
11 settembre. Sono passati quindici anni da quel giorno di fine estate che, nel 2001, vide consumarsi un dramma unico nella storia dell’Occidente. Una vicenda che è diventata suo malgrado storia e ha dato vita a un nuovo clima di terrore, rinfocolato negli ultimi tempi da altri fanatici legati ai loro predecessori da un denominatore comune incontrovertibile. Quel giorno i quattro aerei dirottati provocarono quasi tremila vittime. “America sotto attacco”, titolarono il mattino seguente i quotidiani di tutto il mondo. Osama Bin Laden, ignoto ai più fino al giorno prima, si guadagnò la nomea di nemico pubblico numero uno; la sua guerra – sporca, disumana, asimmetrica – sarebbe diventata presto esperienza comune toccando, poco tempo dopo, anche l’Europa.
Dieci anni dopo, nel 2011, il presidente Obama aprì le commemorazioni dell’11 settembre leggendo l’incipit del Salmo 46: «Dio è per noi un rifugio e una forza. Aiuto sempre vicino nelle angosce. Perciò non temiamo se trema la Terra, se crollano i monti nel fondo del mare». Il clima era ben diverso da quello odierno; però, a ben vedere, dopo Parigi, Sousse, Nizza e decine di altri atroci episodi che ogni volta riportano inevitabilmente con il pensiero a Ground Zero, quell’incoraggiamento oggi ha un valore, se possibile, ancora più pregnante.