Afghanistan, cristiani a rischio

A nemmeno due settimane dalla presa del potere in Afghanistan la linea politica dei taliban si delinea in maniera sempre più precisa, e atto dopo atto sembra smentire senza complimenti le rassicurazioni formali e i toni diplomatici dei primi giorni. Nulla di sorprendente, beninteso, visti i precedenti e considerato il metodo con cui gli studenti coranici hanno preso il potere a Kabul.

Qualcuno, in Occidente, aveva voluto intravedere caratteristiche diverse nei discepoli dei taliban che fiancheggiavano Osama Bin Laden, illudendosi (o fingendo di crederlo) di poter contare sulle loro promesse, ma non è servito molto tempo per chiarire il quadro anche ai meno attenti: la pacatezza degli annunci ha già lasciato il campo all’ideologia antidemocratica e antilibertaria che i mullah, del resto, non hanno mai rinnegato. Gli afghani, in realtà, non si erano mai illusi: da più parti si erano spesi per avvertire l’Occidente, e le reazioni della popolazione – la disperazione vista sulle piste dell’aeroporto di Kabul sarà difficile da dimenticare – avrebbero dovuto fugare il dubbio che la loro fosse una semplice ostilità dottrinale.

E, a proposito di dottrine, gli afghani di fede cristiana vivono un momento di incertezza particolarmente drammatica: se, almeno a parole, nella prima conferenza stampa dei taliban è stato spiegato che “le donne avranno diritti, nell’ambito della sharia”, il portavoce degli studenti coranici non ha dato «la minima rassicurazione quando si è trattato di minoranze religiose in Afghanistan, in particolare la comunità cristiana afghana».

Il quotidiano francese Le Figaro ricorda che la presenza cristiana nel Paese, oggi ridotta dal punto di vista numerico, è radicata nei secoli: «il cristianesimo, come riporta Eusebio di Cesarea, sarebbe arrivato con gli apostoli Tommaso e Bartolomeo nel secondo secolo dopo Cristo, sei secoli prima della nascita dell’islam».

La costituzione afghana del 2004 garantiva margini di libertà ai fedeli di religioni diverse da quella islamica, ma negli anni passati «la blasfemia, l’apostasia e il proselitismo dei non musulmani erano già considerati crimini». Open Doors, ricorda Le Figaro, «ha sottolineato come fosse “impossibile vivere apertamente da cristiani in Afghanistan”», stante la presenza di parlamentari che invocavano un inasprimento delle condizioni per i musulmani convertiti al cristianesimo, tanto che il Paese nel 2021 si è guadagnato il secondo posto tra i Paesi del mondo in cui le condizioni dei cristiani risultavano più critiche.

E il quadro, ora, è peggiorato: i taliban, appena tornati al potere, non hanno perso tempo per spendersi in minacce nemmeno troppo velate, improntate al classico “sappiamo dove siete”.

foto: tg24.sky.it

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