Possiamo chiamarli usi e costumi, consuetudini, o addirittura cultura, la sostanza non cambia: ci sono alcuni comportamenti che, a certe latitudini, vengono percepiti in maniera diversa e che possono dare vita ad attriti tra etnie diverse.
Il Daily Mail ha annunciato in anteprima che il governo britannico intende inserire un altro standard tra le richieste da ottemperare quando si richieda la cittadinanza: la capacità di rispettare le file.
Nel sud Europa la fila è una categoria dello spirito e il sorpasso con destrezza è regola; invece agli inglesi il furbetto della coda dà molto fastidio, al limite della sopportazione.
A qualcuno sembrerà una barzelletta, ma non possiamo ridere ripensando a come è cominciata la guerriglia urbana di via Padova a Milano, dove per un piede pestato su un bus due etnie si sono scontrate per le vie provocando danni, feriti e perfino un morto.
Non possiamo ridere proprio noi, che lasciamo parlare in tv una pletora di opinionisti che si fanno belli della loro volgarità e poi inorridiamo (non senza ragione) quando si parla di ricette a base di gatto.
Non possiamo ridere degli inglesi. E, soprattutto, come cristiani non possiamo ignorare la nostra vocazione al rispetto del prossimo. Che non va irriso, ma compreso e – per quanto possibile – assecondato.
Non è facile, certo, né ci viene spontaneo, specie quando ha un costo: d’altronde uno dei passi meno applicati del Nuovo Testamento riguarda proprio la remissione, l’accettazione, l’accomodamento del “fare due miglia” con chi ce ne chiede una, del “lasciare anche il mantello” a chi ci chiede la tunica.
Rispettare il prossimo è la prima testimonianza cristiana che possiamo dargli. E in molti casi, alla fine, resta la più efficace.