
«La laicità della politica non solo non verrà messa in discussione ma avrà molto da guadagnare dall’avvento sulla scena politica italiana di un grande partito riformista, plurale nelle sue radici culturali, capaci di dare piena cittadinanza a credenti, non credenti, diversamente credenti»: parole di Piero Fassino riportate dall’Unità del 17 luglio.
Non vuole scontentare proprio nessuno, il segretario ds: “cittadino” del futuribile partito riformista non sarà solo chi crede e chi non crede, ma anche chi crede “diversamente”.
Eppure qualcosa non torna. Chi crede “diversamente” dovrebbe rientrare – a rigor di logica – nella categoria dei credenti: parlare di “diversamente credenti” non allarga il campo, ma finisce per creare fastidiose distinzioni, richiamando un retaggio ecclesiastico di chiusure e scomuniche.
Speriamo che, dopo essere nato per minimizzare i limiti altrui, il politicamente corretto non diventi un modo per nascondere i propri.