Alika, ucciso per una parola di troppo

By 8 Agosto 2022Dall'Italia, Focus

Lo ha inseguito. Gli ha strappato di mano la stampella che lo sosteneva e lo ha picchiato, fino a farlo cadere a terra. Poi gli ha stretto le mani attorno al collo fino a lasciarlo senza vita. Si è conclusa così l’esistenza terrena di Alika Ogorchukwu, un ambulante nigeriano – no, non era un mendicante, come i media avevano riferito in un primo momento – che viveva con la famiglia a San Severino Marche. A togliergli la vita è stato un operaio 32enne ferito nell’onore per l’approccio forse un po’ insistente della vittima nei confronti della compagna del carnefice (e non, come inizialmente si era detto, per un commento greve dell’ambulante verso la donna).

L’assassino, dal carcere, ha chiesto scusa alla moglie della vittima. Una richiesta che a propria volta ha sollevato qualche riflessione, se non qualche perplessità: «Dicono che si è ravveduto e chiede scusa», rileva Ferdinando Camon su Avvenire. «Ma se si ha ucciso qualcuno e si è veramente pentiti, non si chiede scusa, si chiede perdono. Si chiede scusa per le colpe piccole, e se si chiede scusa per una colpa grandissima, enorme, incommensurabile, vuol dire che si vuole sminuire quella colpa, renderla tollerabile, portarsela dentro senza tanto disagio. E questo è una terribile aggravante… Chiedere perdono è ammettere che quel che hai fatto è smisurato. Chiedere scusa è affermare che quel che hai fatto non è poi granché, in un certo senso scusarsi è un modo per giustificarsi».

Alika frequentava, insieme alla moglie Charity, la chiesa evangelica nigeriana di San Severino. «Con Alika e sua moglie – ha spiegato il pastore Faith al Corriere – ci conosciamo da tempo. Prima seguivano un pastore italiano ma negli ultimi mesi si erano uniti alle nostre funzioni perché noi le teniamo in inglese e loro si trovavano meglio». Appena pochi giorni prima del delitto la coppia era presente al culto: «domenica scorsa alla celebrazione della chiesa evangelica, dove i nigeriani si ritrovano per pregare e stare insieme, li avevano visti felici e sorridenti», riporta ancora il Corriere, e ora la comunità si è stretta alla donna e al figlio di otto anni.

Il giorno dopo l’omicidio si è svolto un presidio spontaneo per chiedere giustizia, cui ha partecipato anche un pastore nigeriano di Potenza Picena. A margine della manifestazione il sindaco ha assicurato che l’amministrazione pubblica coprirà le spese per il funerale – sarà celebrato, probabilmente con rito evangelico, non appena verrà dato il nulla osta alla sepoltura – e che verrà indetto un giorno di lutto cittadino.

foto: corriere.it

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