L’etica del condono

By 9 Ottobre 2011Editoriali

D’accordo, ormai è come sparare sulla Croce Rossa, però davvero non c’è fine all’imbarazzo per le dichiarazioni dei politici (e l’opposizione, purtroppo, non marca troppe differenze rispetto alla maggioranza).

L’ultima uscita è di Fabrizio Cicchitto. Gira l’ipotesi di un ennesimo condono al fine di recuperare denari per rimettere in sesto i conti pubblici; da più parti – perfino all’interno del Governo – si obietta non solo sull’effetto boomerang di un simile provvedimento, ma anche sull’impatto etico di una simile scelta, e il capogruppo PdL alla Camera dei Deputati dichiara: «Io non credo che l’etica si misuri su questo, ma sulla capacità di trovare risorse».
Ora, per carità: sull’utilità concreta di un condono si può discutere (anche se lo stesso Ministro dell’Economia rifiuta decisamente l’ipotesi, e significherà pure qualcosa); ciò che davvero lascia perplessi, invece, è il pensiero cicchittiano sull’etica, che a suo dire si misurerebbe “sulla capacità di trovare risorse”. Come dire: se ci sono i soldi vale tutto.

E pensare che noi, nella nostra ingenuità, ritenevamo l’etica qualcosa che va oltre, e vola ben al di sopra, dei conti pubblici, delle risorse, dei beni e degli averi. Qualcosa che motiva l’azione, che indirizza il pensiero, che suggerisce le scelte in base a valori fondamentali e – per quanto possibile – condivisi. Quel pensiero che ci permette ancora di definire il bene e il male, il giusto e lo sbagliato, senza il condizionamento della convenienza.

Com’eravamo ingenui. Grazie, caro Cicchitto, per averci illuminato, per averci aiutato a comprendere che oggi, nel nostro Paese, l’etica non si misura sul rispetto delle regole, ma sul risultato economico. E se la ragione richiede un pedaggio per essere tale, tutto torna: ecco perché il disonesto ha comunque ragione e il furbo la passa sempre liscia.

A questo, dunque, siamo destinati: a una morale elastica, flessibile, duttile; a un’etica che si fonda, se non sulla convenienza, quantomeno sulla resilienza di un’onestà ad assetto variabile. Un Paese dove il fine giustifica i mezzi, finché i mezzi non diventano interi. Poi, si vedrà.

Peccato che Cicchitto non abbia considerato che la coerenza, l’affidabilità, il rispetto della parola data – termini che ormai odorano di stantìo, come i mobili della nonna – non siano banali anticaglie da relegare nell’album di una politica antica e diversa dall’attuale, ma elementi essenziali per raggiungere l’obiettivo economico: elementi da cui non si può prescindere in un quadro internazionale dove, curiosamente, il credito viaggia ormai solo in compagnia dell’approccio etico.

E allora caro Cicchitto, per favore, ci pensi su. Ci rifletta. Cambi idea, se può. Non tanto per dare sollievo a noi, inguaribili cantori del tempo perduto, quanto piuttosto per dare all’Europa quello che si aspetta dal nostro Paese: serietà, onestà, integrità. È l’unico modo per convincerla a darci una mano, d’altronde. E ci farebbe davvero bene, in tutti i sensi.

biblicamente – uno sguardo cristiano sull’attualità

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