Antisemitismi vecchi e nuovi

By 12 Dicembre 2003Israele

L’ antisemitismo si trasforma
 
di Federico Steinhaus

La visita in Israele di Fini ha fatto sì che i media nazionali – finalmente! – si occupassero di antisemitismo, un argomento che avevano sempre trascurato ed evitato comunque di analizzare.
Noi siamo abituati a confrontarci con un antisemitismo becero, che ricalca stereotipi noti ed abusati, presi di peso da pregiudizi razzisti e leggende del Medio Evo cristiano. L’ antisemitismo “nuovo” ci sconcerta, non siamo culturalmente preparati ad inquadrarlo correttamente, e temiamo di cadere nella trappola fatale di confondere antisemitismo e critica politica.
Si tratta dunque, sia pure in poco spazio, di chiarirci le idee in proposito.
Le manifestazioni di antisemitismo si possono ancora oggi dividere nelle due categorie oramai storiche e collaudate dell’ antisemitismo razzista (omicidio rituale, raffigurazioni fisiche caricaturali, onnipotenza finanziaria, complotti contro l’ umanità) e di quello politico collegato direttamente all’ esistenza di Israele (il governo israeliano prende decisioni che non condivido, ed io ne attribuisco la responsabilità a tutti gli ebrei, che ritengo complici; gli ebrei mi sono simpatici, ma non hanno diritto ad avere un loro stato; Israele è una entità usurpatrice e razzista).
Ma le due forme non sono più riferibili ai medesimi schieramenti destra politica e veterocattolica la prima, sinistra comunista la seconda) – , né sono così facilmente distinguibili.
In primo luogo, altri gruppi si sono impossessati di questi antisemitismi: l’ islam del primo, la sinistra in genere del secondo. In secondo luogo, più che mai in passato esiste una marcata tendenza ad unificare le due forme di antisemitismo classico in manifestazioni meno sofisticate di odio antiebraico: ne sono un esempio alcuni siti web di matrice islamica, una parte della stampa araba, e reti televisive di paesi arabi che propongono l’ immagine dell’ ebreo che pratica l’ omicidio rituale, che domina la finanza mondiale, e che agisce nell’ ambito di un vasto complotto contro l’ islam, per realizzare il quale l’ esistenza di Israele è uno strumento.
Su queste basi si sta configurando una saldatura di fatto tra componenti socio-politiche fra loro  inconciliabili: sinistra e destra estreme, islam radicale, circuito anti-globalizzazione. Per tutti costoro, il nemico è sempre (e spesso soltanto) l’ ebreo.
Non basta: altre variabili più sfumate di antisemitismo si uniscono a questi due filoni, innestandovi manifestazioni apparentemente neutre, ma che contengono messaggi in codice, il cui riferimento culturale è comunque sempre riconducibile all’ antisemitismo classico. Al centro di questi messaggi troviamo spesso il riferimento alla shoah, non più in termini di negazione (anzi: spesso di condanna senza attenuanti) ma piuttosto presentata come un meccanismo ricattatorio attraverso il quale Israele (ecco il codice di interpretazione: Israele come paradigma per gli ebrei) costringe il mondo occidentale ad un eterno pentimento da trasformare opportunamente in esborsi di miliardi ed in sostegno politico.
E qui si inserisce anche un cliché nuovo, spesso utilizzato con un vittimismo che ammicca malizioso, da certuni politici: guai a criticare Israele, gli ebrei subito ti accusano di essere antisemita!
Sharon ha detto a Fini che l’ Europa è troppo condiscendente, o distratta, nei confronti di questo antisemitismo. L’ enfasi è forse eccessiva, ma la sostanza è reale. La Francia ha tollerato ignobili atti di antisemitismo, la Grecia non assume provvedimenti per impedire manifestazioni gravissime e diffuse di odio antiebraico, ed in nazioni dell’ Europa settentrionale, nelle quali la presenza ebraica è modesta da ogni punto di vista, e che sono da sempre civilmente immuni da razzismo ed antisemitismo, questo fenomeno è in crescita. E l’ Unione Europea, che su tutto ciò tace, scottata dalle polemiche sul sondaggio che indicava Israele come il paese più pericoloso per la pace, ha pochi giorni dopo cestinato con una “decisione politica” (questa la motivazione ufficiale) un sondaggio che lei stessa aveva commissionato, perché era emerso che la presenza di musulmani era un fattore direttamente collegabile alle manifestazioni antisemite.
In conclusione, noi siamo impreparati a valutare le radici culturali e politiche di questi antisemitismi incrociati, restii ad attribuirne pubblicamente le paternità, incapaci di interromperne il circuito di diffusione. Ma questo atteggiamento di passiva rassegnazione deve cedere il posto ad iniziative efficaci e tempestive, se non vogliamo che l’ immagine di complicità trovi una conferma nei fatti.

(Informazione Corretta, 4.12.2003)

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