
Si sono svolti domenica a Glendale, in Arizona, i funerali di Charlie Kirk, l’esponente MAGA ucciso mentre parlava in un’università dello Utah. Kirk, 31 anni, non ha mai nascosto la propria fede evangelica, cui ha ispirato almeno in parte il suo impegno politico conservatore.
Alla cerimonia, tenutasi in uno stadio gremito, hanno parlato numerosi esponenti conservatori e diversi pastori evangelici, oltre allo stesso presidente Trump, al suo vice Vance e ovviamente alla vedova di Kirk, subentrata alla guida di Turning point, il progetto con cui Kirk stava portando avanti il suo impegno politico.
«“E gli angeli piangono, santo. E la creazione piange, santo. Tu vieni sollevato in alto, santo. Santo per sempre”. Con le braccia al cielo, sessantamila persone cantano “Holy forever”»: così apre il suo reportage il Corriere, ricordando poi che «per tre ore, a partire dalle 8 del mattino, si alternano i più famosi cantanti pop cristiani d’America – da Chris Tomlin a Phil Wickham – mentre lo stadio si riempie di persone che aspettavano in fila da molte ore, alcuni dalla sera prima. Gli amici di Charlie Kirk… non vogliono che questo sia solo un funerale dell’attivista più influente tra i giovani conservatori americani: vogliono che sia un revival di fede».
«La verità è che matrimonio e famiglia sono più importanti dell’istruzione o della carriera… La verità è che Gesù Cristo è il Re dei re», scandisce il vicepresidente Vance, ed è questa l’impronta di tutta la giornata: «sono pieni di riferimenti biblici i discorsi di influencer e podcaster», notano i giornali, mentre Mikey McCoy, collaboratore di Kirk, spariglia rievocando Kierkegaard: «Il tiranno muore e il suo dominio finisce; il martire muore e il suo dominio inizia» e sui seggiolini dello stadio si cita Isaia 6:8 («Eccomi, Signore, manda me!»). Insomma, una giornata per ribadire valori cristiani, battaglia politica e gratitudine verso un personaggio che si poteva amare o detestare, ma di cui non si poteva non apprezzare la vocazione al confronto.
Secondo La Stampa la cerimonia è stata «un episodio crossover tra una convention repubblicana e la domenica in una di quelle mega-chiese ultra-conservatrici senza le quali Donald Trump non sarebbe stato eletto»; Repubblica, da parte sua, ha visto la funzione come «la messa cantata dell’America bianca e cristiana, che consacra Charlie Kirk come il suo martire, richiamato a sé da Dio perché così fa lui con chi gli è davvero caro, e questo tragico destino compie in realtà il suo imperscrutabile piano»; durante la cerimonia, prosegue il quotidiano, «sul palco si alternano cantanti della musica cristiana che nel resto del mondo pochi conoscono, ma qui dentro sono più popolari dei Beatles… la parola più citata è alleluja» (il resoconto dell’attesa, tra preghiere è canti, è qui).
Il Messaggero, nel riferire dell’incontro, parla di «molti giovani alla moda, che cantano inni evangelici a occhi chiusi sotto le note rock di band che potrebbero esibirsi benissimo a un festival, se non fosse per il messaggio cristiano e tradizionalista che è molto lontano da quello progressista» [sic].
Si è trattato di un funerale che rilancia il nazionalismo cristiano, ha riflettuto invece Steve Bannon: l’ex ideologo di Donald Trump, intervistato dal Corriere, rileva come la cerimonia ha segnato un “revival” dei valori americani, e quindi il recupero, anche in chiave politica, delle radici giudaico-cristiane contro “questa società demoniaca e atea”.
A margine, Erika Kirk ha rilasciato un’intervista al New York Times raccontando suo marito, la sua fede, il loro rapporto e le prospettive di Turning Point; il Corriere ne ha sunteggiato i contenuti.






