Un fine anno tra persecuzione e speranza

Prosegue tra luci e ombre la marcia verso la nuova World Watch List 2022, la classifica che ci aggiornerà sui Paesi più ostili alla testimonianza cristiana.

Nel frattempo la persecuzione tiene il passo: in Mozambico un gruppo di estremisti islamici ha decapitato un pastore evangelico e, in un crescendo di orrore, gli assassini hanno ordinato poi alla moglie della vittima di “informare le autorità”. La donna, in stato di choc, si è presentata alla polizia portando con sé la testa del marito (della notizia si è occupato, tra gli altri, anche Avvenire).

Anche la situazione dei cristiani in India, questa settimana, ha trovato ampio spazio sui principali quotidiani italiani. Nel Madhya Pradesh, riporta Alessandra Muglia sul Corriere, un prete cattolico e un pastore evangelico sono stati prelevati dalla polizia la sera del 26 dicembre, «arrestati con l’accusa di aver attirato nell’orbita del cristianesimo la gente delle aree tribali offrendo istruzione e cure gratuite nelle scuole e negli ospedali gestiti dai missionari». Come se non bastasse, «sotto Natale gruppi di estremisti indù hanno intensificato gli attacchi alle comunità [cristiane]. Irruzioni durante le messe, scuole assaltate, statue distrutte, effigi bruciate, preti aggrediti e vessati. Violenze giustificate come la risposta ai tentativi dei cristiani di usare le festività per costringere gli indù a convertirsi».

In India, ricorda ancora il Corriere, i cristiani sono quasi trenta milioni, il 2% della popolazione; il 60% di loro fa parte della casta più disprezzata. Una presenza tormentata, la loro, vessata dall’ultradestra induista spalleggiata dalle forze dell’ordine, a volte con conseguenze paradossali. Come quando, lo scorso ottobre, il pastore Somu Avaradhi aveva trovato la sua chiesa «piena di persone che cantavano canzoni religiose indù e gridavano slogan»: quando la polizia è arrivata, «i manifestanti lo hanno accusato di aver costretto un uomo indù a convertirsi. E alla fine è stato lui ad essere arrestato».

Svolta positiva invece in Iran, dove – lo riporta Riforma – la Corte suprema ha sancito che appartenere a una chiesa cristiana domestica non comporta un atto contrario alla sicurezza nazionale, accusa utilizzata spesso contro chi si converte al cristianesimo. La sentenza conclude il processo a nove cristiani che stavano scontando cinque anni di carcere per aver frequentato chiese domestiche. Secondo la Corte suprema «predicare il cristianesimo e promuovere la “setta evangelica sionista”, che significa propagare il cristianesimo attraverso riunioni familiari, non è una manifestazione di assembramento e collusione per turbare la sicurezza del Paese, sia internamente che esternamente».

foto: riforma.it

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