Se il mondo non basta

By 29 Settembre 2010Editoriali

A volte la realtà supera la fantasia. Altre volte la asseconda. A dimostrarlo stavolta è l’ONU, il carrozzone che lungimiranti statisti vollero dopo la Seconda Guerra Mondiale per favorire il dialogo tra Paesi e continenti, e scongiurare per il futuro un nuovo conflitto planetario.

Un obiettivo onorevole, quello pensato per l’ONU, che però non venne messa in condizione di operare con la dovuta efficacia e la necessaria equidistanza, ritrovandosi spesso sbilanciata nelle sue risoluzioni da maggioranze antidemocratiche, turnazioni surreali, alleanze improbabili, fascinazioni ideologiche: in due parole, ostacolata dagli inevitabili – e insuperabili – interessi di parte.

Eppure fino a oggi l’ONU, svicolando tra veti e pregiudizi, tra scelte opinabili e imbarazzanti contraddizioni, ha rivolto le sue energie a questioni concrete sancendo embargo commerciali, inviando truppe di interposizione, spedendo i propri inviati a monitorare i conflitti, condannando posizioni (poco) diplomatiche capaci di mettere a repentaglio i delicati equilibri internazionali e una pace sempre a rischio.

Constatato questo, risulta difficile a un semplice osservatore inquadrare come questo nobile impegno concreto riesca a conciliarsi con la notizia dell’istituzione, da parte dell’ONU, di un Ufficio per i rapporti con lo spazio esterno (Unoosa), la cui guida – un’astrofisica malesiana – viene definita dai giornali come “ambasciatrice per accogliere gli alieni”.

L’ambasciatrice, che dimostra una fede sorprendente per una donna di scienza, è convinta che “prima o poi il momento dell’incontro arriverà”, e pare abbia già cominciato a redigere un piano di accoglienza: «Quando arriveranno – spiega risoluta -, dovremo disporre di un piano di risposta coordinata che tenga conto di tutte le sensibilità relative al tema». E ovviamente l’ONU si candida a questo ruolo di coordinamento interspaziale.

Pur non avendo, al momento, notizia di sbarchi alieni o di significativi incontri di terzo tipo,
la scienziata è perfino convinta di sapere come sarà l’approccio con i marziani: non ostile come si temeva negli anni Sessanta (quando un trattato internazionale, prendendo in considerazione l’ipotesi di uno sbarco, raccomandava di «proteggere la Terra contro la contaminazione degli alieni»), ma «pacifico e segnato dalle buone intenzioni», noncurante del fatto che altri illustri scienziati non siano così certi delle buone intenzioni degli eventuali viaggiatori interplanetari.

Già, c’è una parola che probabilmente, in tutto il discorso, non è stata enfatizzata in maniera opportuna: eventuale. Il dibattito e le successive decisioni si basano infatti su un’ipotesi. E questa, sì, è del terzo tipo: dell’irrealtà.

Chissà, magari in un futuro verremo smentiti dai fatti. Fino a quel momento, però, un’istituzione seria come l’ONU dovrebbe concentrarsi sulle urgenze presenti, di cui il pianeta Terra e i suoi rissosi abitanti purtroppo sono prodighi.

Prima di pensare agli alieni, forse sarebbe il caso di dire una parola forte contro i rigurgiti di integralismo che vedono i cristiani vessati, perseguitati, limitati in decine di paesi del mondo. Prima di ragionare su uno sbarco, forse sarebbe utile raccomandare a tutti i Paesi membri il rispetto del diritto di espressione religiosa, senza “se” e senza “ma”, anche da parte delle minoranze.
Forse, in attesa del prossimo ufo, sarebbe il caso di dire una parola chiara sulla clausola della nuova costituzione maldiviana che sancisce la perdita della cittadinanza per chi abbandona l’islam. E magari anche su chi, novello Catone in salsa persiana, non perde occasione per lanciare il suo anatema contro la sua personale fissazione, una moderna Cartagine ebraica.

Certo, concentrarsi sui marziani è più semplice, e forse anche più affascinante. Ma il pianeta Terra chiama l’ONU, e l’ONU è pregata di rispondere, prima di perdersi nello spazio infinito.

biblicamente – uno sguardo cristiano sull’attualità

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