Matrimoni, sfuma la polemica sul ddl

By 6 Dicembre 2022Dall'Italia, Focus

Si è spenta senza particolari conseguenze la polemica sul disegno di legge firmato da cinque deputati leghisti che, con l’intento di rivitalizzare i matrimoni religiosi, proponevano di prevedere un bonus matrimonio a favore di chi intraprende il grande passo e decide di farlo in chiesa. La questione ha turbato il sonno dell’opposizione, ma non solo: l’idea di attribuire il contributo solamente a chi convola a nozze davanti a un prete – non è chiaro infatti che cosa intendessero i cinque firmatari per “religioso”, se la proposta valesse anche per le confessioni minoritarie e, in caso, quali – non ha convinto nemmeno i più ragionevoli esponenti di centrodestra, preoccupati da un lato per la precaria costituzionalità dell’iniziativa e, dall’altro, per l’impopolarità che una divisione tra unioni di serie A e B avrebbe potuto creare rispetto ai matrimoni celebrati in Comune.

Questa seconda obiezione peraltro è stata accolta con una certa tempestività dai proponenti, che a quanto pare si sono ripromessi di modificare il ddl e renderlo più inclusivo. Chissà, magari ragionando con meno fretta si sarebbe evitata una doppia gaffe: sul versante civile «una legge simile sarebbe risultata incostituzionale, perché discriminatoria», nota Luciano Moia su Avvenire, e anche sul piano religioso il bonus avrebbe creato qualche problema, dato che «per il diritto canonico il matrimonio è sacramento che dev’essere frutto di una scelta libera, condivisa e mai “sotto condizione” (can.1102), come si sarebbe configurata con la possibilità di ottenere un vantaggio economico».

Che poi a far discutere è anche un risvolto, diremmo, etico: il disegno di legge propone di fatto una detrazione del 20% sulle spese connesse alla celebrazione del matrimonio fino a un massimo di 20 mila euro; questo «significa che i deputati leghisti considerano legittimo e normale spenderne anche centomila per le nozze in chiesa».

Si tratta di risvolti non secondari che, tuttavia, per Francesco Ognibene non centrano il punto: si sarebbe potuta accogliere con maggiore entusiasmo, rileva, la trovata di chi «nella foresta delle obiezioni materiali e psicologiche… si adopera per eliminare un qualunque inciampo». Infatti, a voler ben guardare, «l’incoraggiamento economico ad assumersi un impegno davanti alla società, con un assegno peraltro circoscritto per reddito, sarà pure poca cosa per chi deve affrontare ora e in futuro ostacoli che richiedono ben altra attrezzatura, e neppure può diventare un modo sbrigativo e rumoroso per sostituire risposte concrete su lavoro, casa, tasse e figli. Ma anche quel contributo per affrontare un passo che molti oggi chiaramente avvertono come troppo impegnativo è il segnale che lo Stato considera il matrimonio ancora come un valore sociale, una garanzia di stabilità, il contesto migliore per vivere e accogliere i figli che si desiderano». Insomma, quei ventimila euro «possono essere un modo per tornare a dire che una coppia sposata è un bene di tutti».

foto: repubblica.it

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