Due leader cristiani in occidente

By 17 Dicembre 2007Rassegna Stampa

NEW YORK – Mike Huckabee è il candidato alla Casa Bianca più giovane tra quelli in corsa per il Partito repubblicano. Barack Obama lo è in assoluto. Entrambi sono in grande ascesa nei sondaggi e sono accreditati di una vittoria a sorpresa contro Rudy Giuliani, Mitt Romney e Hillary Clinton. Questa settimana il conservatore Huckabee è sulla copertina del liberal New York Times magazine. Il liberal Obama, disegnato e vestito da monaco francescano, è sulla copertina del neoconservatore Weekly Standard sotto il titolo “San Barack d’Iowa”. Entrambi stanno conducendo una campagna elettorale da leader cristiani. Huckabee esplicitamente, Obama evitando di dirlo.

In America Dio è sulla bocca di tutti, specie dei politici in corsa per la Casa Bianca. L’Economist ha scritto che «Hillary Clinton fa più riferimenti a Dio di quanti ne faccia un normale vescovo europeo», Mitt Romney è riuscito finalmente a farsi accettare come leader nazionale nel momento esatto in cui ha affrontato il tema della “sinfonia delle fedi” che sta alla base della religiosità americana. Ogni fondamentale passaggio politico della storia americana, dall’abolizione della schiavitù al diritto di voto per le donne, dal proibizionismo alla lotta contro la segregazione razziale, è stato plasmato da una speciale miscela di idee liberali e sentimenti religiosi. La moralità cristiana e l’influenza della fede nella vita pubblica americana è stata colta perfettamente da Alexis de Tocqueville nel suo ancora oggi insuperabile “Viaggio in America” della prima metà dell’Ottocento: «Appena sono arrivato negli Stati Uniti la prima cosa che ha colpito la mia attenzione è stata l’aspetto religioso del paese e più ci sono rimasto più ho percepito le grandi conseguenze politiche derivanti da questo stato delle cose. In Francia avevo quasi sempre visto lo spirito della religione e lo spirito della libertà marciare nella direzione opposta. In America li ho trovati intimamente uniti e alla guida, insieme, dello stesso paese».

Su questa scia sono stati moltissimi i politici americani di primo piano, in particolare del Partito democratico, che hanno puntato sulla carta religiosa. William Jennings Bryan, sconfitto tre volte alle elezioni presidenziali a cavallo tra il diciottesimo e il diciannovesimo secolo, è stato uno dei grandi sostenitori, con motivazioni religiose, del proibizionismo e della lotta all’evoluzionismo darwinista. L’insegnante di catechismo Jimmy Carter è stato il primo presidente cristiano rinato ed evangelico. Così via, fino a George W. Bush, il quale nel 1999 disse che “Gesù” era il suo filosofo politico preferito.

In questo ciclo elettorale, però, si nota qualcosa di nuovo. Due giovani candidati con buone chance di vincere le primarie dei rispettivi partiti, Huckabee e Obama, si candidano appellandosi direttamente ai valori, alle battaglie e alle parole cristiane. «C’è un’overdose di pietà pubblica», ha notato il neoconservatore laico Charles Krauthammer ieri sul Washington Post.

“La fede non si limita a influenzarmi – recita uno spot televisivo del predicatore Huckabee, oggi in testa nei sondaggi in Iowa – piuttosto mi definisce. Non mi devo alzare tutte le mattine e chiedermi in che cosa ho bisogno di credere. Noi crediamo in alcune cose, sosteniamo alcune cose e viviamo o moriamo per queste cose”. Lo spot si conclude con una scritta in maiuscolo che dice: “Un leader cristiano”.

Barack Obama ha aperto la sua recente manifestazione con la star televisiva Oprah Winfrey con queste parole: «Rendiamo grazie e onoriamo Dio. Guardate che bel giorno che ha creato il nostro Signore».
Huckabee e Obama conducono una campagna elettorale molto simile, ciascuna delle quali è influenzata dalle rispettive esperienze religiose, cristiano-conservatrice per il repubblicano, vicina alla teologia della liberazione per il democratico. Huckabee è egli stesso un predicatore e, prima di diventare governatore dell’Arkansas, ha guidato una grande congregazione battista del sud. Obama, invece, è un seguace di Jeremiah Wright, l’incendiario predicatore nero della Trinity United Church of Christ di Chicago. E ama ricordare che «Abramo Lincoln, Martin Luther King e la maggioranza dei grandi riformatori americani non erano soltanto motivati dalla loro fede, ma hanno anche usato il linguaggio religioso per sostenere le loro cause».

La cosa interessante è che la loro pronunciata religiosità non li ha relegati agli estremi dei rispettivi schieramenti. Huckabee è il volto simpatico e rassicurante della destra religiosa, non usa i toni arrabbiati e apocalittici degli ormai anziani leader del movimento, non spaventa, non fa battute e gli piace il rock, soprattutto quello considerato satanico dei Rolling Stones («Sono favorevole alla divisione tra church and stage, tra chiesa e palco»). Obama dice con naturalezza ed eleganza cose che pronunciate da qualcun altro farebbero saltare parecchi progressisti dalla sedia: “I laici sbagliano a chiedere ai credenti di mettere da parte la religione se entrano in politica. È un’assurdità, la nostra legge è per definizione la codificazione della morale, gran parte della quale è radicata nella tradizione giudaico-cristiana”. Entrambi conducono battaglie contro gli anni Sessanta. Huckabee li considera il male assoluto per la celebrazione della cultura della pillola anticoncezionale, del sesso gay, dell’amore libero e delle droghe. Obama li giudica come la fonte primaria dell’attuale scontro ideologico e della guerra culturale che vorrebbe superare.

Magari nessuno dei due vincerà le primarie, ma la loro discesa in campo da leader cristiani sta già cambiando la natura delle due coalizioni politiche. Il solidarismo cristiano di Huckabee, così come quello di Bush, comincia a convincere i conservatori che l’intervento dello stato a favore delle classi più deboli non è un’eresia dei principi conservatori. La compassione religiosa di Obama, invece, indica ai liberal una piattaforma programmatica e ideale per riconquistare l’elettorato evangelico.

da: Il foglio
data: 15/12/2007

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