Tasse, una sfida per il credente

By 29 Ottobre 2021Curiosità, Dall'Italia, Focus

L’imposizione fiscale è sempre un tema caldo: una certa diffidenza, se non vera ostilità, caratterizza il rapporto del contribuente con le richieste economiche dello Stato, necessarie – almeno nell’interpretazione più virtuosa della pratica – a far fronte al bene comune, ai servizi, al funzionamento della democrazia (che è la migliore organizzazione possibile del vivere civile, ricordava argutamente Churchill, ma ha un costo).

C’è un parallelo tra tasse e voto: «l’astensionismo e l’evasione fiscale – ricorda su Avvenire Ernesto Maria Ruffini, direttore dell’Agenzia delle entrate – sono, in maniera diversa, entrambi espressione del nostro senso di appartenenza a una comunità, del nostro sentirci parte dello Stato, di quello Stato di cui siamo direttamente responsabili con i nostri comportamenti di ogni giorno».

Invece nel nostro Paese «succede spesso che in tanti paghiamo le tasse, ma lo facciamo come se ci venissero imposte da un’entità estranea e astratta chiamata Stato», quando dovremmo piuttosto ricordare che lo Stato «siamo noi, con le nostre piccole e grandi scelte di ogni giorno. E siamo Stato, e lo Stato è, anche grazie alle tasse che paghiamo».

Il discorso, purtroppo, non fa troppa presa sul contribuente medio: «con argomentazioni autoassolutorie – nota Ruffini -, troppo spesso pensiamo di poter sottrarci a quell’obbligo, ritenendo che gli evasori siano gli altri, e mai noi».

La questione ha, o dovrebbe avere, un peso specifico ancora più significativo per il credente: «Per i cristiani tutti – ricorda ancora Ruffini – il dovere civico di pagare le tasse assume una forza e un valore ulteriori per l’invito di Gesù di rendere “a Cesare quel che è di Cesare” (Matteo, 22, 21) e, quindi, a riconoscere il diritto dello Stato di riscuotere i tributi. Un riconoscimento che – sottolinea Ruffini – venne espresso in un momento storico in cui i tributi non erano principalmente destinati al bene comune e alla costruzione di quello che oggi chiamiamo, appunto, lo stato sociale, ma servivano a mantenere le corti dei sovrani e i loro eserciti per conquistare il mondo».

Chissà, si chiede Ruffini, “che cosa ci direbbe il Nazareno oggi”, “che cosa penserebbe delle tasse”, se ribadirebbe le parole espresse ai tempi dell’Impero romano o se enfatizzerebbe ulteriormente il concetto, facendo notare che “le tasse sono uno dei modi possibili per amare il nostro prossimo, per non voltargli le spalle, per mettersi nei suoi panni” e che “rinunciare a una parte dei propri guadagni per farsi carico di chi è rimasto indietro può essere una manifestazione d’amore“.

foto: avvenire.it

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