
Si è tenuta a Washington la cinquantesima edizione della Marcia per la vita. Un’edizione decisamente speciale, e non tanto perché cade a mezzo secolo dalla storica sentenza “Roe contro Wade”, che nel 1973 legalizzò l’aborto, quanto per la clamorosa decisione con cui la Corte suprema, a giugno 2022, ha ricalibrato le competenze sulla materia, affermando che a decidere devono essere i singoli Stati. Una decisione che i partecipanti alla Marcia hanno percepito, naturalmente, come una vittoria (“commemoriamo un momento storico”); il cambiamento si è palesato, riporta Alberto Simoni sulla Stampa, anche in un percorso diverso dal solito, con il corteo che è transitato “davanti al Congresso a sottolineare la necessità di opporsi ai tentativi dei democratici di autorizzare l’aborto a livello federale”.
Nel comizio che ha chiuso la manifestazione erano diversi i politici (anche se, rileva Simoni, “molti fra i repubblicani girerebbero volentieri al largo da un tema politicamente sensibile e tossico elettoralmente”), ma non mancavano nemmeno esponenti del mondo dello spettacolo, tra cui spiccava «Jonathan Roumie, l’attore di The Chosen, la serie tv streaming sulla vita di Gesù, un cult per la base cristiana Usa»; e se i leader si interrogano sul modo migliore per declinare la difesa della vita in seguito alla sentenza della Corte, forse il punto focale della questione è stato colto soprattutto dai molti giovani presenti alla Marcia: «al bando – mormorano i ragazzi in una sorta di inversione rispetto a quelle che erano le battaglie dei loro padri – non ci arriveremo con un divieto legislativo. “Serve una conversione dei cuori”, dicono».
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