Dammi tre parole

By 21 Giugno 2005Editoriali

Quello che racconteremo non è un esperimento; non ha quindi evidenze né basi scientifiche. È semplicemente un’esperienza, che però merita un cenno e qualche riflessione.

Negli ultimi anni si è visto un proliferare di adesivi con slogan, gadget ittici di tutti i tipi, magliette con messaggi più o meno accattivanti, per non parlare dei volantini che ci ostiniamo a considerare lo strumento di evangelizzazione per eccellenza. Invece, spesso, per comunicare l’evangelo basta molto meno di quel che pensiamo. Qualcosa di ovvio, ma talmente banale che noi, novelle Marta del Duemila, difficilmente inseriamo nella nostra personale classifica degli strumenti più efficaci per comunicare l’evangelo. Per esempio, una semplice copia della Bibbia.

È tipica di chi viaggia per lavoro la tendenza a mimetizzarsi. Di solito lo spostamento comporta una perdita di tempo e, in particolare nelle ore passate in treno, la tendenza di chi di tempo ne ha poco è quella di ottimizzarlo. Lavorare, leggere o dormire, purché non sia tempo sprecato. Anche perché, per chi non ha un particolare dono di evangelista, i discorsi che si intavolano con i vicini di posto finiscono inevitabilmente per diventare banali se mancano spunti efficaci.

Ed è qui che, per una volta, fa la sua casuale comparsa quel semplice Libro. Nessun messaggio commovente, nessuno slogan, nessun volantino. Nemmeno un segnalibro a tema. Sulla copertina anonima una sola dicitura dorata: “La Sacra Bibbia”. Un messaggio talmente semplice da sembrare scontato, e che invece è stato in grado di attirare un’attenzione sorprendente.

Prima scena. Un ragazzo chiacchiera con i vicini del più e del meno alternando il dialogo alla lettura di un testo economico smilzo ma impegnativo; ogni tanto lancia qualche occhiata di straforo al libro del suo vicino di posto, fino a quando arriva la domanda: «Scusi, è una Bibbia?». Emerge così che sì, in effetti la Bibbia lo attira, e che proprio per questo ha acquistato di recente una versione proposta da un quotidiano.

Seconda scena. Una ragazza che divide il suo viaggio tra dialoghi con i compagni di viaggio e telefonate, osserva interessata il volume; la conversazione che segue – breve quanto la durata del viaggio – porta a scoprire che «mi sono messa varie volte d’impegno per leggere la Bibbia, ma non riesco mai a finirla…»: e non per disinteresse, ma solo per un problema di dimensioni dei caratteri tipografici, che rendono ardua la lettura.

Terza scena. Altro treno, altro viaggio. Una vicina di posto fissa con discrezione – ma anche con insistita attenzione – il testo che scorre sotto gli occhi del suo vicino di posto. Quando la Bibbia viene chiusa, per una volta con la copertina in vista, cerca uno sguardo per avere l’occasione di chiedere: «Contiene sia l’Antico che il Nuovo Testamento?». Alla risposta affermativa e alla proposta di dare un’occhiata, accetta con entusiasmo e comincia a scorrere con competenza indici, note, introduzioni, allegati. Poi, restituendola, intavola un interessante discorso rivelando di aver letto per ben due volte le Sacre Scritture, e di aver confrontato il tutto con testi apocrifi e con altre dottrine, tra cui quelle orientali “storiche”. Interessata, ascolta le obiezioni sull’importanza di non ridurre il confronto a una disamina delle posizioni religiose, ma a considerare l’essenzialità del concetto di relazione personale con Dio, messaggio che caratterizza il cristianesimo e pervade tutta la Bibbia. Quando se ne va, ringrazia sinceramente.

Il viaggio finisce. Una semplice Bibbia, tre contatti spontanei, non cercati da chi stava leggendo. Non si è trattato di un esperimento, dicevamo, per cui la statistica manca di valenza scientifica. Ma ce n’è abbastanza per rendersi conto di quanto le persone che incontriamo abbiano fame. Fame di quei valori che non si trovano più nella società. Fame di quegli assoluti (bene/male, giusto/sbagliato) che ormai nemmeno si osa nominare. Fame di quella profondità che nessun altro testo letterario o filosofico può vantare. Fame di quelle certezze che nessuna religione è in grado di offrire. Fame di quella speranza che le ideologie hanno saputo soltanto promettere. Fame di quei punti fermi che gli afflati possibilisti e politicamente corretti degli ultimi decenni hanno minato. Fame di quella vita che ormai risulta sempre più disperatamente senza senso.

In sintesi, fame di quel messaggio che è semplice, tanto quanto noi siamo in grado di complicarlo.

Certo, per comunicare il messaggio adattandolo alle circostanze sono necessarie intelligenza, sensibilità e fede. Per cominciare invece possono bastare tre parole: La Sacra Bibbia.

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