
«Addio Enzo Biagi, maestro di giornalismo»; «È morto Enzo Biagi, “voce di libertà”»: sono i titoli che Repubblica e Corriere hanno scelto sui loro siti per salutare il decano dei giornalisti, deceduto serenamente stamattina nella clinica dove era ricoverato da diversi giorni. La sua situazione di salute, a 87 anni e con numerosi acciacchi, erano critiche, anche se – a detta delle figlie Carla e Bice – continuava a essere lucidissimo.
Pochi ormai se lo ricordano inviato della Stampa, molto più noto il suo ruolo televisivo, che gli ha portato più di qualche grattacapo negli ultimi anni; il suo stile posato, il suo immenso archivio di ricordi e di esperienze ne ha fatto un testimone del nostro tempo, che ha raccontato con competenza di sessant’anni di storia partendo da storie semplici e affidandosi a piccole vicende e aneddoti.
Ma Biagi ha parlato, e spesso, anche di fede. Da quanto emergeva dalle interviste e dai suoi commenti, aveva un rapporto profondo e disincantato nei confronti della spiritualità.
In una intervista pubblicata nel libro “Quel che resta di Cristo dopo duemila anni” di Edgarda Ferri, Biagi parla di Gesù Cristo come di «un personaggio insuperato, di grande attualità. Specialmente in tempi bui come i nostri, quando basterebbe un cerino per illuminarci. Lui, comunque è ben più di un cerino. È anche più di una torcia, più di un falò. Quello che ci ha insegnato è ancora insuperato: non c’è nessuno che sia andato oltre alle sue parole».
Era molto colpito, Biagi, dal suo messaggio, anche sul piano sociale: «Gesù Cristo – disse nell’occasione – ha insegnato cose grandi, grandissime. Fra tutte, secondo me, il principio della carità e della giustizia si mette al massimo grado dell’insegnamento della sua dottrina. “Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te”». Era colpito dal messaggio di carità, umiltà, amore, della giustizia nella responsabilità: «C’è un’enorme, totale assuefazione all’ingiustizia e alla colpa: tanto da arrivare a pensare che, quando tutti sono colpevoli, alla fine sono tutti innocenti. Ma è troppo comodo. Questo, significa tradire il Cristo che predicava la giustizia e la responsabilità. Noi ci assolviamo da tutto perché tutti abbiamo trasgredito». Ed era affascinato dalla continuità del vangelo: «Dopo duemila anni di confusione, disattenzione, ingiustizia, mancanza di amore e di carità, il messaggio di Cristo è però ancora vivo».
L’intervista si concludeva con una frase significativa: «In casa mia, fra le mie carte, non tengo immagini di Cristo. Ma tengo il Vangelo. Nel vangelo c’è dentro qualcosa di più di quello che c’è negli altri libri. Inoltre è una lettura stupenda».
Biagi, da buon giornalista, si faceva molte domande, anche sui temi della vita e della fede. Nella serenità della sua dipartita ci permettiamo di sperare che abbia, finalmente, trovato La risposta.