Visto con gli occhi di oggi, il Seicento non è stata un’epoca particolarmente pacifica: il XVII secolo si contraddistinse, in Europa, per guerre, epidemie, costanti confronti armati tra grandi potenze e signorie locali. In certi casi, però, il periodo non dev’essere sembrato troppo tranquillo nemmeno a chi ci viveva: lanzichenecchi e mercenari di varia natura spadroneggiavano al soldo di uno o dell’altro signore, e il loro lavoro si era fatto più redditizio da quando, alle dispute politiche, si era aggiunto il fattore religioso. Il cuius regio, eius religio portò alla Guerra dei Trent’anni, e con essa a carneficine ed episodi drammatici che non risparmiarono nessuno, dalle valli montane alle città di mare.
Emanuele Fiume, pastore valdese, teologo e attento storico della Riforma, in un agile volumetto racconta tre stragi avvenute tra il 1620 e il 1631 (La Bibbia ferita. Salerno editrice, 2020 – 176 pp, 16 euro) di cui furono vittime i protestanti: la strage della Valtellina (1620), l’assedio di La Rochelle (1627-28) e l’assedio di Magdeburgo (1630-31). Diverse latitudini, stesso destino in vita e in morte: il fil rouge dei tre episodi sta, spiega Fiume, in un “esperimento sociale di formazione della classe borghese mercantile” che subì, in tutti i casi, “un’estirpazione particolarmente violenta”, creando “una serie di buchi neri nella carta geografica e nella coscienza dell’Europa”.
Le vicende sono intricate ma il racconto di Fiume è preciso, le fonti utilizzate sono sterminate, l’incedere è appassionante e non privo di garbata ironia. Mediazioni, fughe in avanti, minoranze poco tollerate, tensioni religiose, grattacapi giuridici, progetti ecclesiastici contrastanti si consumavano nelle valli sopra Lecco, luoghi strategici a poche giornate da Milano, Como e a due passi dalla Svizzera, in un quadro che vedeva stagliarsi sullo sfondo (e a tratti emergere) il braccio di ferro tra francesi e spagnoli. Dopo anni di faticosi compromessi, punteggiati da atti ostili e omicidi senza volto, il contrasto politico-religioso sfociò nella strage di settecento riformati, trucidati senza pietà nel giro di poche ore.
Diversa la storia di La Rochelle, celebre porto sull’Oceano atlantico cui il re di Francia Luigi XIII – il suo primo ministro, Richelieu, fu sempre schierato contro la presenza evangelica nel Paese – pose l’assedio più lungo mai conosciuto da una città francese, addirittura tre anni. Un’azione volta a dare un segnale sulla volontà di imporre l’unità religiosa come collante dello Stato e, quindi, l’ostilità verso la crescente presenza protestante. Anche la vicenda francese si muove tra intrighi e posizioni ondivaghe, un re filocattolico e le istanze di autonomia evangeliche. In questa cornice non poteva venire tollerata l’idea di una La Rochelle in mano ai riformati, con il rischio che si consolidasse l’alleanza con i detestati inglesi. Più che le strategie e le forze in campo poté la fame, che ebbe ragione di una resistenza valorosa da parte dei roccellesi. E fu l’inizio della fine.
Altra città, altro crocevia tra culture diverse: Magdeburgo, luogo di dialogo tra Germania, Baltico e popolazioni slave, era un centro rispettato per il suo ruolo nevralgico sul fronte commerciale e, per questo risparmiato dalla violenza nelle prime fasi della Guerra dei Trent’anni. Già una manciata di anni dopo l’esordio della Riforma, la città aveva aderito entusiasticamente al protestantesimo; visse in presa diretta le sfide tra luterani e calvinisti, prima di ritrovarsi al centro di un tentativo di ricattolicizzazione che avrebbe avuto una eco non indifferente in tutta la Germania luterana. Alleanze fluide si affrontarono in una sfida che portò all’assedio, fino alla caduta e al devastante incendio – Fiume lo definisce come l’Hiroshima del Seicento – da cui la città non si sarebbe ripresa per decenni.
Tre vicende, tre traumi per l’Europa. Tre episodi che contribuirono a cambiare la storia, l’approccio, i rapporti nel vecchio Continente.
foto dalla copertina de “La Bibbia ferita”