Tempi duri in Nicaragua, dove il presidente Daniel Ortega ha messo in atto un’azione mirata a silenziare ogni forma di possibile dissenso o opposizione. L’azione si è riverberata anche sui cristiani, tra cui numerose organizzazioni non governative di ispirazione evangelica, nel quadro di quella che lo stesso Manifesto non esita a descrivere esplicitamente come una “persecuzione”.
L’ultima mossa di Managua è stata l’espulsione di 135 prigionieri politici, «deportati a sorpresa lo scorso fine settimana “per ragioni umanitarie” in Guatemala e al contempo privati della cittadinanza. Vanno ad aggiungersi ai 222 spediti negli Stati Uniti lo scorso febbraio», scrive il Manifesto.
L’azione nasce, prosegue la testata, «nel mezzo della persecuzione religiosa, dalle pressioni di membri del Congresso Usa per la detenzione in Nicaragua di 13 pastori dell’organizzazione evangelica Puertas de Montaña (con sede nel Texas) accusati di presunto riciclaggio. Ne è nata una negoziazione direttamente fra Managua e la Casa Bianca (col segretario di Stato Antony Blinken) che ha portato alla loro liberazione». Ai tredici il presidente Ortega ha aggiunto, appunto, una comitiva di altri 122 detenuti.
foto: ilmanifesto.it