«Dopo qualche anno di studio e molti sacrifici, sono riuscito ad accorciare le distanze dal testo originale ebraico e greco della Bibbia e, a guardarlo in faccia, si ha una sorpresa. A rigor di termini, soprattutto l’Antico Testamento dovrebbe essere intraducibile. Nulla, infatti, può rendere la densità compatta di quel linguaggio, stracarico di risonanze che si danno appuntamento da ogni parte. Eppure è stato tradotto mille volte, nelle lingue più diverse, senza perdere di fascino. Sarà un miracolo laico, ma è un miracolo». Così si esprimeva il giornalista Beniamino Placido, agnostico ma appassionato di Sacre Scritture tanto da impegnarsi nello studio dell’ebraico e del greco. Gianfranco Ravasi, con cui il giornalista e era impegnato in un fruttuoso dialogo, lo ricorda dalle colonne di Famiglia cristiana, e ispirandosi alla sua sete di conoscenza inaugura sul settimanale una sezione dedicata alle parole-chiave dell’Antico Testamento: la prima è berît, «un termine femminile che risuona 287 volte nella Bibbia e che di solito è reso con “alleanza”», un concetto che sovrappone “grazia divina e impegno umano”.
foto: Beniamino Placido (wikipedia.org)