Marocco, comunicato dei cristiani espulsi

By 1 Aprile 2010Chiesa Perseguitata

RABAT – I genitori affidatari e i membri dell’orfanotrofio marocchino Village of hope, espulsi dal Paese nelle scorse settimane con l’accusa di proselitismo, hanno rilasciato un comunicato ufficiale, che Porte aperte riporta facendo un punto della situazione.

«Ci appelliamo ai nostri sostenitori in tutto il mondo, chiedendo di non reagire a questa situazione usando internet o altri mezzi per divulgare punti di vista che potrebbero essere interpretati dalle autorità marocchine negativamente. Noi genitori siamo gli unici che si possono rivolgere alle autorità in questa situazione per conto dei nostri bambini e stiamo mettendo insieme un gruppo di persone alle quali affidiamo il nostro messaggio e che parleranno per noi. Se avete postato commenti “non autorizzati” o iniziato petizioni, vi preghiamo di interromperle immediatamente e di rimuovere tutte le informazioni che avete reso di pubblico dominio».

Con questo comunicato ufficiale, rilasciato sul sito dell’orfanotrofio Village of hope, i genitori affidatari e lo staff di una delle strutture colpite dai provvedimenti di espulsione negli scorsi giorni si rivolgono alla comunità internazionale.

La missione evangelica Porte aperte ha raccolto l’appello dei genitori dei bambini marocchini, rammenta che «di fatto, il Marocco di recente ha messo in atto una serie di espulsioni e rimpatri forzati di cittadini stranieri operanti nel campo umanitario-sociale, azione che ha scatenato una sequela di reazioni non solo in Italia, ma anche a livello internazionale. La dichiarazione rilasciata palesa lo sconcerto e l’angoscia per quanto accaduto, per il distacco forzato dai bambini e per l’immediatezza del
provvedimento che non ha lasciato spazio a repliche o appelli. Questa dichiarazione sottolinea anche come non siano state fornite prove per le accuse mosse contro gli operatori e le famiglie e come i rimpatriati rimandino al mittente tali accuse asserendo di non aver mai violato la legge marocchina e di non aver quindi mai evangelizzato al Cristianesimo i 33 bambini del progetto».

Precisando che «in nessun momento le autorità marocchine hanno maltrattato o offeso le persone oggetto del provvedimento o i bambini, anzi hanno provveduto da subito un team di operatori sociali abilitati a prendersi cura dei piccoli» Porte aperte non minimizza il «devastante trauma del distacco improvviso e la mancanza, ad oggi, di una possibilità in futuro di ricongiungimento tra i rimpatriati e i bambini, poiché a quanto pare i provvedimenti di espulsione sono a tutt’oggi definitivi. Va precisato che il Village of Hope non si presenta come una struttura missionaria, non ha come obiettivo l’evangelizzazione cristiana, altrimenti non avrebbe mai ottenuto nessun nullaosta dal governo marocchino, l’unico scopo della struttura era ed è offrire amore, cure ed educazione ai bambini marocchini meno fortunati. Ed è proprio su quest’ultimo punto, quello dell’educazione, che evidentemente le autorità marocchine hanno visto qualcosa di anomalo e in particolare, una eventuale forma di evangelizzazione nei confronti dei bambini».

Porte aperte ha «appreso che alcuni Ministri degli Esteri, tra cui quello olandese, hanno chiamato i relativi ambasciatori marocchini per chiedere spiegazioni e fare pressioni sull’accaduto. La delegazione marocchina in una sede internazionale poi, di fronte alle insistenti richieste dei colleghi, ha ribadito che il motivo dei rimpatri forzati rimane sempre quello di cui si è letto da più fonti: il proselitismo messo in atto dagli operatori sociali rimpatriati nei confronti dei bambini».

Il proselitismo al di fuori dell’Islam è proibito; per costituzione vige una libertà di culto in Marocco, ma in realtà tale libertà non comprende l’evangelizzazione, tanto che secondo il codice penale marocchino risulta un crimine tentare di convertire un musulmano a un’altra religione.

«Il sospetto – prosegue PA – che tutto questo faccia parte di una recrudescenza di intolleranza religiosa nei confronti dei cristiani è ovviamente forte, un peccato visto gli effettivi passi in avanti compiuti da questo paese in ordine ai diritti umani e alle libertà, passi che stanno, o forse stavano, cambiando l’immagine internazionale del Marocco, rendendola molto più moderna e anche appetibile agli investitori e ai turisti stranieri, italiani compresi».

Nel 2009 a danno di alcune comunità cristiane vi sono stati degli arresti ingiustificati, e di seguito rilasciamenti, e irruzioni in incontri di preghiera privati; nel 2010 ci sono state perquisizioni e ingerenze delle autorità, oltre all’episodio delle espulsioni.

«Esiste una tensione politica interna – precisa PA – nella realtà musulmana marocchina tra sunniti e sciiti; ovviamente tale tensione non è solo marocchina, ma nella fattispecie crea di riflesso problemi e difficoltà alle comunità cristiane. La speranza è che la situazione non degeneri in questo paese, ma la situazione è complessa e preoccupante».

Porte Aperte non ha per ora avviato nessuna specifica campagna o petizione, «il nostro esclusivo interesse è quello di non danneggiare i credenti marocchini, ma di supportarli come facciamo da anni nella loro terra. Ribadiamo che quella che avete letto all’inizio è la dichiarazione ufficiale dello staff e dei genitori di uno degli orfanotrofi, non di tutti».

Il testo completo della dichiarazione ufficiale è leggibile qui: www.voh-ainleuh.org

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