Rebecca St James, sei anni dopo

By 11 Giugno 2008Musica e dintorni

MILANO – Di nuovo in Italia, di nuovo a Milano dopo sei anni: Rebecca St James, cantante e autrice cristiana tra le più amate dai giovani americani, ha fatto tappa nel capoluogo lombardo per l’unica data italiana del suo tour europeo, per un concerto che aveva l’obiettivo di promuovere l’impegno di Compassion Italia.

Certo, a chi era presente al concerto di Rebecca St James al teatro PIME nel 2002 non saranno sfuggite alcune sostanziali differenze tra le due iniziative. Innanzitutto il posto: non un teatro di periferia ma il Rolling Stones, un luogo-simbolo, che quando non cede a tentazioni da discoteca è un ridotto ma interessante anfiteatro per concerti a metà tra l’informale e il tecnologico, tempestato di schermi al plasma che sottolineano in tempo reale a ogni angolo le immagini provenienti dal palco.
In secondo luogo un teatro, con le sue file di sedie, non può offrire il dinamismo di un parterre dove convergere per partecipare al concerto a diretto contatto con l’artista, cantando e quasi interagendo con chi sta sul palco. E questo, in un concerto per giovani, non è trascurabile.
Terzo, il gruppo spalla: una formazione americana non troppo coinvolgente, nel 2002; un Giorgio Ammirabile brillante, con una band di tutto rispetto e un repertorio particolarmente accattivante, qualche giorno fa.

A conti fatti, insomma, tra i due concerti passava la differenza che c’è tra un concertino senza troppe pretese e una performance con tratti professionali. Onore al merito, quindi, per Fabrizia Costa Brenna, che ha creduto nell’idea e l’ha portata avanti per offrire a Milano una serata diversa e a Compassion un’altra occasione di visibilità

La partecipazione, rispetto al 2002, è stata più corposa, se non doppia: certo inferiore alle aspettative, ma tale comunque da non dare un’impressione desolata al locale. Magari le chiese milanesi, sempre pronte ad accogliere le iniziative capaci di avere un impatto positivo sui giovani, avrebbero potuto fare di più per incoraggiare gli under 20 (in fondo la scuola ormai è finita…), e magari si sarebbe potuto puntare su una comunicazione più mirata, ma tant’è: chi conosceva la cantante, la sua carriera e il suo impegno non si è perso la serata, arrivando perfino dalla Toscana per godersi l’appuntamento.

Come detto, in attesa di Rebecca St James è salito sul palco Giorgio Ammirabile con la sua band, per una performance dalle sfumature marcatamente caraibiche che ha avuto il pregio di trascinare subito sotto il palco una parte dei presenti. Accompagnato da Stefano Rigamonti al pianoforte, Theo Brown al basso, Julian Chamber alla batteria, oltre ai soliti Antonio Calò alla chitarra, Edi Gomez alle percussioni e il quartetto vocale Debora Sgro-Daniela Benevelli-Lidia Genta-Sara Taccardi, Ammirabile in un’ora di performance ha alternato brani ritmici a noti successi della musica cristiana – con un intermezzo a sorpresa del cantautore pugliese Nico Battaglia -, fino al trascinante finale che ha introdotto il video del suo viaggio in Tanzania con Compassion.

Dopo una breve pausa, introdotta da un sottofondo musicale deciso e accompagnata dall’entusiasmo dei giovanissimi, sale sul palco Rebecca St James: mise scura e sorriso solare, apre con “Alive” una rassegna che, in una decina di brani, attraverserà la sua ultima fatica e i suoi primi successi. Rispetto al 2002 la cantante australiana (che, potenza della globalizzazione, vive a Nashville) parla di meno, concedendosi appena due o tre digressioni, di cui naturalmente una è stata dedicata alla missione di cui è testimonial.

I ritmi e i suoni sono intensi, anzi, fin troppo marcati: forse non dovrebbe stupire in un locale strutturato per essere una discoteca e su un repertorio che non a caso è apprezzato dai più giovani, eppure non riesce a convincere il mixaggio che non valorizza la voce quanto la frontline strumentale (peraltro eccellente, composta da Greg Everett alla chitarra, Jon Murray al basso, Josh Hailey alle tastiere, Brandon Lozano alle percussioni), impastando spesso i suoni oltre l’accettabile.

La voce e la tenuta di palco della cantante non sono in discussione, mentre piacevole scoperta sono stati Joel e Luke, due fratelli della cantante (in tutto ne ha cinque) che si sono esibiti in duo con un ottimo affiatamento e una buona resa live: evidentemente Rebecca crede nel loro talento, se si avvale di loro come vocalist nel corso di quasi tutto il concerto e se per loro, di recente, si è anche improvvisata produttrice.

Nel corso del concerto Rebecca non trascura il suo personale appello a favore della castità (tema che aveva a cuore già nella precedente puntata milanese e cui ha dedicato un brano, “Wait for me”) e, prima di concludere, si concede e concede al pubblico due classici del repertorio di lode, “Breathe” e “Blessed be the name”, interpretati in chiave intimista e cantati con intensità dagli oltre duecento presenti.

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