Il dilemma del lavoro nel XXI secolo è al centro di un ampio servizio di The Guardian che tenta di capire come mai, oggi, i lavoratori siano più stressati rispetto al passato. Il problema, secondo l’autore, non riguarda la fatica, le ore spese, l’impegno, ma passa piuttosto per il significato che diamo al lavoro: «gli operai tessili di Manchester, in Inghilterra, o di Lowell, nel Massachusetts, due secoli fa lavoravano più del lavoratore britannico o americano medio di oggi, e lo facevano in condizioni pericolose. Erano esausti, ma non avevano la condizione psicologica del XXI secolo che chiamiamo burnout, perché non credevano che il lavoro fosse la strada per la realizzazione personale. L’ideale che ci motiva a lavorare fino al punto di rottura è la promessa che, se lavorerai sodo, vivrai una vita buona: non solo una vita di benessere materiale, ma una vita di dignità sociale, carattere morale e scopo spirituale».
Questa promessa risulta, naturalmente, «per lo più falsa. È quella che il filosofo Platone chiamava una “nobile menzogna”, un mito che giustifica l’assetto fondamentale della società… una specifica, nobile bugia ci fa credere nel valore del duro lavoro. Lavoriamo per il profitto dei nostri capi, ma ci convinciamo che stiamo raggiungendo un bene più elevato».
L’articolo cita poi Max Weber e il suo “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo”, che catturerebbe «ancora perfettamente la mentalità che sostiene la nostra etica del lavoro oggi. Weber mostra come i protestanti europei abbiano creato un modo di pensare al denaro, al lavoro e alla dignità a cui noi, ancora oggi, non possiamo sfuggire… L’etica protestante, sostiene Weber, deriva dalla teologia di Giovanni Calvino, il riformatore cristiano del XVI secolo noto per la sua dottrina sulla predestinazione, il che significa che Dio sceglie, o “elegge”, alcune persone per la salvezza, mentre gli altri sono destinati alla morte eterna [sic]. Solo Dio sa chi è stato scelto e chi no, ma gli esseri umani comprensibilmente vogliono scoprirlo. Le buone opere, nella teologia calvinista, non possono farti guadagnare la salvezza, ma possono essere segni di elezione. In sintesi, coloro che Dio ha eletto compiranno buone opere come conseguenza della loro condizione… Per ottenere la certezza della tua elezione, quindi, devi sapere che sei produttivo, arricchendo te stesso e la tua comunità attraverso il lavoro».
Se questo è il sostrato culturale americano, inevitabilmente «quando l’ansia per la nostra condizione aumenta torniamo all’eredità religiosa della nostra cultura per ottenere un conforto: un lavoro duro e disciplinato».
foto: theguardian.com