
ROMA – Il 10 del mese di tishri, dieci giorni dopo Rosh Hashanà, il mondo ebraico festeggia Yom Kippur, ovvero il Giorno dell’Espiazione. Yom Kippur è uno dei due giorni solenni comandati dalla Bibbia, il giorno più santo dell’anno, un avvenimento estremamente importante e ricco di pathos poiché vengono messi a nudo i peccati del popolo, chiedendo a Dio perdono e misericordia. La celebrazione viene descritta nella Bibbia in Levitico 23:26-32.
Quest’anno Yom Kippur inizia al tramonto di martedì 22 settembre, alle 18.45 e termina alle 19.45 di mercoledì 23 settembre.
I RITI. La celebrazione di Yom Kippur – che comprende riti specifici e preghiere dedicate molto diverse a seconda della comunità ebraica di riferimento – ha un peso molto forte nelle coscienze degli ebrei e prescinde dal luogo dove essi vivono. Questo giorno è stato sempre il più sacro per gli ebrei, fin dal periodo di Mosè ed è un grande Shabbat, “il sabato dei sabati” inteso come giorno sacro e celebrativo in cui, come si legge dal passaggio di Levitico, è comandata l’astensione dal lavoro. La convocazione di Yom Kippur è definita una “legge perpetua”, quindi eterna, immutabile per tutte le generazioni e in ogni luogo; è un tempo di digiuno, riflessione, pentimento e purificazione che va osservato una volta l’anno.
Essendo Kippur un giorno di digiuno, il pasto che precede l’inizio dello stesso è caratterizzato da cibi semplici.
LA TRADIZIONE. Il giorno di Kippur, secondo la tradizione, Mosè salì sul Sinai per ottenere delle nuove Tavole della Legge, dopo la rottura delle due precedenti, provocata dalla presenza del vitello d’oro costruito dal popolo ebraico. Nel frangente il popolo era dedito al pentimento e alla preghiera. Passati quaranta giorni Dio accolse il pentimento del popolo, consentendo a Mosè di donar loro le nuove tavole, che furono mostrate a Israele quando Mosè scese dal monte, ovvero il 10 di tishrì.
Una delle parole correlate al termine ebraico Kippur è kapporeth, letteralmente “coperchio”: l’espiazione, quindi, rappresenta la copertura del peccato da parte di Dio.
Durante Yom Kippur il Sommo Sacerdote (Cohen Gadol), colui che aveva l’onore di essere scelto per espletare questa funzione in quel giorno, si purificava, entrava nel Luogo Santissimo – o Santo dei Santi – per compiere l’espiazione annuale per sé stesso e per tutto il popolo. Per Yom Kippur il Cohen Gadol, durante il cerimoniale, pronunciava per dieci volte il nome santo di Dio (YHWH) e i sacerdoti, insieme al popolo, quando sentiva pronunciare il Nome, si prostravano in atteggiamento reverenziale. A partire dall’inizio del periodo rabbinico, la pronuncia del tetragramma sacro fu limitata al servizio del Tempio.
Nel Giorno dell’espiazione Dio si riconcilia col Suo popolo, purificato, perdonato e riscattato dai peccati. Esso era un giorno di redenzione e, oltre all’offerta degli olocausti e delle oblazioni previste (dettagliate in Numeri 29:7-11) avveniva uno scambio, ovvero la sostituzione del popolo con un capro offerto in sacrificio per i peccati della nazione, mentre un altro capro veniva cacciato dalla città con la colpa su di sé e lasciato vagare nel deserto. Il sangue del capro sacrificato veniva portato dal Sommo Sacerdote nel Luogo Santissimo, davanti alla presenza di Dio, all’Arca dell’Alleanza. Il rischio di perdere la propria vita entrando nel Santo dei Santi era altissimo, per cui il Cohen Gadol doveva prepararsi e purificarsi adeguatamente, compiendo prima l’espiazione per i propri peccati seguendo delle prescrizioni precise.
GLI USI. Durante Kippur gli uomini indossano il tipico mantello con le frange utilizzato dagli uomini per pregare. Prima di Kippur, gli ebrei celebrano mangiando cibi festivi, torte al miele, nella speranza di un anno dolce ed abbondante. Inoltre, praticano azioni caritatevoli, si immergono nei Mikveh (le vasche/i bagni rituali), benedicono i propri figli, accendono una candela commemorativa (che rimarrà accesa per tutta la durata del giorno sacro) e, prima del tramonto, si recano in Sinagoga per il servizio di Kol Nidrei (dall’aramaico “tutte le promesse”) dove vige l’usanza di leggere da Levitico, Giona e dai Salmi, oltre alla recitazione dello Shemà e di alcune preghiere specifiche come l’Al Chet (per il peccato) in cui vengono confessati i peccati per otto volte. Dopo il suono dello Shofar, vi è la celebrazione dell’Havdalah, la chiusura del cerimoniale.
Gli ebrei di tradizione sefardita, per Yum Kippur consumano un dolce chiamato “Bollo” o “Bolo”, ovvero un buccellato. È anche usanza tra iniziare la costruzione della propria Capanna (Sukkah) in preparazione della successiva Festa dei Tabernacoli (Sukkot).
(a cura di Ambra Marchese)
foto da torahinmotion.org