Pascale e il ritorno dello sbattezzo

By 30 Luglio 2021Dall'Italia, Focus

Difficile dire il motivo per cui un quotidiano nazionale abbia dato peso alla notizia, ma Francesca Pascale, nota alle cronache come ex soubrette e soprattutto come ex compagna di Silvio Berlusconi, ha rilasciato un’intervista a Repubblica in cui si dice “delusa” dalla chiesa cattolica per l’insensibilità dell’istituzione nei confronti di alcune categorie. «Resto credente – ha precisato -, ma una Chiesa che discrimina gli omosessuali e che fa ingerenza politica sul ddl Zan mi ha deluso». Pascale ha inoltre rilanciato dicendo di essere “pronta a sbattezzarsi“.

Una boutade che rievoca un antico cavallo di battaglia che, ciclicamente, torna a fare capolino in certi gruppi acattolici (agnostici, ma anche evangelici); ancora oggi è possibile trovare in rete suggerimenti e addirittura moduli prestampati dedicati a chi vuole uscire anche formalmente dalla chiesa cattolica. 

In sostanza la pratica consiste nel proporre una domanda formale alla parrocchia in cui si è ricevuto il battesimo, chiedendo la cancellazione dell’atto. La fattibilità della procedura è stata discussa in più occasioni, sia sul piano formale, sia dal punto di vista teologico, e le richieste sono state affrontate in maniere diverse a seconda della sensibilità delle autorità ecclesiastiche locali, tanto da esigere a un certo punto l’emanazione di alcune linee guida da parte della Conferenza episcopale italiana. «Non è possibile ottenere la cancellazione dell’atto di battesimo – ha spiegato la Cei -, dal momento che attesta un fatto (il battesimo) realmente accaduto»; per questo, in caso di richiesta del diretto interessato, il nome non viene eliminato tout court dal registro parrocchiale, ma viene aggiunta a margine una nota per rappresentare la sua decisione di non fare più parte della chiesa cattolica. L’atto, naturalmente, comporta diverse conseguenze: il soggetto si vedrà privato della possibilità di venire indicato come padrino, avrà bisogno di una specifica licenza per l’eventuale ammissione al matrimonio canonico, non potrà venire congedato con un rito funebre ecclesiastico “in mancanza di segni di pentimento“, subirà l’esclusione dai sacramenti e la scomunica. «Per questo motivo – raccomanda la Cei – è necessario seguire una procedura ben precisa, informando il fedele delle conseguenze a cui va incontro».

foto: repubblica.it

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