Passatempi musicali

By 29 Giugno 2007Editoriali

Si avvicina Christian Artists, il raduno annuale degli artisti cristiani italiani: cominciano a delinearsi calendario e seminari a disposizione dei partecipanti, insegnanti e realtà che aderiscono a questo importante momento di incontro tra musica, arte, fede e condivisione.

Quel che stupisce, al di là del lavoro sotterraneo degli organizzatori – che, sperabilmente, emergerà a breve -, è il silenzio degli utenti. Christian Artists è un momento di formazione, ma soprattutto un’occasione pressoché unica di incontro, in un contesto rilassato, per artisti cristiani: una categoria che spesso si lamenta di essere incompresa nelle chiese, bistrattata sul piano pratico, dileggiata sul piano dottrinale.

L’artista cristiano – sia esso musicista, pittore, sculture, designer o altro – si sente isolato rispetto a una realtà, quella cristiana tradizionale, che quasi mai riesce ad accogliere una figura così diversa, a metabolizzare un ruolo così particolare, a sfruttare al meglio un talento così scollegato dalle forme tradizionali di edificazione e di evangelizzazione. «L’unico modo in cui molte chiese riescono a concepire l’artista cristiano – segnalava non senza ironia Andrea Thomas, in una delle precedenti edizioni del raduno – è come autore dei volantini, o dei quadri a cui appiccicare sotto un versetto». È evidente che, se Dio ha dato dei talenti e vuole li si usi al suo servizio, bisogna trovare anche una formula per farlo: sotto questo aspetto Christian Artists è da anni una fucina di idee, di spunti, di stimoli sia per gli artisti, sia per le comunità.

In realtà pare che gli artisti, da parte loro, amino piangersi addosso: siamo soli, siamo incompresi, siamo sottoutilizzati. Christian Artists è un’occasione per fare gruppo, farsi coraggio a vicenda, intraprendere collaborazioni, informarsi, formarsi e ripartire carichi: eppure per la maggior parte degli artisti l’appuntamento quasi non esiste.

Sicuramente ci saranno coloro che in quei giorni (11-15 agosto, in Umbria) saranno impegnati in performance dal vivo, o lavoreranno, o avranno incarichi presso campi biblici. Se è così per tutte le centinaia di artisti cristiani, non potremmo non rallegrarcene: significherebbe la fine dell’isolamento, del sottoutilizzo, della solitudine. Eppure ogni anno, dopo aver saltato il raduno, le lamentele tornano le stesse, per tutti.

E allora c’è da chiedersi, seriamente, se il lamento dell’artista non sia solo una scusa, un paravento, un alibi. Perché se anno dopo anno e c’è sempre qualche ostacolo valido a impedire di partecipare – a maggio il lavoro secolare, a giugno gli esami propri o dei figli, ad agosto i campi biblici -, qualcosa non funziona. Se in qualsiasi stagione dell’anno esiste qualcosa di più importante, viene spontaneo chiedersi quale sia la priorità che l’artista o il musicista cristiano dà a questo suo impegno. Se sia una chiamata vera, e quindi degna del primo posto tra i propri interessi, tale da convincere a investire tempo, energie, impegno, studio, pratica, zelo. Oppure se si tratti di una delle tante attività cristiane del nostro carnet di credenti impegnati, tra una riflessione al culto e una lezione alla scuola domenicale, un volantinaggio e un incontro dei giovani.

Per essere artisti cristiani seri non serve avere a disposizione il tempo pieno: è necessario impegnarsi pienamente nel tempo a disposizione. Altrimenti diventa un dopolavoro qualsiasi, e parole come “ministero” suonano ridicole prima ancora che improprie.

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