Biella, la Memoria tra dramma e speranza

By 23 Gennaio 2012Dall'Italia

BIELLA – È stato “Biella per il Giorno della memoria”, domenica, ad aprire la settimana di commemorazioni che, fino al 27 gennaio, ricorderanno per la dodicesima volta in tutta Italia il dramma della Shoah e le gesta di quanti, prima e durante la Seconda guerra mondiale, hanno rischiato la propria vita per proteggere i perseguitati.

Organizzata dalla Chiesa evangelica della Riconciliazione di Biella in collaborazione con la comunità ebraica di Vercelli-Biella-Novara, la giornata di domenica si è articolata in due significativi appuntamenti tra memoria e futuro, dramma e speranza.

“La testimonianza con il ricordo” è stato il tema affrontato nel corso della mattinata, presso la sala convegni Biverbanca, da Claudia De Benedetti, vicepresidente dell’Unione comunità ebraiche italiane: in un ampio intervento ha ricordato il 1938 e il 1943 come i momenti più significativi del dramma ebraico nel nostro Paese, quando sono state gettate le basi della campagna antisemita e si è dato il via allo sterminio sistematico. Tra figure significative e vicende emblematiche, delazioni ed eroismi, la vicepresidente Ucei ha ricordato il modo in cui si consumava il dramma, sullo sfondo di un’opinione pubblica indifferente o addirittura ostile, dopo anni di campagne denigratorie di stampo razzista.

A gettare un ponte tra il passato cupo e i rigurgiti antisemiti di oggi è stato invece Stefano Gatti, del Centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano, con un documentato intervento intitolato “Antisemitismo: vecchi e nuovi linguaggi”. Gatti ha focalizzato l’attenzione sull’impatto pervasivo dei nuovi mezzi di comunicazione, e in particolare dei social network, che consentono di diffondere senza controlli né filtri anche le teorie più discutibili, offrendo anche alle frange negazioniste (o, come amano definirsi, “revisioniste”) una visibilità fino a qualche anno fa impensabile: online è possibile trovare e rilanciare con facilità una ampia gamma di contenuti che va dai veri e propri proclami razzisti a materiale che sarebbe comunque sbagliato considerare più “leggeri”, come vignette offensive, battute di cattivo gusto, maldestre parodie.

Il senatore Lucio Malan, nel suo intervento, ha sottolineato il modo in cui l’opinione pubblica, nei primi anni Quaranta, dopo cinque anni di propaganda antisemita era ormai assuefatta all’idea di un ebreo “nemico della Patria”: una menzogna palese per tutti, ha rimarcato Malan, ma creduta perché comoda e avallata anche da giornalisti di un certo peso, disposti a rinfocolare la causa razzista ammantando i luoghi comuni con sostegni pseudoscientifici.

A tirare le conclusioni della mattinata è stato Alberto Antonello, responsabile della chiesa organizzatrice, che – prima di invitare i presenti a un momento di silenziosa riflessione – ha ricordato come per cambiare le cose, ieri come oggi, è necessario “un cambiamento di paradigma della mente e del cuore”: cambiare prima di tutto se stessi, dando spazio dentro di sé alla saggezza “per disintossicarsi” dalle idee velenose e far sì che “queste cose non succedano più”.

La giornata è proseguita nel pomeriggio presso il teatro Villani con “Esistere diventa reato”, un toccante recital tratto dal volume “Questo è stato. Una famiglia italiana nei lager”, di Piera Sonnino: una rappresentazione completa nella sua essenzialità, scelta e interpretata dal gruppo klezmer piemontese Mishkalè e dalla voce narrante di Silvia Elena Montagnini per raccontare una vicenda tra tante ma emblematica come poche: il dramma umano partito con l’emanazione delle leggi razziali e sfociato nell’arresto, nella deportazione, nello sterminio di una famiglia ebrea ligure e nel lento ritorno alla vita dell’unica superstite.

Una storia raccontata con passione, alternata alle sonorità dolceamare della musica klezmer, che per ottanta minuti ha tenuto il numeroso pubblico con il fiato sospeso, fino allo spontaneo, prolungato, quasi irreale momento di silenzio che ha preceduto i meritati applausi e i doverosi bis.

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