Un ebreo francese non ubbidisce al Gran Rabbino di Francia

By 2 Dicembre 2003Israele

Qualche giorno fa il Gran Rabbino di Francia, Rav Sitruk Chlita, in conseguenza di ripetuti attacchi contro degli ebrei ha pubblicamente consigliato gli ebrei di non portare la kippà in pubblico. Nell’articolo che segue l’autore, un ebreo francese, prende posizione contro le sue dichiarazioni.

«Mai senza la mia kippà…»

di Claude Bensoussan

Soltanto pochi mesi fa, durante una manifestazione pseudopacifista, un giovane ebreo dell’Hachomer Hatsair era stato preso a botte. Con l’aiuto di un megafono, un membro di un gruppuscolo musulmano aveva tenuto un discorso revanscistico e pieno di odio in cui prometteva agli ebrei il peggiore avvenire in Francia.
“Guardateli – aveva detto rivolgendosi alla folla antisemita – gli ebrei camminano rasente i muri! Fra poco saranno costretti a nascondersi!” Ecco quello che succedeva non molto tempo fa sui pavè parigini.
Oggi, signor Gran Rabbino di Francia, Rav Sitruk Chlita, io le chiedo, a nome di quelli che non hanno accolto il suo consiglio, e con tutto il rispetto che le devo, conoscendo inoltre per quali prove lei è recentemente passato, io le chiedo di spiegarci il tenore dei suoi consigli, trasmessici via radio domenica 16 dicembre, all’indomani dell’incendio della scuola ebraica di Gagny.
Questi consigli, provenienti dalla più alta autorità religiosa ebraica di Francia che è lei, nostro Maestro per tutti, hanno dato luogo a tutti i tipi d’interpretazione, dalla semplice indifferenza alla presa in giro, cosa che non possiamo tollerare, dall’indignazione alla ribellione che nasce dall’incomprensione. E’ senza spirito polemico che mi rivolgo a lei, ‘has véchalom, ma con la convinzione che i suoi propositi sono carichi di conseguenze, e se nelle righe che seguono lei dovesse scorgere un attentato al suo onore, la prego di scusarmene e di non portarmi rancore. La passione che ci metto è pari al mio stupore. Senza dubbio lei ha delle informazioni gravi di cui noi non disponiamo. In ogni caso, le domande restano e la nostra incredulità anche…
Dopo le sue prese di posizione sul velo, contestabili e contestate, ecco che arriva il momento dei consigli per garantire la “sicurezza” della comunità ebraica di Francia. Non dubito neppure un istante della sua preccupazione di preservare i suoi fratelli ebrei da ogni aggressione, in questi tempi di turbamento per l’ebraismo francese e dopo i molteplici attentati antisemiti sul suolo della patria dei Diritti dell’Uomo. Questo nasce da un buon sentimento e può essere certo che è così che l’abbiamo inteso. Da parte mia, ho capito. Ho capito fin troppo bene…
Così, sostituendo la mia kippà con un berretto, sarei meno bersaglio dei cacciatori di teste ebraiche? Ma perché non ci ho pensato prima! Si rischia di creare un precedente molto inquietante…
Se non mettiamo più la nostra kippà, dovremmo anche raderci la barba, per quelli che la portano, e nascondere i nostri peyot o treccioline, e non uscire più con i nostri tallit o, peggio ancora, recarci discretamente in sinagoga nascondendo i nostri attrezzi di preghiera in una borsa anonima? Mi dirà che la maggior parte di noi già lo fa, lo so. Come so che la maggior parte non porta la kippà, né alcun altro segno distintivo. Non è questo che mi preoccupa: ogni ebreo è libero di esprimere il suo ebraismo come crede meglio, e io rispetto gli uni e gli altri.
Ma quello che lei chiede di fare, a noi che portiamo la kippà, non è niente di meno che camminare rasente i muri…
Crede forse che “velando” questo segno “ostentato” passeremo inosservati? Crede davvero che l’ebreo normale non sia individuabile, che sia praticante o no? E’ sicuro che soltanto quelli col capo coperto saranno aggrediti? Una triste sorte ci aspetta…
Devo ricordarle che gli ucraini furono arruolati dai nazisti per aiutarli a riconoscere gli ebrei durante la guerra? E che quelli che non portavano la kippà o segni distintivi erano traditi dal loro sguardo, lo “sguardo ebraico”, come dicevano i fanatici di Eichmann?…
Devo farle tornare alla memoria gli ebrei del ghetto di Varsavia o di Lvov che continuavano a tenere la kippà nonostante i loro carnefici, e che l’hanno tenuta, come gli hassidim di Guer, fino alle porte dell’inferno?…
Devo ricordarle uno degli ultimi episodi antisemiti in Francia, la ricusazione di un magistrato da parte di un imputato, con la motivazione che il detto magistrato era ebreo? e che questo non ha niente a che vedere con una kippà? Non è questa un’aggressione? Devo ricordarle le donne ebree aggredite, che non erano tutte “praticanti” e spesso non portavano la kippà?…
E quelli che portano la kippà, che devono fare? Mettere il berretto anche il sabato o solo gli altri giorni? O forse un berretto basco?
E perché non una jellaba per meglio confondersi in mezzo agli islamisti che gliele suonano di santa ragione?
Un ebreo si riconosce soltanto dalla kippà? Meno male che non abbiamo gli occhi a mandorla, altrimenti dovremmo agghindarci con degli occhiali da sole!
Un ebreo con il berretto o con la kippà, è comunque diverso?
Dovremmo anche nascondere i nostri lulav a Succot, non entrare più in una drogheria “Kasher” e evitare i quartieri a forte densità di negozi ebraici, per non essere riconosciuti per strada?
Mi rifiuto di ridiventare l’ebreo dhimmi tunisino, marocchino o algerino! Mi rifiuto di trasformarmi in un ebreo che si vergogna, come quelli che lei ed io abbiamo conosciuto nella nostra giovinezza!
La sua presa di posizione sul velo non era appunto un retro-pensiero sul mantenimento del diritto di portare la kippà? E perché mai fare una simile dichiarazione proprio quando il Presidente della Repubblica ha preso una posizione forte sull’antisemitismo e ha mobilizzato i prefetti di tutta la Francia, atteggiamento che aspettavamo tutti da tre anni?
A questo proposito, è ridicolo riunire le vittime, quando sarebbe stato più opportuno convocare i rappresentanti del culto musulmano e tenere con loro un linguaggio di fermezza, sapendo che i presunti colpevoli sono usciti dalla comunità magrebina.
Che cosa penseranno i nostri Maestri di Bne Brak e di Yerushalaim? Qual è la loro opinione in merito? Devono dissimulare la loro kippà, in un paese in cui non c’è antisemitismo di Stato, almeno in apparenza, e in cui la libertà di culto è uno dei principi fondamentali?
Nei paesi del comunismo, all’epoca delle peggiori persecuzioni contro gli ebrei, nell’URSS di Stalin, gli hassidim habad chiesero al Rabbi di Lubavich quale doveva essere il loro atteggiamento davanti all’oppressore. Allora si trattava di salvaguardare la vita degli ebrei in un ambiente ostile, e le velleità religiose erano punite con la morte o con l’esilio in Siberia. Il Rabbi consigliò di indossare un berretto. E questo non li lascerà più, anche dopo che uscirono dalla Cortina di Ferro, in ricordo di quel periodo eroico.
Siamo già a questo punto? Ne dubito.
Mi sembra che un ebreo non debba curvare la testa davanti a un’orda di sfaccendati, di nazistelli da quattro soldi che sono l’onta della loro comunità e discreditano la loro fede.
Per questo mi rifiuto di rasentare i muri e mi batterò affinché siano i disinibiti antisemiti a farlo, e non abbiano più diritto di cittadinanza, qui e altrove. So bene che portando un berretto non facciamo alcuna concessione alla pratica dei Comandamenti, ma dissimulando la mia kippà io concedo ai razzisti una “vittoria”, senza con ciò impedire loro di nuocermi.
E non dimentico le parole del Deuteronomio (XXVIII: 9,10)

«Il SIGNORE ti costituirà suo popolo santo, come ti ha giurato, se osserverai i comandamenti del SIGNORE tuo Dio, e se camminerai nelle sue vie.
E tutti i popoli della terra vedranno che tu porti il nome del SIGNORE, e ti temeranno.»

Mai senza la mia kippà.
In attesa di essere fra poco in Israele, unico luogo al mondo in cui non rischio di essere trattato da “sporco ebreo”, e quand’anche fosse, sarà soltanto perché avrò omesso di lavarmi…
Così, Rav Sitruk Chlita, signor Gran Rabbino di Francia, nonostante tutto il rispetto che ho per lei, che ha instaurato lo Yom Hatorah in questo paese, e sapendo tutto l’humour che la caratterizza, mi permetta di non obbedirle…
E di pregare che tutti coloro che portano la kippà facciano altrettanto…

(Guysen Israël News, 23 novembre 2003 – trad. www.ilvangelo.org)

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