Stark, Stork e la giustizia negata

By 9 Marzo 2021Dall'Italia, Esteri, Focus

Avevano 97 e 100 anni gli ultimi due ufficiali nazisti condannati per strage dai tribunali italiani per aver massacrato centinaia di soldati e di civili a Cefalonia e sull’Appennino. Sono mancati nei giorni scorsi, oltre settant’anni dopo i crimini commessi (e ammessi), spirando serenamente nel loro letto. «Sono morti come il biblico Giobbe, soddisfatti dalla vita e “sazi di giorni”. Alfredo Stork e Wilhelm Karl Stark se ne sono andati rispettivamente a novantasette e cento anni senza aver mai scontato un solo giorno di carcere pur avendo ammesso le proprie responsabilità», commenta amaramente Elena Loewenthal sulla Stampa.

Una rete di omertà, complicità e opportunità hanno giocato a loro favore, oltre ogni senso di civiltà e di vergogna. «Oltre quel vuoto – riflette Loewenthal -, oltre il silenzio delle vittime e l’indifferenza del resto del mondo, grida quella che è la parola ebraica per dire “giustizia”, che abbraccia una vasta gamma di significati, ma soprattutto di valori umani traditi da queste storie: tzedaqah vuol dire infatti congruità del giudizio ma anche condivisione del bene. Perché la giustizia, cioè la corrispondenza fra merito e retribuzione, colpa e punizione, è alla base di ogni convivenza».

La vicenda di questi due militari evidenzia come «l’ingiustizia dovrebbe essere fuori posto nel mondo e invece non lo è… nel processo del tiqqun olam, “riparazione del mondo” cui secondo l’ebraismo siamo tutti chiamati a collaborare perché questo è il vero senso della vita, c’è ancora tanto, decisamente troppo cammino da fare».

foto: lastampa.it

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