Alla fine ha dovuto cedere: il ministro Rocco Buttiglione, candidato dal governo italiano a commissario europeo, si è ritirato di fronte al fuoco incrociato di polemiche provenienti dal parlamento europeo per le sue convinzioni (cristiane) sull’omosessualità. «L’omosessualità può essere considerata un peccato», aveva affermato: un’esternazione considerata inconcepibile dalla maggioranza degli europarlamentari.
Si tratta di quegli stessi europarlamentari da sempre convinti che non si possa vietare un’opinione a un cittadino qualsiasi; quella parte politica che a parole risulta la massima garante dei diritti dell’individuo, e che per decenni ha marciato dietro la bandiera del “non sono d’accordo con te, ma farò di tutto affinché ti sia permesso di dirlo”. Evidentemente, però, alcune opinioni sono meno uguali di altre.
La questione assume margini più sorprendenti se si osserva che ogni giorno, sui siti ufficiali degli omosessuali italiani, si incontra qualche filippica nei confronti dei cristiani: quei cristiani, per intenderci, che vengono definiti a seconda dell’occasione “integralisti”, “fondamentalisti”, quei cristiani i cui predicatori “abbaiano”, e tra i quali vengono annoverati in particolare gli evangelici “nati di nuovo”, colpevoli di dare una lettura della Bibbia troppo poco permissiva e remissiva. Però, in una sorta di par condicio a senso unico, nessuno (nemmeno un rappresentante del popolo italiano) può replicare senza venir tacciato di razzismo, classismo, e chissà cos’altro ancora.
Evidentemente i cristiani danno fastidio. E molto, se è vero che, in una società occidentale aperta anche alle opinioni più stravaganti, solo ai cristiani viene riservata questa censura morale.
Ma, si badi, non danno fastidio la nostra posizione, la nostra convizione, le nostre idee, il nostro attivismo. Danno fastidio le nostre certezze. Viviamo in una società che, per essere libera da ogni limitazione, ha bruciato il suo passato, i suoi principi, i suoi valori, finanche i suoi pensieri e la sua coerenza: una società che si ubriaca di superficialità e di buonismo per non sentire i morsi del dubbio. In questo contesto dà indubbiamente fastidio che qualcuno affermi di sapere con certezza chi è, perché vive, dove sta andando, cosa è giusto e cosa no.
Se qualcuno propone le sue risposte come verosimili, è accettabile; le certezze incrollabili, invece, rischiano di compromettere la stabilità dello scenario in cartapesta che la società di oggi ha creato attorno a sé. Per questo parlare di certezze è inaccettabile. Inaccettabile come le verità senza appello del Vangelo.