko ha sempre il senso di insegnare, ammaestrare, istruire, la didaskein è l’ammaestramento, l’insegnamento, la dottrina, il sostantivo didaskalos indica il maestro, l’insegnante, che corrisponde al titolo di rabbi usato nel giudaismo per coloro che sono ordinati per questo compito (con l’articolo indica il Maestro per eccellenza), cui l’attività è istruire gli allievi nella Parola di Dio in forma sistematica.  
 
in Paolo indica l’insegnamento nella comunità (Col.2:7; 2Te.2:15; 1Ti.2:12; 1Co.14:6,26; Ro.12:7), in senso specifico il sostantivo maschile indica l’ufficio di maestro/insegnante/dottore (Ef.4:11; 1Co.12:28), come anche in Atti 13:1 o come in Giacomo 3:1. Egli stesso era insegnante dei gentili (1Ti.2:7; 2Ti.1:11).
Nelle pastorali poi, l’uso del verbo corrisponde l’attività del conduttore nell’ekklesia (1Ti.4:11; 6:2; 2Ti.2:2), che doveva essere capace per questa funzione (1Ti.3:2), e vegliare o meglio sorvegliare (episkopos) responsabilmente l’insegnamento stesso (1Ti.4:16).  
L’insegnante, rispetto al profeta che poteva essere esaminato e giudicato nel suo proclama (1Co.14:29; 1Te.5:20-22), poteva oltre ad insegnare, giudicare, riprendere, correggere i dissidenti, convincere … (2Ti.2:2; 24-26; 3:10-17; Tt.1:9)
 
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Re: 1 TIMOTEO 2,11
« Rispondi #58 Data del Post: 02.12.2011 alle ore 16:25:47 »

Infine, sulla scia del pensiero-parodia di Lutero postato in un precedente post.
 
Permettetemi rispettosamente, un’altrettanto riproposizione farsesca (in corsivo) di alcune tappe bibliche, ... e chissà, laddove non arriva la Scrittura …
 
SE il cristianesimo non fosse nato in seno all’ebraismo all’interno della cultura biblica, probabilmente ci sarebbero state sacerdotesse, levitesse, rabbine, farisee, zelote, sadducee, scribe.  
 
Gesù non avrebbe avuto problema ad eleggere (a pari trattamento) 6 apostoli maschi e 6 donne.
 
Al posto di Giuditta (la traditrice) magari avrebbero presentato Giuseppa detta Pina e Mattea (At.1:23).
 
In Atti 6:1-6 avrebbero eletto uomini e donne, non so Stefania (prima martire della fede), Filippa, Nicolina.
 
Paolo sarebbe potuto essere Paola.
 
Erode Agrippa avrebbe fatto uccidere Giacoma sorella di Giovanna (At.12:2).
 
In Atti 13:1-2, mentre celebravano il culto al Signore nella chiesa ad Antiochia dove c’erano profeti e dottoresse, lo Spirito Santo, senza discriminare nessuno, magari avrebbe messo da parte con Paola la sorella Barbara per l’opera alla quale li chiamava, e con lei nell’annuncio dell’Evangelo avrebbe stabilito delle anziane a Derba, a Listra, a Iconio, e ad Antiochia (At.14:20-23).
 
Di lì, Paola e Barbara sarebbero saliti a Gerusalemme dalle anziane per la Conferenza, dove presedeva l’altra Giacoma sorella del Signore (At.15).
 
Con Silvana poi, Paola sarebbe stata chiusa in prigione, e con Timotea avrebbe scritto alle vescove di Filippi (1:1). Dalla chiesa di Efeso avrebbe fatto chiamare le anziane (At.20:17), ricordando che lo Spirito Santo li ha costituiti vescove per pascere la Chiesa di Dio (At.20:28),
e infine avrebbe poi comunicato alla sorella Timotea i requisiti necessari per aspirare ad una attività lodevole, cioè la vescova o la presbitera o la pastora,  questa sia irreprensibile, moglie di un solo marito … (1Ti.3:2ss.) e alla sorella Tita avrebbe comunicato di costituire delle anziane in ogni città (Tt.1:5).
Lo stesso Pietro avrebbe esortato le anziane a pascere il gregge di Dio (1Pt.5:1-2).  
 
Giacomo in caso di qualche infermità avrebbe detto di chiamare le anziane della chiesa per l’unzione dell’olio (Gm.5:14).
 
Ma, siccome non basta:
 
allora si tolgono i versi 34-35 del capitolo 14 di 1 Corinzi perché sono aggiunte postume,  
poi siccome non possiamo fare lo stesso con la 1 Timoteo, affermiamo che i versi 11-14 sono versi <<transitori>>, di <<passaggio>>, relativo a <<quel contesto e quella situazione>>,    
ma solo questi 4 versi, perché poi è buono che ricordiamo che i credenti devono essere “generosi nel donare, pronti a dare …” (1Ti.6:18),
 
e a chi ci fa notare però i requisiti di chi aspira all’incarico di vescovo che si trovano in 1 Timoteo 3 e Tito 1, rispondiamo che <<le lettere pastorali>> (1 e 2 Timoteo e Tito, ben 3 lettere), sono <<lettere influenzate dal modello di famiglia patriarcale dell’epoca>>, diciamo anche che <<Governare significava in questo caso riprodurre i rapporti gerarchici che vigevano nella societa’ di allora>>.  
 
Si erano lettere influenzate, ma non nel senso che avevano la febbre.
 
Però siccome qualcuno potrebbe farci presente di non considerare con il medesimo assunto che Giunia è un apostolo donna, allora sottolineiamo che Atti non è <<influenzata dal modello di famiglia patriarcale dell’epoca>>, e che Mosè era l’emancipatore dell’Antico Testamento, che ha messo alla guida la sorella dimostrando di rifiutare l’ottica del pastore <<pater familias>>.
 
E se ci dicono che Efesini 4:11 ha articoli e sostantivi maschili, diciamo che valeva tanto per i maschietti che per le femminucce, e sempre nel caso che ci fanno presente che alcuni sostantivi femminili così come gli articoli c’erano (profêtis, presbutis), rispondiamo che lo scrittore ha in mente sia uomini che donne, però solo per gli efesini lo aveva in mente, perché quando scrive a Tito distingue tra “anziani” ed “anziane”.  
 
E’ già bisogna solo saper distinguere!
 
E male che va, ma proprio quando ci troveremo in difficoltà …
 
possiamo sempre dire che ci troviamo di fronte a un <<dogma che cozza con l’interpretazione totale delle scritture>>.
 
Tutto questo però, … SE il cristianesimo non fosse nato in seno all’ebraismo all’interno della cultura e teologia biblica.
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Re: 1 TIMOTEO 2,11
« Rispondi #59 Data del Post: 02.12.2011 alle ore 16:26:55 »

Esposte abbondantemente le posizioni sia dal punto di vista esegetico che filologico, come detto precedentemente chiudiamo qui.
 
Buon forum.
 
Edit: La discussione pur restando chiusa può ritenersi aperta solo per nuovi contributi che mi saranno mandati in mp, la quale saranno moderati di volta in volta, e aggiunti con eventuale risposta.
« Ultima modifica: 07.08.2014 alle ore 22:58:47 by Asaf » Loggato

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