Che sia una moda o il futuro che ci aspetta, il metaverso sta prendendo piede. Non tanto nella rete, quanto sui giornali che ne parlano come se da un giorno all’altro dovessimo adattarci a vivere con un visore sugli occhi per garantirci un paradiso virtuale di acquisti senza file, viaggi senza fatica, visite mediche senza spostamenti. Una pacchia a tre dimensioni, insomma, almeno nelle premesse.
I rischi del metaverso sono stati affrontati di recente sul Corriere da Milena Gabanelli, che ha rilevato come il fenomeno non sia regolato oggi da nessuna legge specifica, facendo inoltre notare che i dati raccolti attraverso le nostre esperienze online rimangono di proprietà delle piattaforme, con tutte le conseguenze del caso.
L’argomento, come detto, viene trattato in maniera preventiva, dato che per ora la virtualità conta poco più di un videogame; sia come sia, c’è chi già comincia a piantare bandiere sulla luna del metaverso, e alcune abitudini si stanno spostando sulle piattaforme virtuali. Guido Mocellin su Avvenire segnala che «in Polonia stanno ottenendo molto successo, presso i giovani, delle “messe virtuali”». Sulla piattaforma Roblox, infatti, «vi sono utenti che vi hanno creato, e non da ieri, luoghi di culto cristiani, a imitazione di quelli realmente esistenti, e che, di conseguenza, all’interno di questi luoghi di culto “giocano” alla messa».
Pare che la pratica coinvolga milioni di utenti, con tutti i pro e i contro del caso: «molti osservatori sottolineano la qualità delle riproduzioni dal punto di vista liturgico, oltre che architettonico, e le buone intenzioni dei moderatori»; dato che le pratiche «hanno finalità di evangelizzazione, avvertono i giocatori che le celebrazioni non hanno valore religioso e “si astengono volutamente” dal simulare gli altri sacramenti. Ma alla speranza che il successo del “gioco” liturgico (ri)avvicini i ragazzi alle liturgie reali si giustappone il timore che, al contrario, la liturgia ne finisca ridicolizzata».
