Arca di Noè, una storia di aspettative e illusioni

By 9 Dicembre 2022Cultura, Curiosità, Esteri, Focus

L’inafferrabile arca di Noè intercetta l’interesse di National Geographic, che dedica un ampio articolo alla vicenda biblica sospesa, secondo gli studiosi, tra storia e mito.

Nonostante numerose spedizioni che si susseguono ormai da secoli, rileva la testata, nessuno è riuscito a localizzare sul monte Ararat tracce certe della celebre imbarcazione: gli esploratori si sono limitati a riportare elementi di legno o ad annunciare di aver trovato, in vetta, legno fossile. Nel contempo gli archeologi seri mettono in guardia da queste operazioni estemporanee, votate spesso alla visibilità più che alla ricerca: «L’archeologia non è una caccia al tesoro», si risente Jodi Magness, «non è la ricerca di un oggetto specifico. È una scienza in cui ci poniamo domande a cui speriamo di rispondere con gli scavi».

National Geographic ricorda che la storia di un diluvio universale riecheggia nei racconti di diverse civiltà antiche, come l’Epopea di Gilgamesh, risalente al II millennio prima di Cristo, in cui si descrive perfino “come fu costruita l’arca”; tuttavia, rileva l’articolo, «gli scienziati non sono d’accordo sulla portata di quell’evento». Oltretutto il ritrovamento dell’arca viene reso più complesso dal fatto che si arenò “sui monti di Ararat”, ossia un’area tra l’attuale Armenia, la Turchia orientale e l’Iran, e non necessariamente sulla vetta che oggi porta quel nome specifico.

Se l’arca sia proprio lì, e soprattutto se sia ancora lì, è un dettaglio valutato con cautela anche sul fronte cristiano: «Non ci aspettiamo che l’arca sia sopravvissuta a 4.350 anni e sia ritrovabile», spiega Andrew Snelling, geologo che lavora per l’organizzazione cristiana Answers in Genesis (quella che ha aperto un parco a tema dedicato proprio all’arca di Noè). Uno dei motivi per cui l’imbarcazione potrebbe non venire ritrovata è, potremmo dire, molto pratico: «Non avendo a disposizione alberi adatti per costruire dei ripari dopo essere scesi dall’arca, è probabile che Noè e la sua famiglia abbiano smontato l’arca (di cui non avevano più bisogno) per recuperarne il legname».

In ogni caso un giorno qualcosa si potrebbe ancora ritrovare, e per questo Snelling non vede di buon occhio i cercatori della domenica che, con le loro spedizioni e annunci discutibili, “smorzano l’impatto che potrebbe avere una vera scoperta”.

Il problema di fondo, rileva la testata, è una sorta di ansia da scoperta: secondo Magness «la ricerca dell’arca di Noè non solo confonde il pubblico, ma riduce l’entusiasmo per i veri ritrovamenti archeologici, anche quelli in linea con la narrazione della Bibbia, come quello che conferma l’esistenza della Casa di Davide».

Del resto da un lato bisogna fare i conti con troppi emuli di Indiana Jones senza arte né parte, dall’altro con il pubblico, che secondo Cline «ha delle aspettative irrealistiche nei confronti della disciplina dell’archeologia».

Al quadro si aggiungono, immancabili, i media che «mettono in risalto il brivido della “caccia” piuttosto che il lento accumularsi delle conoscenze»: un procedimento evidentemente troppo lento per chi – pur riconoscendo di non aver bisogno di prove – non vede l’ora di entusiasmarsi davanti a ritrovamenti dal sapore iconico.

foto: nationalgeographic.it

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