
«Nella terra di Lutero non c’è più religione», annuncia Paolo Valentino sul Corriere. Succede che in Germania, per la prima volta, «il numero di persone che dice di appartenere alle due confessioni principali, protestante e cattolica, è inferiore a quelli che si dichiarano konfessionslos, senza religione appunto». I non credenti (o, meglio, i non allineati) sono 39 milioni, il 47%, mentre i cristiani (o, meglio, quanti si dichiarano cattolici o protestanti) si fermano a 38 milioni, il 45%; a questi, comunque, vanno aggiunti 3,3 milioni di islamici e centinaia di migliaia di cristiani che aderiscono a confessioni minoritarie.
Il Corriere ricorda che ancora nel 1990 – 35 anni fa – i non credenti erano appena il 22%. Il recente sorpasso è dovuto agli scandali emersi negli ultimi anni – corruzione e abusi sessuali – ma non si può dimenticare «una ragione più prosaica dell’aumento dei konfessionslos: in Germania, infatti, chi dichiara l’appartenenza a una chiesa, deve pagare la kirchensteuer, vestigia medioevale che aggiunge un carico fiscale tra l’8% e il 9% all’aliquota sul reddito».
Finora non aveva mai pesato a questi livelli, ma «in tempi di crisi economica, con il Paese in recessione ormai da tre anni di seguito, anche i tedeschi devono fare una scelta tra Dio e mammona».
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