Bergoglio, luci e ombre di un papa inedito

By 29 Aprile 2025Focus

Con una dichiarazione del cardinale camerlengo nella cappella privata di casa Santa Marta, lunedì mattina è stata comunicata la scomparsa di papa Francesco, Jorge Mario Bergoglio, morto a 88 anni in seguito a un ictus cerebrale.

Francesco o si amava o si detestava, ricorda Fabrizio Roncone sul Corriere: «o ti piaceva quel suo essere progressista, diretto e ruvido ai limiti del populismo, o pensavi che stesse picconando la Chiesa», ma nonostante questo «la voce di Francesco, spesso, è stata la voce dei credenti e anche dei laici».

Di certo con Bergoglio, primo papa sudamericano nei modi e soprattutto nell’anima, è arrivata una ventata di novità che si è posta a metà tra il mezzo e il messaggio: Bergoglio che non indossa la mozzetta rossa né una croce pettorale sfarzosa, che evita l’isolamento della terza loggia per vivere in una semplice camera d’albergo, che si preoccupa di chi monta i turni di guardia, che telefona a sorpresa e compare ospite in programmi televisivi, che accetta di posare nei selfie dei ragazzi, che ammette l’impulso a “dare un pugno” a chi parlasse male di sua madre, che si irrita con la donna che lo trattiene fino a farlo vacillare.

Immagini semplici ed efficaci di un papa che, andando oltre, ha semplificato riti, irriso tradizioni, abbattuto miti (fateci caso, si è estinto perfino sui social l’ingenuo pauperismo evangelico del “perché il papa vive nello sfarzo?”). Si è fatto conoscere per l’utilizzo di un linguaggio che ha preso alla sprovvista il formalismo della curia, ma ha spiazzato anche un mondo evangelico che, fino a quel momento, era abituato a essere l’unico a parlare la lingua della gente.

«Bergoglio ha disarticolato diverse istituzioni della Chiesa, a cominciare dalla Segreteria di Stato, cuore del governo vaticano per decenni. Ma bisognerà capire che cosa resterà del suo papato in termini dottrinali», ricorda Massimo Franco; rimane il fatto che «ha dato alla Chiesa un movimento di estroversione, l’ha fatta uscire da se stessa. Ha capito che non siamo di fronte a un’epoca di cambiamento, ma a un cambiamento d’epoca», sottolinea il cardinale Marcello Semeraro. Per farlo, Francesco «ha dissimulato il suo profilo ideologico in nome del suo essere pastore» (così Fausto Bertinotti) nell’ottica di una riconciliazione su tutti i versanti.

Puntando sull’umanità e la misericordia papa Bergoglio è stato infatti, volutamente, pastore più che teologo, e spesso ha lasciato emergere i tratti da parroco di periferia che conservava con orgoglio: si muoveva su un’utilitaria, tifava una squadra di calcio, pranzava in mensa, scherzava, usava un linguaggio fresco e, nel bene o nel male, amava andare alla sostanza, lasciando i teologi a discutere tra loro mentre lui – sorvolando su aspetti anche non secondari – come ci ricorderanno in questi giorni i teologi – abbracciava gli esponenti di altre confessioni e perfino di altre religioni, amplificando la linea inclusiva tracciata da Wojtyla ed eclissando la sobrietà e la coerenza – fatalmente divisiva – di Ratzinger.

In virtù di questo suo approccio Bergoglio è stato, il 28 luglio 2014, il primo papa a rendere visita a un pastore evangelico in una chiesa evangelica, assistendo a una funzione pentecostale (qui la cronaca e le riflessioni) per introdurre nel suo intervento l’amato concetto del poliedro («il poliedro è una unità, ma con tutte le parti diverse; ognuna ha la sua peculiarità, il suo carisma») e, in un passaggio particolarmente intenso, chiedere perdono per le persecuzioni subite dal movimento pentecostale da «quei fratelli e sorelle cattolici che non hanno capito e che sono stati tentati dal diavolo e hanno fatto la stessa cosa dei fratelli di Giuseppe» (oggi il pastore Traettino, suo amico personale e destinatario della visita di allora, lo ricorda qui e qui).

E poi la visita alla moschea di Istanbul nel 2014, alla chiesa valdese di Torino nel 2015, alla sinagoga di Roma nel 2016; l’abbraccio con le testimonianze viventi della ferocia umana, Liliana Segre ed Edith Bruck, ma anche di un’anima agli antipodi, Emma Bonino.

«Nella vulgata, Benedetto XVI è stato l’ortodosso per antonomasia, Francesco il riformatore quasi rivoluzionario. Eppure il gesto più rivoluzionario e dirompente, addirittura traumatico è stata la rinuncia di Ratzinger nel 2013», sottolinea Massimo Franco; tuttavia, nella sofferenza di un Bergoglio presente fino all’ultimo, «si è avvertito il gesto commovente di chi sapeva che due papi dimissionari, uno dopo l’altro, sarebbero stati troppo per la Chiesa cattolica». Quella persistenza, secondo Massimo Franco, è stata «il gesto ortodosso di un Papa enigmatico fino alla fine».

In questi giorni i ricordi si sono moltiplicati e ognuno – soprattutto i politici – ha raccontato la parte di Bergoglio che più gli tornava comoda: «fa un po’ ridere – nota Mattia Feltri sulla Stampa – che ognuno del Papa si prenda quel che gli calza, scordi il rimanente e accusi il resto del mondo di ipocrisia».

Per questo, in un momento in cui la tentazione amarcord è più che mai dietro l’angolo, trovano ancora più senso le parole di Aldo Grasso: «Il silenzio ci appare oggi come un vuoto angoscioso ma per i credenti è una grande cerimonia, una liturgia. Dio giunge nell’anima che fa regnare il silenzio dentro di sé, ma rende muto chi si perde in chiacchiere, in ricordi personali: Io e il Papa…».

foto: casertanews.it

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