Ora la Cina ha paura dei cristiani

By 31 Maggio 2014Rassegna Stampa

PECHINO – Il cartello «demolizione» è comparso sulla chiesa di Sanjiang, sobborgo di Wenzhou nella provincia orientale dello Zhejiang, il 25 marzo. L’edificio era appena stato completato dopo anni di lavori finanziati dai fedeli. Il progetto per 1.880 metri quadrati era stato approvato, ma all’improvviso le autorità locali si sono accorte che era stato violato il piano regolatore: la croce sulla cupola era troppo alta e visibile in tutta la città. Per salvarla dall’abbattimento, un migliaio di fedeli ha creato una catena umana, il caso è stato raccontato dalla stampa. Ma la difesa è stata inutile: le ruspe sono entrate in azione senza pietà a fine aprile. Della grande chiesa cristiana protestante è rimasto un cumulo di macerie.

Quello di Wenzhou non è un caso isolato: AsiaNews, agenzia del Pontificio istituto cattolico per le missioni, ha raccolto le foto di 64 chiese cristiane demolite nei primi cinque mesi di quest’anno. La motivazione (la scusa) è sempre la stessa: regole urbanistiche violate.

Wenzhou, nota come la «Gerusalemme della Cina» per le cupole che punteggiano il suo skyline, conta circa un 15 per cento di cristiani (protestanti e cattolici) su nove milioni di abitanti. I rapporti con il partito comunista sembravano distesi. Poi qualcosa è accaduto. I fedeli dicono che tutto è cominciato quando in città è venuto in visita il segretario provinciale del partito, Xia Baolong, uomo molto vicino al presidente Xi Jinping: quella croce si vede troppo, avrebbe detto. E i sottoposti avrebbero subito «scoperto» la violazione del piano regolatore. In realtà, troppo visibile si sarebbe fatta la presenza della fede: il partito ha paura che la crisi ideologica della gente, dopo l’ultimo orrore della Rivoluzione Culturale, la morte di Mao e poi l’apertura sfrenata all’economia di mercato, apra le porte a Dio.

Ora il New York Times rivela un documento interno del partito comunista dello Zhejiang: in nove pagine viene stabilito un piano contro «i siti di culto eccessivi» e le attività religiose «troppo popolari». L’unica fede citata nel testo è quella cristiana: «La priorità è rimuovere le croci che si vedono dalle autostrade e dalle superstrade». Si sono levate anche voci ufficiali contrarie alla campagna: «Che cosa può ferire la gente più della distruzione della loro chiesa?», ha ammonito Chen Yilu, capo dell’Unione teologica di Nanchino (sostenuta dal governo). L’esperto conclude che «la questione è stata affrontata in modo troppo aggressivo».

Dietro la distruzione delle chiese c’è anche la rivalità con le altre religioni dell’Oriente. A Wenzhou c’era stata la petizione di un gruppo secondo il quale la chiesa aveva disturbato il «feng shui», il principio di armonia taoista delle forze naturali. […]

Il cristianesimo però è visto come un pericolo, perché si fonda su valori universali che spaventano la leadership cinese che adora la «stabilità». Recentemente, un sondaggio ha rivelato che su Weibo (il Twitter cinese) è più facile parlare di Gesù che di Xi Jinping. La Bibbia umilia il Libretto Rosso di Mao per numeri di citazioni e ricerche: 17 milioni a 60 mila. […]

Sembra quasi che Pechino tema la previsione fatta da alcuni studiosi secondo i quali entro il 2025 la Cina sarà il Paese con più cristiani al mondo, con circa 165 milioni di fedeli, ha scritto il direttore di AsiaNews, Bernardo Cervellera.

di: Guido Santevecchi
da: Corriere della Sera
data: 31/5/2014

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