È in fase di stallo il colpo di Stato avvenuto in Niger a fine luglio, quando una giunta militare ha destituito e messo agli arresti il presidente Mohamed Bazoum, dando il via a un difficile confronto interno – tra lealisti e golpisti – e internazionale. Al momento è stato vano l’intervento dell’Ecowas (la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale) e nemmeno i passi mossi dagli USA hanno portato a sviluppi concreti, mentre i sostenitori della giunta golpista hanno dato l’assalto all’ambasciata francese (di cui il Niger è stato una colonia fino al 1960) al grido di “viva Putin”, sollevando le ire di Parigi che chiede di garantire la sicurezza.
L’instabilità politica del Paese è solo un elemento dello scacchiere: nel Sahel, ricorda Daniele Raineri su Repubblica, «non esistono soltanto i generali golpisti del Niger e i loro alleati in Mali e Burkina Faso contro il blocco Ecowas (Nigeria in testa), pronti a farsi la guerra da un momento all’altro. C’è un terzo polo combattente che sfrutterà la situazione e sono i gruppi del jihad, divisi in due grandi famiglie – una legata ad al Qaeda e l’altra legata allo Stato islamico». Fazioni che, peraltro, se le danno di santa ragione confrontandosi in sanguinose battaglie con decine di vittime oltre ad attaccare civili e, soprattutto, le comunità cristiane dell’area.
Un analista belga esperto di questioni saheliane, Pieter Van Ostaeyen, interpellato dalla testata conferma che «un conflitto in quella regione sarebbe un regalo dal cielo per il jihad» e ricorda che in «un manuale famoso nei circoli dell’estremismo islamico… si teorizza che la prima cosa da ottenere con metodi violenti nella guerra contro gli infedeli è uno stato di caos». Di conseguenza «un conflitto tra gli eserciti di Nigeria, Senegal, Niger, Mali e Burkina Faso potrebbe essere l’imprevisto che regala allo Stato islamico la chance di tornare forte come lo era dieci anni fa in Iraq e Siria».
L’allarme viene confermato dall’organizzazione umanitaria Porte Aperte, che in un appello ai suoi sostenitori si esprime in toni drammatici: «Stiamo per assistere a una nuova era di incertezza, poiché i gruppi radicali sfrutteranno al massimo l’insicurezza nel Paese. Si tratta di uno sviluppo inatteso, poiché il Niger è stato a lungo un rifugio sicuro, anche per persone provenienti dalle Nazioni circostanti».
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