Rispolverando un articolo di Maurizio Cecchetti pubblicato su Avvenire scopriamo che a cavallo tra Cinquecento e Seicento ci fu un pastore protestante che dedicò la vita allo studio della malinconia, un male che evidentemente non appartiene solo alla nostra generazione.
Si chiamava Richard Burton (1577-1640) «fu bibliotecario per molto tempo del Christ Church College di Oxford e nella sua vita, non lunghissima, si dedicò quasi soltanto a un’unica monumentale opera: L’anatomia della malinconia, che pubblicò in sei successive edizioni sempre aumentate ogni volta di mole, fino ad arrivare alle mille e cinquecento pagine dell’ultima che uscì postuma nel 1651». Una fatica ciclopica se si considera che, senza mezzi meccanici o elettronici, l’autore raccoglie «oltre tredicimila citazioni tratte da circa mille e seicento diversi autori».
Le conclusioni di Burton, che è difficile non considerare un esperto del ramo, sono semplici e allo stesso tempo lungimiranti. Sono due le indicazioni principali per evitare la malinconia: la prima è di “non rimanere da solo, non restare in ozio”. La seconda? Ancora più semplice: pregare.
foto: avvenire.it