Quando si entra nel vivo della campagna elettorale ogni posizione viene vagliata con particolare attenzione in termini di coerenza. Lo fanno i politici con i loro avversari, lo fanno i giornalisti nei confronti dei candidati (e, a volte, viceversa).
Il dibattito si scalda, inevitabilmente, quando le posizioni riguardano la Bibbia, la fede, i valori, la tradizione e tutte le questioni che ruotano intorno all’etica. Argomenti, ça va sans dire, scivolosi già di per sé, difficili da maneggiare nella vita quotidiana senza che l’interlocutore confronti le parole con i comportamenti di chi gli sta di fronte, le opinioni con i fatti; tanto più, inevitabilmente, succede nei confronti di chi quelle posizioni tenta di accreditarle come bonus politico da giocarsi nelle urne.
In questo rimpallo di dichiarazioni e verifiche entra Michele Serra, che nella sua rubrica quotidiana su Repubblica contesta il “candidato Vannacci” quando promette «il sabotaggio di chi vuole distruggere i valori occidentali, romani e cristiani». Ci faccia l’elenco, chiede provocatoriamente Serra, di questi valori. In particolare per quanto riguarda i valori cristiani, secondo i quali “Vannacci e Salvini rischiano davvero grosso”: del resto, nota il giornalista, «se la parola di Cristo è quella evangelica, praticamente ad ogni rigo il duo è fuori contesto, fuori canone, fuori luogo. Il rischio, a ogni loro passo, a ogni loro parola, è quello dell’apostasia».
Se si salvano, chiosa infine, è perché «il Nuovo Testamento… è gentile anche con i meno disposti alla gentilezza. Cristianamente parlando, dunque, il duo Vannacci-Salvini può contare sul perdono», più che sui valori occidentali e romani che invece, di fronte all’intolleranza, non erano particolarmente benevoli.
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