Senza sapere perché

By 28 Maggio 2011Editoriali

Chi frequenta le reti sociali non sarà riuscito a sottrarsi: in questi giorni decine di contatti – o amici che dir si voglia – inoltrano post generici al limite della banalità in relazione alle prossime consultazioni referendarie. Il messaggio è uguale per tutti, e viene declinato in una improbabile versione neutrale – che pretende di spiegare le complesse questioni in tre righe – e un’altra, più militante, dove azioni e obiettivi politici sono esposti in maniera più evidente.

Non sono solo i credenti evangelici a far girare questi post, beninteso. Semmai è sintomatico che a lasciarsi coinvolgere siano anche i credenti evangelici. E non certo perché l’impegno politico – dalla sua declinazione locale, meramente amministrativa, alla promozione della democrazia diretta rappresentata dai referendum – sia sbagliato per principio: ognuno è libero, davanti a Dio e alla sua coscienza, di esercitare le forme che ritiene più opportune per andare incontro alla società con il Messaggio di speranza e l’aiuto pratico che siamo chiamati a portare attorno a noi insieme al Messaggio della salvezza.

Più di qualcuno probabilmente resterà scandalizzato da una affermazione simile, e non c’è da stupirsene: l’ambiente evangelico italiano, salvo rare eccezioni, ha – legittimamente, è chiaro – scelto di non occuparsi delle vicende terrene in una forma invasiva come l’impegno politico, talvolta trascurando, in questa corsa al disimpegno, perfino il risvolto sociale di una presenza costante, visibile, attiva della chiesa nella comunità locale.

Se la scelta in questione, perseguita in maniera coerente da generazioni di credenti, è del tutto legittima, va anche aggiunto che è il motivo per cui oggi, di fronte alla politica, la componente evangelica si trova spesso disorientata, mancano proposte originali e coerenti per una società che, ci accorgiamo ora, ha sostituito i principi con gli istinti.

Il risultato è che la nostra estraneità all’agone politico – una estraneità benedetta, almeno secondo i nostri padri -, ci porta oggi a scegliere senza sapere, sostenere senza informarci, promuovere senza conoscere. Imbarcandoci in cause degne di migliore attenzione, con un’attenzione degna di miglior causa.

Ultimo caso in ordine di tempo, appunto, i prossimi quesiti referendari. Ai quali in molti hanno dato il loro sostegno entusiasta, senza se e senza ma, quando alcuni “se” e “ma” sarebbero quantomeno opportuni.

Non scenderemo nello specifico delle tematiche su cui la tornata referendaria ci chiamerà a prendere posizione: il problema del nostro impegno infatti, rileverebbe qualsiasi analista, non è politico ma prepolitico. Quel che lascia perplessi, insomma, non è tanto il “cosa”, ma il “come”; non il merito, ma il metodo.

Sì, perché con la nostra adesione (che poi, beninteso, consiste in un semplice “click” alla voce “inoltra”) dimostriamo quanto ci difetti quella che, un tempo, si sarebbe definita la cultura politica: ossia quell’insieme di conoscenze, competenze, esperienze che guidano un’analisi adeguata della situazione e una scelta opportuna delle posizioni.

E, invece, eccoci coinvolti al volo da una passione fino a ieri considerata clandestina: agnostici della politica, abbiamo deciso di impegnarci prima ancora di esserci posti il problema delle idee e delle azioni: ingenui nelle convinzioni, esorbitanti nelle posizioni, incoraggiati forse da un panorama parlamentare desolante in fatto di dignità e austerità, abbiamo pensato che il fai-da-te abbinato a qualche versetto biblico strategico potesse bastare a far meglio di quel che vediamo attorno a noi.

Senza rete e senza bussola, ci ritroviamo a confondere i comportamenti dei singoli con il pensiero politico degli schieramenti, le leggi con i principi, perfetti coristi poco intonati di schieramenti raccogliticci nell’ambito dei quali ci pregiamo, di volta in volta, di intonare peana o di scandire slogan vuoti, senza curarci minimamente del contenuto: e tutto questo in barba alla coerenza cristiana che, invece, ci imporrebbe sobrietà e valutazioni ben diverse.

Basti guardare, appunto, ai prossimi referendum e alla superficialità con cui tanti, troppi cristiani rilanciano un messaggio, una scelta, un’idea, senza rendersi conto di quanto quell’idea sia vacua e strumentalizzata, oltretutto senza preoccuparsi – per amor di fede o almeno per amor proprio – di andare oltre la mediocrità di un bigino approntato alla bisogna da chi, oggi, ride compiaciuto per la facilità con cui ci si può abbindolare.

Questo non è, e lo ribadiamo, un discorso politico. Crediamo nella libertà di votare sì, votare no e perfino di non votare: se la democrazia è veramente tale, non la si può applicare à la carte, dando la patente di legittimità solo a chi fa il nostro gioco.

Il problema, si diceva, è più profondo. Viene infatti da chiedersi quanti conoscano le questioni sul tappeto, e quanti invece si siano mossi sull’onda dell’emozione. Quanti abbiano almeno letto, se non proprio approfondito, le leggi in questione, e quanti invece abbiano preferito attivarsi in favore di una causa dopo essersi fatti sommariamente raccontare il motivo del contendere da altri, meno disinteressati e ben lieti di contare su altre forze da schierare nelle piazze virtuali.

Ma d’altronde, è ovvio, così è più comodo: quattro slogan oggi, quattro croci domani, e dopodomani saremo pronti per tornare lontani dalla società civile, dall’amministrazione locale, dalla politica, pronti a indignarci quando qualcosa “non va” senza peraltro degnarci di intraprendere un impegno serio e costante per cambiare le cose. Meglio seguire la corrente, adeguarci alla linea che suona più affascinante, magari lasciandoci influenzare nelle nostre opinioni da pensieri schierati che nemmeno sappiamo essere tali.

Quattro croci bastano al massimo per mettersi a posto la coscienza, non certo per cambiare la società. Se, come cristiani, riteniamo di non doverci estraniare dalla realtà, sarà il caso di cominciare a porci più di qualche domanda, e darci qualche risposta che sia seria dal punto di vista morale, fondata sul versante etico, lineare sul piano pratico.

Ma questo richiede impegno. Molto meglio lanciare la pietra da qui a metà giugno, e nascondere la mano fino alla prossima causa prêt-à-porter, delegando altri a formare le nostre opinioni in vista del prossimo click.

Leave a Reply

Evangelici.net è un portale di informazione e approfondimento che opera dal 1996 per la valorizzazione del messaggio, dell’etica e di uno stile di vita cristiano

Sostieni il portale ➔