Libertà cristiana

By 2 Febbraio 2007Editoriali

Si continua a parlare di libertà religiosa. Dopo il commento ottimistico del ministro Paolo Ferrero in relazione alla legge che il Parlamento sta discutendo, si registra la presa di posizione dell’Alleanza evangelica italiana, che esprime forti preoccupazioni a proposito del disegno di legge. Un parere, quello dell’AEI, che si mette dalla parte delle chiese “senza personalità giuridica”, che la nuova normativa relegherebbe in una sorta di serie B, con conseguenze negative in fatto di diritti.

Anche la legge attualmente in discussione si ritrova quindi di fronte al problema del riconoscimento delle realtà religiose minori: da un lato non possono essere ignorate, dall’altro sono difficili anche solo da censire per la loro frammentazione e diversità. Un nodo, insomma, difficile da sciogliere; l’altra faccia della deregulation confessionale che è croce e delizia del mondo evangelico.

Forse, a questo punto, bisognerebbe farsi qualche domanda. In Italia è invalsa da decenni la tendenza a dividere, frammentare, separare. Il contrario della “comunione fraterna” indicata dalla Bibbia, che pure tutti diciamo di leggere e di seguire.
La comunione – quando c’è – viene vista come un optional, un di più, un lusso, non come una realtà quotidiana, una priorità per chi si definisce cristiano. È una bottiglia di vino pregiato da gustare solo in occasioni speciali, non una bottiglia d’acqua da tenere a portata di mano per bere ogni volta che se ne ha l’occasione.

Quando le chiese sono divise e non comunicano, mancano le energie per qualsiasi iniziativa che travalichi la mediocrità. Ne parliamo spesso. Ma, a quanto pare, il problema non si limita solo all’aspetto operativo: come si vede in questi giorni, la polverizzazione delle chiese pregiudica anche il riconoscimento da parte della legge e delle autorità, che ovviamente non possono agire all’americana, ammettendo senza controlli ogni chiesa che si autoproclama tale. Non sarebbe utile, non sarebbe efficace, non sarebbe saggio.

Nella realtà democratica in cui viviamo esiste la libertà di aprire negozi, centri commerciali, scuole, palestre e, ovviamente, anche chiese. Grazie a Dio per questa libertà; come cristiani, però, dovremmo chiederci se la stiamo spendendo nel modo migliore. Di fronte a una realtà comunitaria indipendente, chiusa, scollegata da un contesto, non disposta ad allearsi o almeno a confrontarsi con altre, viene da chiedersi se soddisfi davvero la volontà di Dio, o non ci sia nella sua visione una punta di presunzione, settarismo, scarsa umiltà o eccessiva autoreferenzialità.

Forse è il caso di rivedere la nostra prospettiva, per una questione di testimonianza ma non solo: se vogliamo che la legge ci dia una mano, è il caso di darle a nostra volta una mano.

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