Il Credo laico di Salvini

By 22 Agosto 2022Dall'Italia, Focus

“Credo”: un concetto ambizioso che, nei secoli, si è caricato di significati profondi e impegnativi, diventando dichiarazione di fede e, insieme, definizione di una posizione teologica. Nell’ultima settimana il termine ha fatto irruzione, a sorpresa, in questa stanca campagna elettorale estiva. Gli strateghi della Lega, con una manovra i cui effetti bisognerà valutare, hanno infatti deciso di utilizzarlo come slogan: fino al 25 settembre lo vedremo campeggiare sui manifesti con i suoi caratteri sobri, il colore bianco e un rassicurante campo azzurro.

Lo stesso Salvini, sui social, precisa i termini della scelta: «Non c’è successo senza “credo”. “Credo” è un atto di fede laica nella bella politica e nel bello della democrazia» (se volete esiste anche una versione del programma letta da Pino Insegno). Il “credo” di Salvini, dunque, ufficialmente è un riferimento laico al programma proposto dalla sua compagine, ma è evidente che tra le righe della scelta si legga molto di più.

Non sarà un caso se Oltreteverela mossa ha dato fastidio per «l’ambiguità provocata dalla scelta di titolare il manifesto programmatico con una parola dalla valenza anche religiosa e cattolica»; secondo alcuni presuli “non è una novità l’uso strumentale della fede” adottato negli ultimi anni da Salvini, e un porporato ha spiegato alla Stampa i propri dubbi in maniera più circostanziata: «non si deve dare neanche l’impressione di giocare sulle e con le parole. Né conquistare il consenso con affermazioni potenzialmente equivoche. Se c’erano buone intenzioni, è stata comunque una leggerezza da evitare; se è una strategia voluta, allora è un trucco, una furbizia che può ritorcerglisi contro». Secondo un altro prelato, Salvini con il suo slogan ha detto «una cosa vera: se non si crede in qualcosa di alto non si riesce a realizzare nulla di buono. Ma sembra avere soltanto usato questa verità in chiave retorica e di propaganda». Va comunque detto che, al di là di generici “malumori” e di qualche privata e anonima “disapprovazione”, per ora sulla questione non si registrano commenti ufficiali del Vaticano.

Più approfondita l’analisi tracciata su Avvenire da Giuseppe Lorizio: «non è difficile pensare che dietro la scelta di un leader politico attento agli umori dei molti, in questo caso Matteo Salvini, vi sia un’accurata indagine sul sentire del popolo, composto di eventuali elettori», riconosce il corsivista; la questione semmai è tentare di capire il «senso del credere e della sua semantica nell’oggi della storia».

Infatti, prosegue Lorizio, «se quando dico “credo” intendo un affidamento incondizionato, allora la domanda diventa: in chi o in che cosa credo? La fede biblica, e in particolare neo-testamentaria, rivolge la propria adesione non a un cosa, come una serie di progetti e intenzioni, princìpi e valori, ma a un Chi. Si tratta di un rapporto interpersonale: io-tu. E per il credente cristiano si tratta del proprio rapporto con Gesù di Nazareth. Per questo possiamo parlare di un credere forte e di un credere debole… Diventa così interessante pensare, anche nel nostro problematico contesto socio-politico, che la fede in senso forte può essere indirizzata solo a una persona (per noi il Dio di Gesù Cristo), laddove la fede in senso debole (ossia come opinione) può rivolgersi anche a delle tesi, a dei programmi a delle scelte empiriche». Due piani diversi, rileva Lorizio, che è pericoloso confondere: «In senso forte e cristiano il verbo credere va riferito alla persona di Gesù, in senso debole e laico a quello per cui un soggetto gioca la propria esistenza nell’impegno intramondano e sociale. Confondere i due ambiti può risultare estremamente pericoloso e fuorviante».

foto: lastampa.it

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